Il Decreto Romani sulle energie rinnovabili (di recepimento della Direttiva Europea 28/2009) non smette di suscitare reazioni e polemiche. Oggi a Roma si è organizzata una vera e propria mobilitazione popolare contro il decreto ammazza rinnovabili. Quasi mille persone e tanti striscioni hanno riempito il Teatro Quirino, a cui il web ha fatto da cassa di risonanza attraverso la diretta streaming in oltre 450 micro web tv italiane.
Il Decreto Romani sulle energie rinnovabili (di recepimento della Direttiva Europea 28/2009) non smette di suscitare reazioni e polemiche. Oggi a Roma si è organizzata una vera e propria mobilitazione popolare contro il decreto “ammazza rinnovabili”. Quasi mille persone e tanti striscioni hanno riempito il Teatro Quirino, a cui il web ha fatto da cassa di risonanza attraverso la diretta streaming in oltre 450 micro web tv italiane.
Imprenditori, lavoratori, cittadini, attivisti della rete, studenti, tutti uniti in difesa delle rinnovabili nell’evento organizzato da “SOS Rinnovabili” che ha visto la partecipazione andhe delle principali associazioni di settore: Anev, Aper, Asso Energie Future, Assosolare, Gifi, Ises Italia, Kyoto Club e le associazioni ambientaliste quali Legambiente, WWF e Greenpeace.
Durante l’incontro, le associazioni imprenditoriali hanno formulato alcune osservazioni sul Decreto Romani, proponendo dei correttivi, quanto mai necessari vista l’incertezza delle ultime ore, con gli isituti di credito che hanno già annunciato la sospensione dei finanziamenti previsti e molte aziende si ritrovano improvvisamente con i loro investimenti a rischio, circostanza che coinvolge decine di migliaia di posti di lavoro e impedisce la creazione di nuove opportunità occupazionali (stime accreditate riportano che oggi in Italia un nuovo posto di lavoro su tre è nella green economy).
Questo, proprio quando la Commissione europea presenta una Roadmap che prevede di portare dal 20% al 25% la riduzione delle emissioni di gas-serra nel 2020. La decisione assunta dal Governo in merito al D.lgs esula dal confronto avviato, disattendendo le richieste bipartisan di modifica indicate da parte delle Commissioni parlamentari, con cui le associazioni del settore dell’industria delle rinnovabili e ambientaliste avevano avuto un dialogo proficuo. Pertanto le associazioni chiedono la riapertura del confronto proponendo alcuni principi generali:
- evitare di introdurre meccanismi a effetto retroattivo e in contrasto con il principio cardine di certezza del diritto, definire dei principi di salvaguardia che garantiscano il mantenimento del livello di incentivazione per gli impianti in costruzione o comunque autorizzati, con aggiustamenti che non possono prescindere da periodi di transizione congrui e condivisi con le imprese.
- Definire un quadro normativo che tenga conto per tutte le fonti di una previsione di crescita al 2020 in linea con le reali potenzialità del settore e del decadimento dei costi.
- Dare certezza e velocità dei processi di autorizzazione per un sano sviluppo.
- Definire rapidissimamente i Decreti attuativi mediante un confronto costruttivo con le associazioni di categoria, riconoscere l’impatto positivo delle rinnovabili in termini ambientali, di occupazione, di rientro fiscale per lo Stato, di riduzione della dipendenza energetica dagli altri paesi, e quindi
- in termini di crescita del PIL,
- Favorire la ricerca nel settore, porsi l’obiettivo del raggiungimento della competitività entro i prossimi 10 anni, che comporterà anche l’azzeramento degli incentivi.
- Stimolare lo sviluppo di un’industria nazionale (grande, piccola, media) tramite apposite misure di supporto.Stimolare un ruolo internazionale delle aziende italiane, in parallelo al consolidamento nel nostro paese.
Legambiente si è schierata apertamente contro il Decreto Rinnovabili, da cambiare subito per ridare futuro alle energie rinnovabili in Italia. “La manifestazione di oggi dimostra come in Italia esiste un settore industriale della green economy, con 120mila occupati, che chiede un futuro e che rischia di chiudere con il Decreto Romani” ha dichiarato Edoardo Zanchini, responsabile energia di Legambiente. “Gli imprenditori venuti da tutta Italia oggi a Roma – ha proseguito Zanchini – hanno raccontato una realtà drammatica, con migliaia di posti di lavoro a rischio, investimenti bloccati dalle banche e imprese straniere in fuga per la mancanza di credibilità del Paese. Si deve intervenire subito per cambiare il Decreto Romani, ridando certezza agli investimenti in solare, eolico e biomasse. Le rinnovabili e l’efficienza energetica sono, infatti, oggi l’unica risposta possibile ai problemi energetici dell’Italia e una straordinaria possibilità per uscire dalla crisi economica, creando occupazione”.
