Una batteria che sfrutta una molecola del rabarbaro per conservare energia pulita. L'ultima frontiera in fatto di sistemi di accumulo arriva da GreenEnergyStorage, una startup italiana con sede a Trento che da qualche anno studia come sfruttare le potenzialità offerte dai vegetali per stoccare l'energia prodotta dal fotovoltaico e dall'eolico
Una batteria che sfrutta una molecola del rabarbaro per conservare energia pulita. L’ultima frontiera in fatto di sistemi di accumulo arriva da Green Energy Storage, una startup italiana con sede a Trento che da qualche anno studia come sfruttare le potenzialità offerte dai vegetali per stoccare l’energia prodotta dal fotovoltaico e dall’eolico.
La tecnologia di Green Energy Storage consente di accumulare una elevata capacità di energia elettrica prodotta grazie al sole e al vento e di metterla a disposizione di case e uffici e può garantire l’autosufficienza energetica (da 100 kW a 1MW e oltre). Una riserva energetica duratura e sicura visto che sfrutta materiali organici biodegradabili e non inquinanti.
Un sistema, secondo gli ideatori, molto più conveniente rispetto alle batterie in commercio, nonché meno inquinante visto che in alternativa a materiali più tossici e costosi come il vanadio e il ferro sfrutta materie prime naturali come il rabarbaro. In particolare, la batteria usa una molecola prodotta dalle piante durante la fotosintesi, nota come chinone.
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Come funziona?
Spiega Green Energy Storage che gli elettroliti contenenti una o più sostanze elettroattive disciolte fluiscono attraverso una cella elettrochimica in grado di convertire l’energia chimica direttamente in energia elettrica. Gli elettroliti sono immagazzinati esternamente, generalmente in vasche e vengono pompati attraverso la cella (o celle) del reattore. Le batterie a flusso possono essere “ricaricate” rapidamente sostituendo l’elettrolita liquido.
“Pensata per l’efficienza e per il risparmio energetico di abitazioni e imprese commerciali, la nostra batteria a flusso risponde alle nuove esigenze dei consumatori e del mercato, dimostrando l’effettiva attuabilità economica e tecnologica dei sistemi di accumulo di energia basata su AQDS, ossia chinoni reperibili in natura, atossici e facilmente estraibili” si legge sul sito.
Secondo i piani attuali, a breve saranno condotti i test con i prototipi già disponibili. La batteria potrebbe essere in commercio nel 2018 ma entro i prossimi 4 anni potrebbe essere possibile arrivare a realizzare una batteria a flusso organica di 200 dollari per kWh.
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Una soluzione low cost e che potrebbe favorire la scelta delle fonti rinnovabili, permettendo di staccarsi dalla rete ed essere autosufficienti sotto il profilo energetico.
Francesca Mancuso