Siamo tutti per l'energia solare, ma che si fa se il sole non splende? Ecco l'idea geniale dei ricercatori del MIT
Siamo tutti per l’energia solare, ma come superare il limite di quando il sole non splende? Un’idea geniale l’hanno avuta i ricercatori del MIT che, insieme con gli studiosi della Harvard University, hanno pensato a un nuovo materiale in grado di raccogliere calore e conservarne l’energia in forma chimica da rilasciare nel momento in cui serve.
Quando è notte o quando il cielo è plumbeo, il nuovo materiale consentirà di produrre non tanto energia elettrica (secondo gli studiosi in questo caso non converrebbe), quanto il calore che serve per riscaldare gli ambienti, per cucinare o per alcuni processi industriali basati proprio sull’energia termica.
COME FUNZIONA – Il nuovo materiale si basa su un semplice principio: alcune molecole cosiddette “photoswitches” (letteralmente “che reagiscono alla luce“) sono in grado di assumere due forme diverse, come se in mezzo avessero una cerniera. Esponendole alla luce solare, queste molecole immagazzinano energia per poi passare da una forma all’altra. E gli scienziati hanno scoperto che la forma che assumono queste molecole rimane stabile per lunghi periodi di tempo.
Proprio come delle batterie termiche ricaricabili, queste molecole, se stimolate con brevissimi lampi di luce o con piccolissime dosi di energia termica o elettrica, tornano alla forma precedente e nel far questo rilasciano calore. In pratica, prendendo energia dal sole, lo conservano e lo rilasciano su richiesta.
Le chiavi della scoperta? I nanotubi e l’azobenzene: i primi sono delle strutture microscopiche e tubolari in grafene; l’azobenzene, invece, è una sostanza fotosensibile che cambia configurazione molecolare non appena è esposta alla luce o al calore.
L’azobenzene lo si conserva a grande densità nei nanotubi, mentre le sue molecole sporgono dai lati dei nanotubi di carbonio. In questo modo, le misurazioni fatte su queste strutture ibride hanno rilevato un aumento dell’energia conservata del ben 200%, contro il 30% che si credeva.
A differenza dei combustibili che vengono bruciati, questo sistema utilizza materiale che può essere continuamente riutilizzato. “Esso non produce emissioni e nulla si consuma”, dice Jeffrey Grossman, firmatario della ricerca.
“Ciò apre le porte alla ricerca di una vasta serie di materiali per ottimizzare lo stoccaggio del calore, una nuova classe di materiali solari termici che sfruttino l’interazione tra strutture portanti e molecole fotosensibili”, conclude Grossman.
Insomma, produrre calore senza bruciare combustibili. Sembra una possibilità lontana anni luce, ma di sicuro è una delle tante strade buone per salvare il nostro Pianeta.
Foto: Mit
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