Sempre a Roma, a pochi passi dal teatro Quirino, organizzato dal Kyoto Club con il sostegno di First Solar, si è svolto il workshop dal titolo “Governare la crescita del fotovoltaico“, un incontro che ha visto la presenza del direttore generale del Ministero dello Sviluppo Economico, Sara Romano, e del direttore esecutivo del Gestore dei Servizi Energetici, Gerardo Montanino. Nel corso dell’incontro sono state presentate proposte di revisione del Conto Energia e delle tariffe incentivanti al fine di non interrompere la corsa del fotovoltaico in Italia, da qui al 2020, sostenendo le competenze industriali nazionali ed accompagnando la produzione di elettricità solare verso la cosiddetta “grid parity”, cioè il momento in cui il fotovoltaico saprà essere conveniente per la produzione di energia elettrica senza il bisogno di incentivi, ovvero quando il costo pagato in bolletta sarà uguale a quello prodotto.
Ad oggi, infatti, secondo i dati del GSE, si stima che in Italia vi sia una potenza installata di oltre 7 GW (inclusi impianti previsti dalla legge ‘salva Alcoa’), quindi prendendo in considerazione soltanto gli impianti del 1° e 2° conto energia. I dati dimostrano ancora una volta come, nonostante il periodo di crisi economica, il fotovoltaico ed il comparto delle energie rinnovabili portino benefici non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello economico mentre con il Decreto Romani le aziende, nel giro di poche ore, hanno perso le certezze che avevano e ciò rischia di bloccare non solo i nuovi investimenti ma anche quelli in atto.
Pertanto dal workshop odierno è emersa le necessità di apportare subito, nel giro di ochi giorni, dei correttivi in grado di garantire lo sviluppo del fotovoltaico anche nel medio periodo, ad esempio con una riduzione degli incentivi in base alla potenza installata, anche in maniera assai sostenuta (anche del 25.30%) purché siano assicuarate certezza e conoscibilità al fine di programmare gli investimenti con precisione. Il modello di riferimento è quello dei corridoi, alla tedesca: maggiore è l’installato, maggiore è la degressione della tariffa, dunque anche in base ai costi del sistema installato, con un progressivo accompaganamento verso l’obiettivo della grid parity, come nel caso delle Isole Canarie, cove l’obiettivo è stato raggiunto, ma senza deleteri casi di “stop and go”, pericolosi per gli operatori. Insomma deve asolutamente essere scongiurato il pericolo che anche in Italia si ripeta ciò che è successo in Spagna, con il limite annuale posto dal Governo di quel Paese.
Secondo David Pérez di Eclareon, addirittura, un regime incentivante con tariffe troppo elevate potrebbe essere, paradossalmente, controproducente poiché eccessivamente distorsivo del mercato, con l’ingresso di persone ed aziende poco qualificate, attratte dalla possibilità di guadagno. Inoltre i governi, molti lenti a reagire agli improvvisi balzi della domanda e dell’offerta, non adeguerebbero le tariffe ai costi in discesa della tecnologia con il rischio di perdere il consenso dei cittadini che verrebbero spinti a considerarla troppo costosa. Per Pérez una retribuzione del kWh prodotto con il fotovoltaico (tariffa + prezzo dell’elettricità) superiore a 25 c€/kWh potrebbe già oggi essere eccessiva per l’Italia.
È emersa, poi, l’importanza di coinvolgere l’opinione pubblica , soprattutto per quanto riguarda l‘installazione di impianti a terra e tutelare al contempo i terreni agricoli, non tutti con le medesime caratteristiche, pertanto per quelli scarsamente produttivi il fotovoltaico potrebbe invece essere un’interessante fonte di reddito. Un altro aspetto emerso dal workshop, poi, la necessità del contenimento dei costi per la collettività, un punto sul quale si è fatta molta disinformazione negli ultimi tempi, attaccando le energie rinnovabili quando, negli ultimi dieci anni, sono stati elergiti circa 35 miliardi di euro alle fonti cosiddette “assimilate”, non certo da mettere nel novero delle energie rinnovabili. Mentre gli incentivi del conto energia oggi incidono soltanto per circa 1 centesimo di euro sul costo del kWh che paga il consumatore.
Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club, ha detto che “Nel nostro paese si è ormai creato un tessuto di centinaia di imprese con ricadute occupazionali interessanti proprio in un momento di crisi e questo sviluppo sta facendo ripartire anche la ricerca, anche in assenza di una regia complessiva». «Va ricordato che l’elettricità solare è pregiata perché viene prodotta in corrispondenza delle ore di punta della domanda e visto che gli impianti producono energia per almeno 30 anni, per un decennio si potrà utilizzerà elettricità “free”, senza oneri sulle bollette», ha spiegato Silvestrini. «La diffusione del fotovoltaico – ha concluso – richiede che vengano contabilizzati tra i vantaggi anche le mancate emissioni di anidride carbonica, i cui prezzi sono destinati a crescere nel tempo, così come le entrate fiscali delle aziende e quelle legate all’Iva, un introito per le casse dello Stato che ormai non è più così marginale”.
Andrea Marchetti
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