Accanto a norme più snelle per nuovi impianti c’è ancora la realizzazione di un’opera annunciata nel 2008, non ancora completata e che potrebbe causare problemi all’ambiente e tensioni nel Mediterraneo di cui non sentiamo la necessità
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Continua la guerra dei rifornimenti del gas accanto a quella combattuta sul suolo Ucraino. Mentre si attende un nuovo pacchetto di sanzioni nei confronti del Cremlino, la società Gazprom ha chiuso i rubinetti verso Polonia e Bulgaria perché non hanno pagato in rubli.
Una mossa che ha iniziato a far serpeggiare il timore che questo possa accadere anche ad altri Paesi, tanto che alcuni operatori in Germania, Austria, Ungheria e Slovacchia potrebbero aprire conto correnti in rubli presso la Gazprombank, in Svizzera. Occorre trovare nel breve tempo una sintesi.
Approvvigionamenti per l’Italia
Nel 2021 il nostro Paese ha importato 73 miliardi di metri cubi di gas di cui 30 miliardi dalla Russia, circa il 40% dell’import di settore. Dal mese di aprile è stato dimezzato l’utilizzo di gas russo rispetto all’anno precedente, dal 42% al 21%.
Nel frattempo sono stati sottoscritti diversi accordi con altri Paesi-fornitori: Qatar e Egitto in primis, Algeria, Mozambico e Repubblica del Congo per forniture a partire dal 2023. Potrebbero poi aggiungersi gli Stati Uniti d’America ma su questo punto, probabilmente, si avranno maggiori informazioni dopo il viaggio del premier Draghi a Washington in programma per il 10 maggio.
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Rigassificatori galleggianti e impianti per le rinnovabili
La road-map verso l’emancipazione dal gas russo potrebbe passare anche per la realizzazione in tempi record di rigassificatori galleggianti oltre le 12 miglia nautiche dalla costa, in supporto ad altri fissi, a terra.
L’urgenza di questa concretizzazione è sottolineata dall’inserimento di questo argomento nella discussione al Consiglio dei ministri di lunedì 2 maggio in merito al Decreto Aiuti: i Presidenti delle Regioni individuate come “ospitanti” di queste strutture saranno nominati Commissari straordinari, mentre sono previste anche semplificazioni burocratiche. Inoltre, nell’ottica della transizione ecologica, si dovrebbero accorciare i tempi per impianti eolici e fotovoltaici.
Italia ruolo chiave europeo
Nella relazione di fine aprile del Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (COPASIR) sulla crisi energetica, si tratteggia un’Italia come hub mediterraneo ed europeo in materia di approvvigionamenti energetici.
Occorre quindi raddoppiare la portata del Tap e massimizzare la capacità dei tre rigassificatori nazionali di gas liquefatto. E qui entra in gioco anche il gasdotto Poseidon: 1.900 chilometri per una struttura che da Israele attraversa il Bacino Levantino, passando per Egitto e Cipro, arriva fino a Otranto a circa 20 km a sud del Tap. La Puglia potrebbe diventare lo snodo per la futura transizione ecologica e per il prossimo distacco dalla dipendenza dal gas russo.
Un progetto ancora da completare
Il cantiere predisposto anche per il trasporto dell’idrogeno ha alle spalle il consorzio IG Poseidon costituito nel 2008 in forma paritaria dall’italiana Edison e dalla greca DEPA. Come si legge nel comunicato stampa di allora:
Le operazioni di costruzione del metanodotto saranno avviate entro il 2009, una volta firmati i contratti di acquisto gas, per essere completate nel 2012. Con questo gasdotto, in Italia e in Europa, cresce la sicurezza e si sviluppa la concorrenza sul mercato del gas.
L’infrastruttura, da tempo riconosciuta tra i Progetti di Interesse Comune (PCI) europei, è stata progettata per trasportare in una prima fase 10-12 miliardi di metri cubi all’anno con possibilità di raddoppiare questa capacità. Ma non sarebbe sufficiente.
Fine lavori mai
Da quella data fatidica di “fine lavori” sono trascorsi 10 anni. Il cantiere ha visto la fase di sviluppo portata a termine e, dopo le autorizzazioni ambientali di Grecia e Italia, ci si avvia alla realizzazione effettiva. L’emergenza provocata dal perdurare della guerra impone un’accelerazione per la messa in funzione di questo progetto: dal consorzio viene tracciato un cronoprogramma di quattro anni per consegnare il lavoro pronto e funzionante. Le esigenze governative sono però altre: costruzione da ottobre 2023 e consegna entro il 2025.
Dubbi sulla quantità di emissioni
Per Global Witeness questa del gasdotto Poseidon è considerata una vittoria di Pirro per due motivi. È stato calcolato che si produrrebbe una notevole quantità di anidride carbonica pari a quella che in un solo anno emettono Francia e Spagna.
Infine, questa struttura potrebbe rappresentare un motivo di tensione nel Mediterraneo orientale sulle riserve di gas fossile. Le stesse che l’UE non dovrebbe quasi più utilizzare se l’intenzione è quella di fermare l’emergenza climatica con l’obiettivo della riduzione della domanda di gas del 90% entro il 2050.
Fonti: Legambiente/Global Witness/Audizione Commissione Ambiente/CS Edison
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