Le comunità energetiche sono una realtà da diversi anni in Italia, eppure se ne parla sempre troppo poco. Per questo il primo libro sulle CER, opera dell’ingegnere e urbanista Giuseppe Milano, è ancora più importante. Abbiamo intervistato l’autore, che ci ricorda come le CER siano davvero una speranza contro la crisi climatica ed energetica
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Le comunità energetiche sono una speranza contro la crisi climatica ed energetica: lo ricorda con forza Giuseppe Milano, ingegnere e urbanista, autore del primo libro sulle CER ‘COMUNITÀ ENERGETICHE – Esperimenti di generatività sociale e ambientale’.
Le CER sono una realtà da diversi anni in Italia, ma il 24 gennaio è entrato finalmente in vigore il decreto del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) per la nascita e lo sviluppo delle Comunità energetiche rinnovabili e dell’autoconsumo diffuso in Italia e proprio venerdì scorso sono entrate in vigore le regole operative per gestirle. Ma in pratica cosa sono? E come aderire ?
Come spiega il GSE, una Comunità Energetica Rinnovabile (CER) è un’associazione di clienti finali, consumatori di energia elettrica, che possono oggi associarsi per produrre localmente, tramite fonti rinnovabili, l’energia elettrica necessaria al proprio fabbisogno, “condividendola”. La prima in Italia è stata ‘Energy City Hall’, nata a marzo 2021 nel Comune di Magliano Alpi, in Piemonte, “figlia” del Decreto Milleproroghe 2020.
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Da allora sono “proliferate”, dimostrando la loro efficacia contro la crisi energetica ambientale. Nel primo libro sulle CER scritto da Giuseppe Milano sono illustrati alcuni casi studio che dimostrano proprio questo, come costituire una CER abbassa realmente le bollette degli utenti producendo energia da fonti pulite.
Una crisi che ha davvero bisogno delle CER
Per quanto io sia una persona positiva, ad oggi vedo molto molto difficile che si possa raggiungere al 2050 l’obiettivo della completa decarbonizzazione dell’economia e della neutralità carbonica – afferma Milano – Anche la recente COP 28 di Dubai, al netto della dichiarazione formale di dover almeno triplicare la quota di energia da rinnovabili entro pochi anni, lascia comunque tantissimi fronti aperti dalla finanza climatica, dal fondo loss&damage, in generale dall’adozione di soluzioni più forti, più radicali per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti
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In questo quadro, per esempio, vediamo un’Europa ancora debolissima su questi temi, tanto più in quanto in grande instabilità in vista delle elezioni europee: è possibile che dopo giugno anche in Europa lo scenario di supporto alla transizione ecologica possa cambiare.
Un quadro internazionale preoccupante
Sicuramente le guerre, non solo le più recenti, da quella in Ucraina russa a quella in Medio Oriente, hanno un impatto enorme sui processi di decarbonizzazione e di transizione ecologica, perché impattano sull’approvvigionamento delle materie prime, sull’inflazione, sul rincaro dei prezzi di tutti i beni di prima necessità per la comunità internazionale. Pensiamo proprio all’energia che negli ultimi periodi ha avuto sicuramente un aumento dei costi con non pochi disagi per famiglie, imprese e singole realtà economiche e finanziarie di sé e non solo
Nella tragedia umana più nera, comunque, l’instabilità geopolitica, sostiene Milano, ha probabilmente spinto in modo decisivo verso la costruzione di nuove politiche pubbliche che spingano i Paesi a diventare maggiormente autonomi dal punto di vista energetico.
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In questo scenario si inserisce la grande e moderna narrazione delle comunità energetiche che rappresentano un modello innovativo per migrare dai grandi impianti centralizzati dei grandi player a una costellazione diffusa di impianti di media e piccola dimensione che possono innescare questo processo di democratizzazione dell’energia
I casi studio
Il primo caso studio analizzato da Giuseppe Milano è quello di un condominio del Centro Italia di medie dimensioni composto da 18 utenze domestiche, in cui i condòmini decidono di realizzare in autonomia l’investimento per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico da 20 kW di picco.
