Dalla calotta artica un “oceano” di energia gassosa da liberare

L'estremo nord del mondo è una riserva di energia in potenza. Lo afferma un team di ricercatori giapponesi e canadesi, che in queste settimane sono alle prese con una serie di trivellazioni nella calotta artica per dimostrare come i gas congelati contenuti sotto i ghiacci possano essere considerati come una nuova forma di energia.

L’estremo nord del mondo è una riserva di energia in potenza. Lo afferma un team di ricercatori giapponesi e canadesi, che in queste settimane sono alle prese con una serie di trivellazioni nella calotta artica per dimostrare come i gas congelati contenuti sotto i ghiacci possano essere considerati come una nuova forma di energia.

Teatro delle ricerche: il Territorio canadese del Nord ovest, dove operano congiuntamente gli scienziati di Canada e Giappone in un programma di ricerca per il quale sono stati stanziati 48 milioni di dollari, e dove è stata rilevata l’allettante proposta che i gas idrati contenuti nel sottosuolo possano rivelarsi una fonte di energia alternativa.

Tuttavia, l’esperimento parte da lontano. Per la precisione, dall’inverno 2008 – 2009, periodo nel quale è iniziata una trivellazione di 150 metri nel Mare di Beaufort, dove si trova il più vasto deposito conosciuto di combustibili ghiacciati a livello mondiale.

È stato, infatti, scoperto che sotto i ghiacci della calotta artica i composti gassosi a base di idrogeno sono presenti in vaste quantità, “imprigionati” ad altissima pressione all’interno dei cristalli di ghiaccio. Una volta portati alla superficie, queste “gabbie” si sciolgono, e liberano gas metano che può essere incendiato con un fiammifero. È, insomma, il principio del “ghiaccio di fuoco”, una forma di energia che da tempo intriga i ricercatori.

Il vantaggio, come si sa, deriva da una maggiore “pulizia” di questo gas rispetto ai combustibili fossili (carbone in particolare): la quantità di CO2 prodotta è, infatti, inferiore anche del 40%. In più, c’è la possibilità (se ne saprà di più nei prossimi mesi, in occasione delle prove che saranno svolte in Alaska durante l’inverno) che l’anidride carbonica possa essere pompata e immagazzinata nel sottosuolo, come parte di un nuovo procedimento di liberazione di gas combustibile dal ghiaccio.

La questione alla quale si deve tenere conto sta nel fatto che l’approvvigionamento di energia dagli idrati (una ricerca per la quale esistono dei programmi nazionali di ricerca negli USA, India e Corea, oltre a Canada e Giappone) richiederà ancora diversi anni, se non decenni, di ricerca e di lavoro, perché La maggior parte delle riserve gassose che possono essere utilizzate si trova al di sotto degli oceani ed è molto difficile da trovare”, indica Ray Boswell, responsabile tecnico del programma governativo degli USA per le fonti rinnovabili di energia.

Piergiorgio Pescarolo

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