Fotovoltaico: perché la Sardegna sta bloccando tutti i nuovi impianti (e lo sviluppo delle rinnovabili)

Nei giorni scorsi la Giunta regionale della Sardegna ha approvato un disegno di legge che mira a sospendere per un anno e mezzo la realizzazione di nuovi impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, come pale eoliche o impianti fotovoltaici. Ma da dove nasce questa esigenza?

Stop per 18 mesi alla realizzazione di impianti rinnovabili che comportino consumo di suolo: in Sardegna fa discutere la moratoria appena approvata dalla Giunta regionale che avrebbe l’obiettivo di tutelare il paesaggio.

Si tratta, in realtà, di un provvedimento atteso, dal momento che la neo-presidente della Regione, Alessandra Todde, lo aveva già promesso in campagna elettorale, dimostrando di andare incontro a una buona parte degli amministratori locali e dei residenti, secondo cui ci sarebbe una presenza eccessiva di questi impianti sul territorio, con vantaggi economici secondo loro limitati. Una vera e propria speculazione, insomma.

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Per questo il disegno di legge riguarda solo le infrastrutture la cui energia prodotta sarebbe stata destinata alla vendita da parte delle aziende, mentre NON limita quelle finalizzate all’autoconsumo e quelle delle comunità energetiche (si potrà continuare a costruire, ad esempio, impianti fotovoltaici sui tetti dei condomini).

Il motivo (ufficiale) del blocco

L’obiettivo della misura è, stando alle parole di Todde, quello di frenare “la modifica irreversibile del nostro territorio”, prendendosi il tempo necessario per riordinare le regole e negoziare con lo Stato la mappa delle aree idonee.

Si farebbe, cioè, riferimento ai troppi consensi degli anni passati da parte della Regione a una realizzazione senza limiti di impianti sul territorio regionale.

Non c’è alcun intento punitivo per la transizione ecologica, che deve avvenire, precisa Alessandra Todde.

Le richieste per la costruzione in Sardegna di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili sarebbero, in buona sostanza, troppe: dai dati che ha citato Todde risultano richieste di aziende che vogliono costruire nuovi impianti per 58 gigawatt, più di 10 volte la potenza necessaria all’isola.

Il quadro energetico della Sardegna

Di fatto, in Sardegna, le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna, il gestore della rete elettrica nazionale, al 31 marzo 2024 erano nel complesso 809, pari a 57,67 GW di potenza, suddivisi in 524 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 22,99 GW (39,87%), 254 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 16,86 GW (29,23%) e 31 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica  a mare 17,82 GW (30,90%).

57,67 GW significa quasi 30 volte gli impianti oggi esistenti in Sardegna, aventi una potenza complessiva di 1,93 GW (i 1.926 MW esistenti, di cui 1.054 MW di energia eolica a terra + 872 di energia solare fotovoltaica, dati Terna, 2021).

Secondo alcuni si tratta di un eccesso di energia che non potrebbe esser consumata sull’isola (che già oggi ha circa il 38% di energia prodotta in più rispetto al proprio fabbisogno), non potrebbe esser trasportata verso la Penisola (quando entrerà in funzione il Thyrrenian Link, il piano di metanizzazione dell’isola, la potenza complessiva dei tre cavidotti sarà di circa 2 mila MW), non potrebbe esser conservata (a oggi gli impianti di accumulo e immagazzinamento approvati sono molto pochi e di potenza estremamente contenuta).

Il timore per le numerose richieste di connessione alla rete di impianti rinnovabili (che non equivalgono affatto a una autorizzazione dei progetti) e per l’assenza di criteri utili per identificare progetti in linea con il territorio e l’ambiente, come le aree idonee, non possono giustificare una moratoria regionale per le rinnovabili, strumento in relazione al quale la Corte costituzionale è già intervenuta più volte, evidenziando i frequenti casi di illegittimità costituzionale, dicono le associazioni che compongono l’alleanza Sardegna Rinnovabile (Greenpeace Italia, Legambiente, Kyoto Club, WWF Italia).

Secondo molti altri, in effetti, una morotoria così “anacronistica” potrebbe condannare la Sardegna a un’economia non in linea con la transizione energetica. Con il phase-out dal carbone rimandato a gennaio 2029, in attesa che venga realizzato proprio il Tyrrhenian Link, descritto anche nella prima bozza del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), e una così forte avversione per le energie rinnovabili, la Sardegna rischia di rimanere indietro e di non cogliere l’opportunità  di un’economia pulita.

 

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