Il Governo nipponico aveva bloccato 39 impianti dal 2011 e, ad oggi, solo alcuni sono in funzione. Il Giappone, come molti altri Paesi, mira alla neutralità dal carbonio entro il 2050, ma è alle prese con la stretta alle forniture d’energia per la guerra in Ucraina
Alcuni dicono sia il chiaro segnale di un ritorno globale all’atomica, fatto è che, dopo 11 anni dal disastro di Fukushima, il Giappone riporta sul tavolo l’ipotesi di costruire reattori nucleari di nuova generazione.
È il premier Fumio Kishida, partecipando al Consiglio per la transizione energetica, a lanciare la pietra, annunciando che Tokyo metterà seriamente in discussione la possibile riattivazione di più centrali nucleari e di prolungare la vita dei reattori in servizio.
Cercheremo di costruire reattori nucleari di prossima generazione dotati di nuovi meccanismi di sicurezza, dice Kishida, afferendo tutto il peso della decisione alla invasione russa dell’Ucraina.
In pratica, il Governo prevede di riportare in linea altri sette reattori nucleari dalla prossima estate, oltre all’attuale flotta di 10 reattori che sono stati riavviati. Tra i sette reattori c’è la centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa della Tokyo Electric Power Co. nella prefettura di Niigata.
Il nucleare nel mondo
Gli impianti in tutto il mondo sono circa 430, di cui la maggior parte sono negli Stati Uniti (93), in Europa (15 in Ucraina e 56 in Francia), Cina (52) e Russia (38). Poi, come ormai noto ampiamente a causa del conflitto, ce ne sono 15 in Ucraina e 9 in Giappone.
Il Governo di Tokyo ne ha fermati 39 dal 2011 (mentre Pechino ne ha attivati altrettanti sempre da Fukushima). Inoltre, anche Paesi africani come la Nigeria stanno ponendo al vaglio l’ingresso nel nucleare.
L’illusione sarebbe quella di una indipendenza elettrica. E il Giappone pesa tantissimo a livello di trend sullo scacchiere atomico civile mondiale.
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