Il Regno Unito vieta tre pubblicità del colosso petrolifero Shell: “informazioni fuorvianti, è greenwashing”

La società energetica Shell è di nuovo nella bufera: in Regno Unito una campagna pubblicitaria della multinazionale è stata messa al bando perché veicolava messaggi impregnati di greenwashing, facendo credere ai consumatori di investire quasi prevalentemente in energie rinnovabili

Shell, il colosso del petrolio con profitti da capogiro, finisce nuovamente nel mirino. Questa volta nel Regno Unito, dove le autorità hanno messo al bando tre pubblicità della multinazionale energetica. A decidere lo scorso mese lo stop della campagna l’Advertising Standards Authority (Asa), ente che si occupa di regolamentare il settore nel Paese, che nello specifico ha analizzato uno spot per la tv, un manifesto e un video per YouTube, tutti risalenti allo scorso anno.

Per l’Asa si tratta chiaramente di casi di greenwashing: le informazioni presentate nei tre casi sono state giudicate, infatti, fuorvianti perché “omettono informazioni significative sull’impatto ambientale complessivo delle attività commerciali di Shell nel 2022”.

In particolare sono due i claim criticati dall’ente. Un annuncio recita “Nel sud-ovest 78.000 famiglie utilizzano il 100% di elettricità rinnovabile da Shell Energy”, mentre nell’altro si dice “Nel Regno Unito, 1,4 milioni di famiglie utilizzano il 100% di elettricità rinnovabile da Shell”. Per l’autorità, oltre ad essere ingannevoli, questi dati non possono essere comprovati.

Vedendo quel manifesto e quegli spot in questione, i consumatori sarebbero stati indotti a pensare che Shell utilizzi quasi interamente energia proveniente da fonti rinnovabili.

Ma la realtà è ben diversa: se da un lato è vero che la multinazionale si sta impegnando maggiormente ad offrire alternative più green ai sui clienti, dall’altro bisogna riconoscere che è ancora fortemente dipendente dai combustibili fossili; anzi, è una delle aziende energetiche che continuano a fare profitti contribuendo in maniera notevole all’inquinamento del Pianeta.

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Shell ancora nei guai

Qualche mese fa la società è stata trascinata dinanzi all’Alta corte di Londra da quasi 14mila persone di due comunità nigeriane con l’accusa di inquinare le loro fonti d’acqua, mentre più di recente si è ritrovata a trova a fare i conti con l’associazione di diritto ambientale ClientEarth in una causa legale unica nel suo genere.

L’accusa è stata rivolta a 11 membri del consiglio di amministrazione, accusati di una scorretta e “imperfetta” gestione del rischio climatico e di non essere riusciti ad attuare una strategia di transizione energetica in linea con gli Accordi di Parigi.

A proposito di Shell e di transizione energetica, sta facendo discuttere l’intervista rilasciata un paio di giorni fa dal CEO della multinazionale Wael Sawan. Ai microfoni della BBC ha dichiarato che il mondo ha ancora “un disperato bisogno di petrolio e gas” poiché il passaggio all’energia rinnovabile non sta avvenendo abbastanza velocemente per sostituirli.

“Ciò che sarebbe pericoloso e irresponsabile è tagliare la produzione di petrolio e gas in modo che il costo della vita, come abbiamo visto l’anno scorso, ricominci a salire” ha aggiunto.

La replica della società energetica

Dopo la mossa l’Advertising Standards Authority, non si è fatta attendere la risposta di Shell.

Siamo fortemente in disaccordo con la decisione dell’ASA, che potrebbe rallentare la spinta del Regno Unito verso l’energia rinnovabile – ha commentato portavoce del colosso energetico. – Le persone sanno già bene che Shell produce il petrolio e il gas da cui dipendono oggi. Quando i clienti fanno il pieno alle nostre stazioni di servizio in tutto il Regno Unito, sotto c’è il logo Shell immediatamente riconoscibile.

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Fonti: ASA/BBC

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