L'imponente oledotto USA Colonial Pipeline è stato oggetto di un cyberattacco che ha messo in luce la crisi energetica statunitense.
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È bastato un click o una semplice mail per mandare in tilt i sistemi informatici di una società privata statunitense responsabile della gestione di un imponente oleodotto e assestare un duro colpo alla solidità energetica degli Stati Uniti, fondata, come ben sappiamo, sul legame con le fonti fossili.
Il 7 maggio scorso, un cyberattacco con un “ransomware” ad opera del gruppo russo DarkSide ha preso di mira la Colonial Pipeline, il più grande oleodotto statunitense che garantisce alla Costa est degli Stati Uniti il 45% dell’approvvigionamento di carburante e serve gli aeroporti di Atlanta e quelli dell’area di New York. Il giorno successivo, è stato dichiarato lo stato di emergenza in 18 stati.
L’importante oleodotto Colonial Pipeline si estende per oltre 8.850 chilometri da Pasadena, in Texas, a Linden, in New Jersey. A seguito del cyberattacco di venerdì scorso, stati come la Georgia, il Sud Carolina, il Nord Carolina e la Virginia sono risultati particolarmente vulnerabili poiché dispongono di limitate alternative nel trasporto del carburante; al contrario, gli stati della costa del Golfo hanno potuto contare sul trasporto marittimo tramite tanker.
Lo shock degli Americani
Durata cinque giorni, la temporanea e parziale chiusura dell’oleodotto — in grado di trasportare ogni giorno fino a 2.5 milioni di barili di prodotti petroliferi (gasolio, diesel e carburante per aerei) dalle raffinerie del Golfo del Messico alle località sudorientali del paese — aveva messo in crisi i cittadini di quelle zone, che temevano una prevedibile impennata dei prezzi del gasolio.
Do not be this person. #gasshortage pic.twitter.com/R2eZmAdDhS
— ZR (@ZR_dude) May 11, 2021
Presi dal panico e dalla disperazione, i residenti — nonostante le restrizioni e le rassicurazioni governative sulla tempestività dei lavori di ripristino, ora ultimati con successo — si erano precipitati nelle stazioni di rifornimento ancora aperte per fare scorta di barili di gas. Scene che fanno tornare alla mente le lunghe file ai supermercati italiani all’annuncio del lockdown del marzo 2020, con lo spettro della pandemia da Covid-19 già alle porte.
Why do they need so much gas and where did they find those size gas cans? I know it's a shortage but is this really necessary. pic.twitter.com/UgNWJRCxu1
— ACountryGirlWithALILCitySwag (@MsSouthernB4U) May 12, 2021
Il cyberterrorismo e l’ombra dei russi
Un ransomware, che sarebbe stato sfruttato dagli hacker di origini russe per chiedere un riscatto, ha messo a dura prova un’infrastruttura sensibile e strategica come l’oleodotto di una grande potenza economica, gli Stati Uniti. L’oleodotto è ritornato ufficialmente a funzionare ieri, 12 maggio, e nel giro dei prossimi giorni la catena di fornitura e consegna dei prodotti petroliferi dovrebbe ritornare alla normalità.
Per fortuna, il minaccioso virus è stato bloccato prima che riuscisse a migrare dalle reti aziendali ai sistemi di gestione dell’infrastruttura. Ora che il pericolo è scampato ed è tutto tornato alla (quasi) normalità, il problema della (cyber-)sicurezza persiste e deve far riflettere sulla fragilità delle infrastrutture energetiche statunitensi e mondiali.
Un significativo precedente è l’attacco alla società texana SolarWinds del 13 dicembre 2020, la cui responsabilità è stata attribuita al gruppo hacker APT29 (soprannominato Cozy Bear) con la presunta connivenza dei servizi di intelligence russi.
Il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha chiesto alla Russia di Putin di fare chiarezza nonostante non sia presumibilmente coinvolta in maniera diretta nel recente attacco. Washington vuole tuttavia che Mosca si assuma le proprie responsabilità, considerato che il gruppo criminale opera nel territorio russo. Da parte sua, la Russia nega qualsivoglia coinvolgimento nell’accaduto.
Il dilemma energetico
Nel frattempo, l’industria dell’etanolo ha inviato l’11 maggio una lettera per farsi avanti nel gestire l’emergenza con i propri carburanti rinnovabili. Un timido segnale di cambiamento?
Ciò detto, anche (e soprattutto) negli Stati Uniti sembra essere venuto il momento di varcare la soglia del futuro per iniziare una rapida transizione e riconversione energetica fondata sull’uso di veicoli elettrici, sul ripensamento del trasporto di massa e sul definitivo abbandono dei combustibili fossili. È d’accordo anche il Segretario dei Trasporti incaricato dall’attuale amministrazione Biden, Pete Buttigieg, il quale crede nella urgente necessità di investire in innovative infrastrutture che siano più sostenibili, efficienti e resilienti.
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