Continuano le perplessità delle categorie produttive sull'ultima bozza disponibile del Nuovo Conto energia 2011 e c'è il forte timore che la versione definitiva del decreto sia approvata dopo le elezioni regionali.
Continuano le perplessità delle categorie produttive sull’ultima bozza disponibile del Nuovo Conto energia 2011 e c’è il forte timore che la versione definitiva del decreto sia approvata dopo le elezioni regionali. Un punto fondamentale dell’iter di approvazione del Conto Energia 2011, infatti, è il parere positivo della Conferenza Stato -Regioni. E proprio qeste ultime non avevano mancato, in precedenza, di esprimere perplessità sulla bozza di decreto ed adesso, a causa dell’approssimarsi delle scadenze elettorali, i vertici politici degli Enti Regionali appaiono “in tutt’altre faccende affaccendati” tanto da metterne in discussione l’approvazione entro la fine di Febbraio, come sembrava inizialmente.
Dopo le polemiche dei giorni precedenti sia da parte degli ambientalisti che da parte delle categorie prodttive, di cui vi abbiamo ampiamente dato conto, torna a far sentire la proprio voce APER, l’Associazione dei Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili.
Tramite il proprio ufficio stampa, infatti, APER ha confermato che, a suo parere, l’impostazione complesiva della bozza di decreto può essere condvisibile. Salvo, poi, indicare i diversi punti che andrebbero rivisti per non metter in pericolo la “tenuta” della filiera italiana del fotovoltaico, che sta faticosamente nascendo, e, in generale, tutta la Green Economy nazionale.
Per prima cosa secondo APER non è accettabile un decremento annuo delle tariffe incentivanti che vada oltre il 4 %, a differenza del decremento del 6% attualmente previsto nella bozza del Nuovo Conto Energia 2011. Così come deve essere rivisto il regime (sia pure decrescene ed ” a scaglioni”) dei tagli nel periodo transitorio,cioè nel periodo di passaggio dalla vigenza del Conto Energia 2010 alla vigenza del Conto Energia 2011. Secondo APER, inoltre, deve essere reintrodotto il bonus per la rimozione di eternit e cemento-amianto dai tetti d’ Italia mediante l’installazione di pannelli fotovoltaici.
Tale bonus aggiuntivo dovrebbe essere del 10%. Deve essere ripristinata l’ adeguata incentivazione per tettoie e pensiline che devono essere equiparate agli impianti sulle coperture di edifici e, quindi, devono beneficiare della stessa tariffa incentivante. Sempe secondo APER, inoltre, deve essere rivisto il meccanismo premiante anche per gli impianti fotovoltaici integrati che abbiano caratteristiche innovative, come ad esempio quelli aconcentrazione. Aumentando la tariffa incentivante per questi impianti, infatti, si darà forte impulso anche alla ricerca ed alla creazione di alleanze ed associazioni tra imprese, una filiera italiana del fotovoltaico, insomma. Andrebbero eliminate, poi, le limitazioni all’aplicabilità del premio per l’efficienza energetica.
L’ industria del fotovoltaico ha bisogno di certezze, per questo l’approvazione dovrebbe avvenire in tempi brevi senza andare a dopo le elezioni regionali, con il rischio di rimettere tutto in discussione con svantaggio non solo per le industrie, ma anche per l’ambiente e per gli obiettivi di riduzione delle emissioni nocive e dei gas serra.
Le riduzioni, così come prospettate, darebbero un duro colpo alla redditività degli impianti di medie e grandi dimensioni installati al Nord ed in alune zone del Centro Italia, a cui, inoltre, andrebbe aggiunta anche la spada di Damocle dell‘Ici: una recente risoluzione della Agenzia delle Entrate, infatti, ha ritenuto assoggettabili all Ici i grandi impianti di produzione di energia elettrica da tecnolgia fotovoltaica equiparandoli, in sostanza a degli “opifici”.
Una grottesca schizofrenia nel sistema che, se da una parte premia, dall’altra tassa per riequilibrare un mercato consderato “drogato” dagli incentivi. In questo modo, tuttavia, gli impianti a terra (meno integrati architettonicamente e, quindi, meno incentivati) di grandi e medie dimensione ubicati nel Nord Italia ed in alcune zone del Centro, non sarebbero più sostenibili economicamente e non sarebbe più conventiente investire nel fotovoltaico salvo clamorose ( ma attualmente non prevedibili) riduzioni dei prezzi dei pannelli fotovoltaici. Ci sarebbero, allora, anche evidenti ripercussioni sul raggiungimento degli obiettivi del cosiddetto “Burden Sharing”, ovvero la ripartizione degli sforzi trai i singoli paesi dell ‘Unione Europea per raggiungere gli obiettivi di riduzione del 20% dei gas serra entro il 2020.
Andrea Marchetti