Da ormai lungo tempo gli scienziati si interrogano sulla possibilità di ricavare energia dai moti ondosi ed in particolare dalle maree. L’idea di sfruttare il mare per ottenere elettricità continua tuttora a solleticare l’inventiva dei tecnici, che hanno sviluppato svariati prototipi di sistemi volti a sfruttare la violenza delle onde, o ad assecondarla trasmettendola ai generatori, o ancora ad approfittare delle variazioni di pressione che si registrano al di sotto della superficie dell’acqua.
Energia dalle maree. Se da un lato la tecnologia ha fatto passi da gigante per quanto riguarda il miglioramento del nostro stile di vita, delegando gran parte del lavoro e della fatica alle macchine, è innegabile che questo progresso sia stato ottenuto a caro prezzo. La crescente domanda di combustibili a livello mondiale ha fatto della ricerca di energia alternativa una vera e propria priorità, sia in quanto il prezzo dei combustibili fossili è ormai alle stelle, sia perché è ormai generalmente riconosciuta la necessità di trovare alternative sostenibili in termini sociali ed ambientali.
Da ormai lungo tempo gli scienziati si interrogano sulla possibilità di ricavare energia dai moti ondosi ed in particolare dalle maree. L’idea di sfruttare il mare per ottenere elettricità continua tuttora a solleticare l’inventiva dei tecnici, che hanno sviluppato svariati prototipi di sistemi volti a sfruttare la violenza delle onde, o ad assecondarla trasmettendola ai generatori, o ancora ad approfittare delle variazioni di pressione che si registrano al di sotto della superficie dell’acqua.
In linea di massima è infatti possibile convertire in elettricità almeno cinque tipi di energia presenti nel mare: quella delle correnti, quella delle onde, quella delle maree, quella delle correnti di marea ed infine quella della variazione termica tra superficie e fondale.
Oggi in Europa esiste un unico impianto per lo sfruttamento delle maree, che si trova in Francia nei pressi di Saint Malo (nella foto), ma esperimenti per lo sfruttamento del potenziale energetico marino sono in corso in tutto il mondo, non da ultimo nella laguna di Venezia, dove è in atto proprio adesso una sperimentazione in tal senso. L’Unione Europea ha condotto uno studio sul proprio territorio per individuare i luoghi potenzialmente adatti a tale uso, e tra i 100 siti indicati al termine della ricerca figura anche lo stretto di Messina, attraversato da forti correnti marine sembrano promettere quantità di energia pari a quelle di alcune grandi centrali idroelettriche (si parla di circa 15000 MegaWatt). In generale in Europa la potenzialità di questo tipo di energia è pari a circa 75 GigaWatt.
D’altra parte per poter trasformare in energia il moto che la Luna genera nei mari devono essere soddisfatte svariate condizioni, tra le quali la più importante è un’ampiezza di marea sufficiente (cioè un dislivello tra l’alta e la bassa marea pari ad almeno una decina di metri). Inoltre la realizzazione di centrali di marea – così vengono chiamati gli impianti, normalmente installati vicino alla costa, a livello degli estuari – comportano molti pro, ma anche molti contro che merita analizzare.
Rispetto ad altre forme di energia alternativa quella generata dalle maree presenta indubbiamente alcuni vantaggi, in primis il fatto che non dipende dai capricci atmosferici, come accade invece nel caso dell’energia solare o eolica, pur rimanendo sostanzialmente incostante, legata cioè ai momenti della giornata. Anche i costi relativi alla realizzazione delle turbine sottomarine sono più contenuti, in quanto la forza di una massa densa come l’acqua non necessita di grandi superfici per generare un effetto significativo. Gli impianti di questo tipo hanno inoltre il pregio di essere assolutamente silenziosi e di non disperdere nell’ambiente olii o grassi lubrificanti.
L’altra faccia della medaglia è rappresentata in primo luogo dalle potenziali ricadute degli impianti sull’ecosistema marino, esternalità negative che si tende spesso a sottovalutare sull’onda (è proprio il caso di dirlo) dell’entusiasmo. Innanzitutto l’installazione di strutture così grandi sul fondale marino porta innegabilmente alla sua compromissione. Inoltre la loro ingombrante presenza sul fondale ed i sedimenti che si depositano progressivamente a ridosso delle dighe artificiali ostacolano il passaggio dell’acqua, incrementando così il rischio di inquinamento dei bacini e di danni all’ecosistema. Per quanto sofisticati, gli sbarramenti costieri rappresentano oltretutto una minaccia anche per gli animali marini, che spesso rimangono impigliati nelle barriere e muoiono. Last but not least, gli impianti di questo genere presentano costi di realizzazione e di manutenzione davvero molto elevati.
Nonostante queste considerazioni, l’idea di ricavare energia dalle maree rimane una possibilità affascinante. Siamo tutti alla ricerca di soluzioni per soddisfare il crescente fabbisogno energetico ed a lungo andare, se si vorrà davvero puntare su questo, verranno sicuramente a galla soluzioni sostenibili, capaci di ottenere il risultato sperato senza generare danni di alcun tipo. L’importante è non dimenticare che non basta produrre più energia: dobbiamo anche (e soprattutto) imparare a consumarne di meno.
S.Z.