Da Eni e Mit in arrivo “carta solare” che produce energia e quella che assorbe petrolio

La collaborazione tra l'azienda italiana Eni e il MIT di Cambridge continua a dare i suoi frutti. Sono infatti state presentate ieri un paio di novità che potrebbero rivoluzionare altrettanti ambiti, quello dell'energia solare e quello dei devastanti oil spill, ovvero le fuoriuscite accidentali di petrolio, l'ultima delle quali avvenuta nel Golfo del Messico e conclusasi solo poco tempo fa.

La collaborazione tra l’azienda italiana Eni e il MIT di Cambridge continua a dare i suoi frutti. Sono infatti state presentate ieri un paio di novità che potrebbero rivoluzionare altrettanti ambiti, quello dell’energia solare e quello dei devastanti oil spill, ovvero le fuoriuscite accidentali di petrolio, l’ultima delle quali avvenuta nel Golfo del Messico e conclusasi solo poco tempo fa.

Nello specifico, la prima novità, annunciata già a maggio di quest’anno, è una sorta di carta solare, e cioè un foglio – di carta, appunto – cui vengono “attaccati” sopra cinque strati, ciascuno con una funzione diversa: c’è quello per trasformare la luce solare in energia elettrica, quello per trasportarla e così via… risultato finale? Una cella solare poco più spessa di un foglio. “Il processo di realizzazione” ha spiegato il professore di ingegneria chimica Karen Gleason, a capo dei laboratori di ricerca “è simile a quello che porta alla formazione della brina sulle finestre esposte al gelo”.

Per quanto riguarda costi e tempi di realizzazione, Gleason è convinto che la carta solare sarà disponibile all’incirca entro cinque anni, e assicura che produrla non è affatto costoso, in quanto si utilizzano solo materiali organici e polimeri. Inoltre, la temperatura necessaria alla fabbricazione è piuttosto bassa. Le applicazioni sono infinite: sulle tende esposte al sole, sul dorso di un libro o sopra un notebook chiuso, qualsiasi superficie potrebbe andare bene, tanto che è stato addirittura realizzato un modellino di aeroplano-cella solare, visibile qui sotto.

carta_solare_aereoplano

Parliamo ora della seconda novità, frutto di un team di ricercatori coordinato questa volta dal professor Philip Gschwend. L’applicazione è completamente diversa, ma pur sempre di carta si tratta: il prototipo in questione è infatti una “carta assorbente” – composta da particelle nanometriche idrofobe – in grado di “succhiare” dall’acqua contaminata agenti inquinanti e pericolosi, come ad esempio i solventi. Basterà posizionare la carta, assicura Gschwend, intorno a specifiche boe, per poi “strizzarla” dentro contenitori adatti.

Paolo Scaroni, CEO di Eni, ha espresso piena fiducia e soddisfazione per il progetto. Peccato per tempi di commercializzazione: secondo il professore non sarà disponibile prima di diversi anni, se non decenni.

Roberto Zambon

Foto: CNET

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