A un giorno dal giuramento, il nuovo ministro dell’Ambiente apre già al nucleare di “nuova” generazione (e alle trivelle)

Il nuovo Governo Meloni riceve oggi la fiducia del Parlamento. E mentre la nuova premier, nel suo discorso programmatico, ribadisce che i giacimenti di gas al largo delle nostre coste vanno sfruttati, il neo ministro dell’ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, si dice “favorevole alla sperimentazione del nucleare di nuova generazione”. Mala tempora currunt

Nuovi investimenti nel settore nucleare per l’Italia? Molto probabile, dopo che – nemmeno il tempo di insediarsi – che il nuovo ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha dichiarato che il Governo Meloni opterà per la sperimentazione del nucleare di nuova generazione.

Poche ore prima del primo Consiglio Ue dei 27 ministri dell’Energia cui prenderà parte il nostro nuovo esecutivo, oggi a Lussemburgo, e a cui interverrà proprio il neo ministro con l’ex Roberto Cingolani nel ruolo di consulente, Pichetto Fratin apre insomma alla possibilità che si rimetta in discussione il referendum dell’87 dopo il disastro di Chernobyl, in una fase storica critica che richiede misure “per far fronte alla crisi energetica”.

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Oltre al nuovo fronte nucleare, Pichetto Fratin ha poi ribadito – in collegamento telefonico con il #FORUMAutomotive in corso a Milano – che andranno avanti le trivellazioni nei mari italiani, proseguendo con le ricerche e l’estrazione dai fondali marini.

È interesse di tutti liberarsi dalla dipendenza energetica, conclude nettamente in linea con quanto appena riferito dalla Meloni sulla necessità di “sfruttare i giacimenti di gas al largo delle nostre coste”.

Una linea già chiara da mesi, da quando lo stesso Pichetto Fratin sosteneva che l’Italia si sarebbe dovuta impegnare col nuovo nucleare, almeno nella ricerca.

Si invoca, quindi, un ritorno al nucleare, ma su cosa volesse intendere Pichetto Fratin e cosa sia questa “nuova generazione” c’è ancora molta confusione.

Quella di “nuova generazione” è in genere l’etichetta che si vuole apporre al nucleare di “quarta generazione”, idea sorta nel 2001 negli Stati Uniti. Ma, ad oggi la maggior parte dei reattori operativi a livello mondiale appartiene ancora alla “seconda generazione”, che si basa su tecnologie sviluppate verso la fine degli anni ‘70. Le tecnologie più avanzate sono quelle di “terza generazione”, o di generazione “III+”, per i quali la Francia è in prima linea.

Ci sono sì Paesi che stanno investendo sulla quarta generazione, senza uranio arricchito né acqua pesante, che però rimane al momento una via non matura. Secondo l’Associazione Italiana Nucleare, quelli di quarta generazione sono reattori di piccola taglia (Small Modular Reactors) che possono essere impiegati nella produzione di calore e di elettricità e si pensa che questa nuova tecnologia possa essere replicata su scala industriale. Cosa per ora non fattibile nell’immediato.

Più specificatamente, i reattori di “quarta generazione” potranno a regime ottimizzare l’uso del combustibile e ridurre i rifiuti che escono dal nocciolo del reattore, riducendone sia la quantità che i livelli di radiotossicità, ma rimane un ma: serviranno anni prima che ciò possa accadere.

Stando a quanto dicono gli esperti, semmai si dovesse prendere questa direzione, si procederà molto lentamente e a costi elevatissimi. Perché? In termini di sicurezza energetica ed economicità, i costi alti e i tempi di realizzazione estremamente lunghi del nucleare di nuova generazione non si conciliano con gli obiettivi di una maggiore autonomia energetica ora.

Per rispondere alle sfide della crisi energetica, insomma, Pichetto Fratin mette in mezzo una cosa che potrebbe semmai avvenire tra decenni. Per un Ministero che di secondo nome fa “della sicurezza energetica” non va per niente bene.

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