Con il moltiplicarsi dei grandi impianti solari, crescono anche rifiuti e rottami, che raggiungeranno - solo in India - i 19 milioni di tonnellate entro il 2050. Ma a chi ne spetta lo smaltimento?
Con il progredire della transizione energetica, un nervo rimane ancora scoperto: che implicazioni avrà una rete sempre più alimentata da energia solare, eolica e di stoccaggio? O meglio: la generazione di nuovi flussi di rifiuti associati a quelle energie rinnovabili è già, a tutt’oggi, un serio problema che è preso tuttavia sottogamba. Come va risolto?
Dai pannelli solari scartati o sostituiti alle turbine eoliche, i rischi di una cattiva gestione dei rifiuti per le energie rinnovabili sono più che mai reali e richiedono una pianificazione e una regolamentazione adeguate che non sempre esistono.
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In India, per esempio, sotto il sole cocente, un mare di pannelli solari brilla in un paesaggio semiarido. Pavagada, al sud, è la terza centrale solare più grande del mondo, con 25 milioni di pannelli su un enorme sito di 50 km quadrati e una capacità di 2.050 MW di energia pulita. In totale, l’India ha 11 parchi solari altrettanto vasti e prevede di installarne altri 39 in 12 stati entro il 2026.
Un vero e proprio boom solare che non può non avere un rovescio della medaglia, rappresentato dai rifiuti che si generano dai pannelli, fatti di vetro, alluminio, silicio, terre rare; così come dagli inverter di potenza e cablaggi. Quel che è certo, quindi, è che le ambizioni solari dell’India comportano una notevole quantità di rifiuti.
Con l’obiettivo nazionale di produrre 280 GW di energia solare entro il 2030, di cui 70,1 GW già installati, uno studio molto dettagliato prevede piuttosto un accumulo di oltre 600mila tonnellate di rifiuti solari per allora, che si prevede aumenterà di 32 volte fino a oltre 19 milioni di tonnellate entro il 2050. Circa due terzi dei rifiuti, inoltre, provengono da cinque stati – Rajasthan, Gujarat, Karnataka, Tamil Nadu e Andhra Pradesh – che ospitano otto dei dieci più grandi parchi solari dell’India.
Ma di chi è la responsabilità? In gran parte delle aziende private che possiedono gli impianti solari.
Perché accadrà ciò?
Le norme prevedono che i rifiuti solari provenienti dagli impianti debbano essere trasferiti ad appaltatori di rifiuti elettronici, autorizzati dal Central Pollution Control Board (CPCB), entro un periodo di tempo specificato, in genere 90 o 180 giorni.
Tuttavia, la maggior parte degli impianti solari si trovano in aree remote, quindi la logistica e il trasporto sono costosi e, una volta smantellati, non ci sono più soldi. Ragione per cui le regole non si rispettano e si creano cumuli di rifiuti illegali in mezzo, tra l’altro, ad affari d’oro.
Le norme indiane sulla gestione dei rifiuti elettronici 2022, entrate in vigore lo scorso anno, richiedono ai produttori di pannelli solari di supervisionare la restituzione dei rifiuti dei loro prodotti organizzando la raccolta, lo stoccaggio e lo smantellamento, nonché gli impianti di riciclaggio. Devono inoltre immagazzinare i rifiuti di pannelli e celle fino al 2035, secondo le linee guida CPCB.
Ma, anche qui, il settore illegale dei rifiuti solari pare sia fiorente. E questo potrebbe essere un disastro in divenire. Se l’energia alimentata a carbone rimane il produttore estremamente più grande di rifiuti molto meno controllati e generalmente più dannosi, l’energia rinnovabile avrebbe il potenziale di limitare, ridurre e eliminare tutto ciò. Ma siamo sulla strada giusta?
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