Il rendimento di una cella fotovoltaica, oltre che dal materiale con cui è realizzata, dipende anche dallo spessore della cella stessa. Ecco perché, da una decina d'anni a questa parte, il mercato ha investito sempre di più sulla tecnologia a film sottile, che consente un'efficienza intorno al 15-20%.
Lo step successivo, in corso di sperimentazione, sarà quello di impiegare una tintura organica fotosensibile come catalizzatore del processo (le ormai famose dye sensitive solar cells di cui vi avevamo già parlato) e, in futuro, fare a meno del silicio. Ma un aiuto ancora più grande potrebbe darlo un nuovo settore della fisica: la plasmonica.
Si tratta dello studio delle interazioni tra luce e metallo, di cui si sa ancora pochissimo ma che potrebbe dare vita a nuove importanti scoperte in settori come la chimica, la biologia, l’informatica, l’elettronica e… le energie rinnovabili.
A condurre le ricerche nel campo del fotovoltaico è un team di scienziati capitanato da Mike McGehee, professore di scienza dei materiali e ingegneria all’Università californiana di Stanford. Il suo articolo, apparso sulla rivista Advanced Energy Materials poche settimane fa, ha fatto il giro del mondo. Realizzando una struttura fotovoltaica a forma di contenitore per uova in una scala di qualche millesimo di micron, il team di ricercatori ha realizzato la prima cella solare che si basa sui principi della plasmonica.
Una parte della luce che investe la cella va a colpire la struttura in scala nanometrica, i cui rilievi provocano un effetto plasmonico che aumenta l’efficienza delle celle solari dye sensitive fino al 15% (le ricerche attuali sono ferme all’8%). Non solo: secondo il prof. McGehee il meccanismo allungherebbe la vita media di questo tipo di celle a base organica, rendole quindi più economiche e – finalmente – competitive sul mercato.
Ma tale filone di ricerche parla anche un po’ italiano: anche nel Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bari il professor Giovanni Bruno sta portando avanti un progetto europeo che ha come obiettivo proprio lo sviluppo del fotovoltaico plasmonico. A noi profani della plasmonica non resta che augurargli… buona fortuna!