Camini e stufe a legno, quando si rischia una multa fino a 5mila euro (e perché)

In alcune Regioni italiane sono in vigore limitazioni all'uso di generatori di calore alimentati a biomassa legnosa (che non hanno nulla a che vedere con la crisi energetica in atto)

Vi abbiamo già parlato delle limitazioni imposte dal Governo alla temperatura che possiamo raggiungere in casa accendendo i termosifoni, che non deve superare i 19°C. Il Governo ha disposto inoltre la divisione del territorio nazionale in “fasce climatiche”, imponendo a ciascuna area date rigide per l’accensione e lo spegnimento degli impianti di riscaldamento domestico.

Ma sapevate che esistono limitazioni anche all’uso di camini a legna e stufe a pellet? Si tratta di misure disposte solo da alcune regioni italiane ben prima che scoppiasse l’attuale crisi energetica, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di diossido di carbonio legate ai processi di combustione della biomassa in impianti obsoleti e inquinanti.

Camini e stufe che producono calore attraverso la combustione di biomassa legnosa (legna, cippato, pellet) sono divise in cinque “classi di qualità” in base al loro impatto ambientale, come disposto dalla legge n° 186 del gennaio 2018: ogni classe viene identificata con un numero di stelle – più basso è il numero di stelle, più il generatore di calore sarà considerato inquinante.

Comprendere questa divisione è importante per capire meglio le limitazioni che vigono, come abbiamo detto, solo in alcune regioni (Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte) che hanno come obiettivo quello di limitare vietare l’installazione di impianti inquinanti.

In Veneto, già dal 2019 vige il divieto di installazione di generatori di calore di classe inferiore a quattro stelle, nonché l’utilizzo di fondi strutturali destinati all’efficientamento energetico per la incentivazione di interventi di installazione di impianti termici a biomassa legnosa nelle zone presso le quali risulta superato uno o più dei valori limite del PM10.

Anche in Lombardia non è più possibile installare generatori di classe inferiore alle quattro stelle (dal gennaio 2020). Sul territorio regionale vige inoltre il divieto di utilizzare stufe e camini di classe di qualità inferiore alle tre stelle, col l’obbligo di disattivare gli impianti obsoleti che non rispettato queste disposizioni. Per i trasgressori sono previste sanzioni pecuniarie che vanno da 500 a 5.000 euro.

Per quanto riguarda l’Emilia Romagna, in questa regione vige il divieto di utilizzo di caldaie inferiori alle “tre stelle” nei comuni classificati non montani, situati cioè sotto i 300 metri di altitudine, e dei camini aperti – nell’ambito del PAIR (Piano Aria Integrato Regionale).

Ma non solo: la Regione ha messo a disposizione una serie di finanziamenti (per un valore complessivo di 11,5 milioni di euro) per aiutare i cittadini residenti nei Comuni di pianura est, ovest e in quelli dell’agglomerato di Bologna a sostituire le vecchie caldaie con apparecchi meno inquinanti a “cinque stelle” o pompe di calore.

Infine, dal 2019 anche in Piemonte sono partite nuove regole per i generatori di calore a biomassa legnosa, con il divieto di installare camini o stufe alimentati a legna aventi una potenza nominale inferiore a 35 kW e con classe di prestazione emissiva inferiore alle “quattro stelle”.

La nuova legge prevede inoltre il divieto di utilizzo di generatori di calore aventi una potenza nominale inferiore a 35 kW e con classe di prestazione emissiva inferiore a “tre stelle” in tutti i comuni appartenenti alle zone “Agglomerato di Torino”, “Pianura” e “Collina”.

Insomma, non si tratta di misure restrittive prive di logica che andranno a penalizzare chiunque abbia un camino in casa – come qualche testata online sta provando a suggerire, alimentando il circuito deleterio delle fake news.

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