Si passa poi alla disamina di una CER che si doti di un impianto fotovoltaico da 200 kW di picco, installato su tetto, oppure su un terreno improduttivo, su una discarica esaurita, o su un’area industriale dismessa. E in un terzo caso si discute cosa può cambiare se in questa stessa situazione l’iniziativa viene favorita dall’intervento di un soggetto terzo.
Infine un ultimo caso studio è riferito a un modello solidale, detto CERS (Comunità Energetica Rinnovabile Solidale) con impianto da 200 kWp, finanziata dal Comune con contributo PNRR in conto capitale.
L’analisi semplificata di alcuni casi, generici ma rappresentativi di numerose situazioni realmente praticabili – conclude l’autore – mostra che la realizzazione di uno schema di autoconsumo collettivo o di una CER, attraverso l’installazione di nuovi impianti fotovoltaici, secondo un criterio approssimato di 1,1 kWp per utente residenziale, è economicamente fattibile, applicando il regime di incentivazione previsto dalla bozza di decreto in corso di finalizzazione
E no, non parliamo solo di grandi impianti, di grandi imprese.
Le comunità energetiche possono ridurre potenzialmente la bolletta energetica del 20-30% nel medio-lungo periodo e quindi ecco la possibilità che attraverso le diverse configurazioni oggi realizzabili, attraverso il modello di governance che viene attivato, si possono davvero avere ricadute economiche importanti
“Dimentichiamo le comunità energetiche senza le comunità”
Secondo me è indubbio che la dimensione sociale abbia anche una ricaduta economica se le persone si rendono consapevoli del loro ruolo. Sono aumentati e irrobustiti i processi di engagement territoriale, di engagement civico: soltanto una popolazione più informata, più consapevole di quello che è anche il tema dell’efficientamento energetico, delle rinnovabili o comunque di una pianificazione energetica urbana più attenta al fabbisogno di tutte le realtà che lì vi operano può favorire il successo del modello delle comunità energetiche nonchè la possibilità che effettivamente alla sostenibilità ambientale possa essere associata a una sostenibilità sociale ed economica importante
È davvero indispensabile agire sulla sensibilizzazione e sulla dimensione sociale.
Se le attività partono dal basso hanno bisogno di una grande platea di stakeholder perché più difficilmente in capo a queste realtà ci sono le disponibilità economiche e le capacità tecniche invece in possesso dei grandi colossi, delle grandi imprese che pure possono partecipare a queste iniziative
L’agrivoltaico, una via di integrazione tra agricoltura e fotovoltaico
La protesta degli agricoltori di queste ultime giornate ci ricorda, al netto del casus belli, quanto importante sia o dovrebbe essere nel nostro paese il tema dell’agricoltura, di un’agricoltura sana, biologica, rigenerativa che da un lato provi a preservare la salute e l’integrità dei suoli, oggi fortemente minacciati non solo dai cambiamenti climatici ma anche dai pesticidi e dalla produzione intensiva di prodotti di origine chimica
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In questo scenario si inserisce l’agrivoltaico che cerca di conciliare la produzione di energia da fonte pulita con l’aumento qualitativo e non solo quantitativo della resa agricola, perché alcuni studi dimostrano che, in base alla coltura lavorata, sotto i pannelli fotovoltaici installati ad almeno due metri di altezza, possa comunque venirne fuori una cultura migliorata e migliore da punto di vista qualitativo perché si crea con l’umidità e l’ombreggiatura un microclima più favorevole
Le esperienze e i progetti in corso al momento potrebbero rafforzare anche la diffusione delle comunità energetiche.
Se come abbiamo detto, infatti, le comunità energetiche rappresentano potenzialmente un modello di democrazia energetica […] scrive Milano nel testo – anche l’agrivoltaico rientrerebbe nel mosaico perché, potendo utilizzare superfici estese e decisamente maggiori di quelle che si impiegherebbero in città, in analogia per esempio alle aree industriali, potrebbe produrre più energia del necessario scambiando o vendendo quella non auto-consumata
E non solo, le CER in ambito agricolo potrebbero svolgere un potente ruolo sociale, con persone svantaggiate o fragili che lavorano nei campi remunerate per il loro lavoro non solo dalla vendita dei prodotti agricoli, ma anche con gli incentivi o l’eventuale trading energetico realizzato dai nuovi soggetti giuridici.
Il libro è stato pubblicato da Pacini Editore.
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