Se neanche al Polo Nord esistono più le mezze stagioni, la colpa è soprattutto dell'effetto serra. Lo dice un nuovo studio realizzato dalla Nasa in collaborazione col Dipartimento Terra e Ambiente della Boston University
Se neanche al Polo Nord esistono più le mezze stagioni, la colpa è soprattutto dell’effetto serra. Lo dice un nuovo studio realizzato dalla Nasa in collaborazione col Dipartimento Terra e Ambiente della Boston University.
La prova? L’aumento della vegetazione alle latitudini più settentrionali della Terra tende ad assomigliare sempre di più a quella lussureggiante presente alle latitudini meridionali. Lo studio è basato su 30 anni di dati e di records della superficie terrestre, di recente arricchiti dai dati forniti dai satelliti.
Gli scienziati hanno esaminato la relazione tra i cambiamenti della temperatura della superficie terrestre e la crescita della vegetazione da 45 gradi di latitudine nord fino al Mar Glaciale Artico. E i risultati mostrano che la temperatura e la crescita della vegetazione in quei luoghi ora sono simili a quelle trovate nel 1982 alle stesse latitudini meridionali
“Le alte latitudini settentrionali sono sempre più calde, il ghiaccio marino artico e la durata del manto nevoso sono in diminuzione, la stagione di crescita si allunga e le piante sono sempre di più”, ha detto Ranga Myneni dell’Università di Boston. “Nell’Artico del nord e nelle zone boreali, le caratteristiche delle stagioni stanno cambiando, portando a grandi disagi per le piante e i relativi ecosistemi”.
Dei 26 milioni di chilometri quadrati di terre settentrionali ricoperte da vegetazione, una percentuale che va dal 34 al 41 per cento ha mostrato una maggiore crescita delle piante (rappresentate in verde e blu nell’immagine), dal 3 al 5 per cento ha mostrato diminuzioni di crescita delle piante (arancione e rosso), e dal 51 al 62 per cento non ha mostrato variazioni (giallo) nel corso degli ultimi 30 anni.
I dati satellitari sono stati forniti dagli strumenti AVHRR e MODIS – a bordo dei satelliti in orbita polare – che hanno contribuito così a creare un indice della vegetazione grazie al quale i ricercatori possono tenere traccia delle modifiche delle temperature in base alla crescita delle piante su vaste aree. Myneni e i colleghi hanno infatti utilizzato i dati satellitari per quantificare i cambiamenti della vegetazione a diverse latitudini dal 1982 al 2011.
A seguito del riscaldamento maggiore e di una stagione calda più lunga, le grandi macchie di vegetazione ora coprono un terzo del paesaggio del nord, circa 9 milioni di chilometri quadrati. Questo paesaggio è simile a quello presente nell’emisfero sud nel 1982. Per scoprire che cosa accadrà nei decenni futuri, il team ha analizzato 17 modelli climatici. Questi ultimi hanno mostrato che le temperature elevate nelle regioni artiche e boreali equivalgono ad uno spostamento di 20 gradi di latitudine entro la fine di questo secolo.
Una prospettiva non troppo incoraggiante, se si pensa che le conseguenze dell’aumento dell’effetto serra e delle temperatura si riflettono sull’estensione del ghiaccio marino polare e del manto nevoso, sempre più ridotti.
Francesca Mancuso
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