Le emissioni complessive di 13 aziende del settore lattiero-caseario, tra cui Danone, superano quelle dei due maggiori produttori di combustibili fossili
Le emissioni complessive di 13 aziende del settore lattiero-caseario, tra cui i noti brand come Danone, superano quelle dei due maggiori produttori di combustibili fossili del mondo, e sono aumentate dell’11% in soli due anni.
A dirlo è un nuovo studio dal titolo ‘Milking the Planet’, pubblicato dall’Institute for agriculture & trade policy (Iatp). I gas di cui si parla sono i Ghg, responsabili dell’effetto serra. In pratica, secondo gli scienziati le società lattiero-casearie del mondo inquinano di più di BHP, il colosso minerario australiano e ConocoPhillips, la compagnia petrolifera con sede negli Stati Uniti.
“A differenza del crescente controllo pubblico sulle società produttrici di combustibili fossili, esiste una scarsa pressione su società che producono carne e prodotti lattiero-caseari responsabili delle emissioni, anche se l’evidenza scientifica sostiene che il nostro sistema alimentare è responsabile fino al 37% di tutte le emissioni globali”, si legge nello studio.
Ma non solo. Le emissioni complessive prodotte da queste tredici aziende sono aumentate dell’11% in soli due anni (2015-2017) dall’ultima volta in cui lo studio le ha analizzate. “Anche se i governi hanno firmato l’accordo di Parigi nel 2015 per frenare significativamente le emissioni globali, l’aumento di 32,3 milioni di tonnellate (MtCO2eq) di GHG di queste società equivale all’inquinamento derivante da 6,9 milioni di autovetture guidate in un anno (13,6 miliardi di litri o 3,6 miliardi litri di benzina). Alcune aziende lattiero-casearie hanno aumentato le loro emissioni di ben il 30% nel biennio”, si legge ancora.
Una situazione veramente allarmante se pensiamo che l’aumento delle emissioni si è verificato in un momento di drammatico crollo dei prezzi globali dei prodotti lattiero-caseari nel 2015-2016. Questo incidente è stato parzialmente alimentato dall’aumento della produzione da mega-caseifici e società lattiero-caseari globali che hanno scaricato i prodotti in eccesso nel mercato globale, spingendo i prezzi al di sotto del costo di produzione e strozzando molti piccoli e medi produttori di latte.
Nello specifico, il maggiore aumento delle emissioni è arrivato dalla più grande cooperativa lattiero-casearia indiana, Amul, in Unione europea al primo posto c’è il Group Lactalis, terzo produttore mondiale. Danone, ha aumentato la sua produzione e le emissioni del 15%. Ci sono anche FrieslandCampina, Arla Foods e Nestlé.
“Danone promette una riduzione del 50% dell ‘”intensità di emissione” della sua catena di approvvigionamento entro il 2030. Ciò significa che in 10 anni, ogni litro di latte che processa dovrebbe emettere metà dei gas serra rispetto al 2015. Abbiamo discusso in Emissioni impossibili 2018 che, dato il livello di guadagni di “efficienza” tecnologica nel settore industriale, questa drastica riduzione sembra tecnologicamente irrealistica”, si legge nello studio.
Ma gli scienziati rincarano la dose: “Caseifici come Danone, Arla e Fonterra si sono impegnate a ridurre le loro emissioni assolute. Tuttavia, limitano questi impegni di riduzione “assoluti” o totali al modo in cui gestiscono i loro uffici e impianti di lavorazione escludendo così le emissioni della catena di approvvigionamento”.
Unica eccezione è Nestlé. “Comprende un obiettivo di riduzione assoluta nell’ambito dell’approvvigionamento, ma dato il suo range altamente diversificato che comprende caffè, cacao, legname e tanti altri prodotti, la sua catena di approvvigionamento del latte potrebbe non essere necessariamente inclusa”.
Per questo l’IATP esorta a cambiare e intervenire. “I governi devono iniziare integrando gli obiettivi climatici all’interno delle loro politiche agricole a livello nazionale. Questi obiettivi climatici dovrebbero affrontare le strategie per costruire la resilienza climatica e ridurre le emissioni”.
Fonte: Rapporto Milking the Planet
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