In materia di energia solare, uno degli obiettivi più ambiti dai ricercatori di tutto il mondo è quello di ottenere il 100% di efficienza energetica dal proprio modulo fotovoltaico. Solo ieri abbiamo pubblicato una news sugli ultimi risultati in questo senso, le celle “autoriparanti”, basate su materiali innovativi. Ma nuovi progressi sono stati fatti anche per quanto riguarda i materiali tradizionali dei pannelli solari, tra cui, per eccellenza, il silicio.
In materia di energia solare, uno degli obiettivi più ambiti dai ricercatori di tutto il mondo è quello di ottenere il 100% di efficienza energetica dal proprio modulo fotovoltaico. Solo ieri abbiamo pubblicato una news sugli ultimi risultati in questo senso, le celle “autoriparanti”, basate su materiali innovativi. Ma nuovi progressi sono stati fatti anche per quanto riguarda i materiali tradizionali dei pannelli solari, tra cui, per eccellenza, il silicio.
Il suo rendimento è ancora basso, intorno al 20% (in soldoni, solo 20 fotoni su 100 “caricano” il pannello, il resto “rimbalza” sulla superficie), per cui la gara è tutta nell’alzare il più possibile questa soglia. Come fare, dunque? Basandosi su una ricerca della Technical University di Monaco, un gruppo di scienziati dell’NREL U.S. Department – il Laboratorio per le Energie Rinnovabili americano – ha lavorato per anni a un’idea incredibilmente semplice: annerire il silicio.
Tutti sanno che salire in una macchina di colore nero lasciata per ore sotto il sole di luglio è una pessima esperienza. Questo per un motivo molto semplice: le superfici “nere” assorbono tutte le radiazioni dello spettro solare, al contrario del bianco, che le riflette tutte (vedi le macchine bianche lasciate per ore sotto il sole eccetera…). Il problema è che un’automobile la puoi verniciare di nero, un pannello solare no. Nel caso del pannello solare, è la stessa cella fotovoltaica che dovrebbe essere nera. E qui il cerchio si chiude: cella f. nera = silicio nero, ovvero black silicon.
I dischi di silicio, delle dimensioni di un CD, sono stati quindi trattati con un mix di acidi, nonché forati con un trilioni di micro buchi, e questo procedimento, per sommi capi, li ha resi neri come non mai, trasformandoli in tanti “black silicon wafer”.
I quali, in futuro, potranno essere impiegati per fabbricare dei pannelli solari ad altissimo rendimento. Il costo, promettono gli scienziati, è molto più basso dell’attuale tecnologia. Per ora, la ricerca si è aggiudicata l’Oscar delle Invenzioni, un premio messo in palio dalla rivista R&D Magazine. Della serie: chi ben comincia…
Roberto Zambon