Oltre 5 milioni di persone in Italia sono esposte al rischio di frane e alluvioni. Lo sostiene Legambiente, che questa mattina, ha presentato presso la propria sede romana i risultati dell’indagine Ecosistema Rischio 2011, realizzata in collaborazione con il Dipartimento della Protezione Civile, che si è impegnato a monitorare le attività di prevenzione messe in campo da oltre 1500 comuni tra i 6663 valutati come a maggior rischio idrogeologico.
Oltre 5 milioni di persone in Italia sono esposte al rischio di frane e alluvioni. Lo sostiene , che questa mattina ha presentato presso la propria sede romana i risultati dell’indagine , realizzata in collaborazione con il Dipartimento della Protezione Civile, che si è impegnato a monitorare le attività di prevenzione messe in campo da oltre 1500 comuni italiani tra i 6663 valutati come a maggior rischio idrogeologico.
Tra di essi, sarebbero soltanto una minima parte i comuni che si preoccupano di dare vita ad esercitazioni ed attività formative utilli ad informare i cittadini sui comportamenti da porre in atto in caso di alluvioni o di frane e sui rischi che realmente corrono le abitazioni e gli edifici industriali presenti nei suddetti comuni. Legambiente denuncia il costante ritardo delle amministrazioni del nostro Paese nel mettere a disposizione degli abitanti gli strumenti pratici e conoscitivi necessari ad affrontare situazioni di rischio. Soltanto il 29% delle amministrazioni intervistate ha dichiarato di aver posto in essere interventi attivi in merito.
Dal dossier compilato da Legambiente e dalla Protezione Civile all’interno dell’ “Operazione fiumi 2011”, campagna nazionale di monitoraggio, prevenzione e informazione sulla mitigazione del rischio idrogeologico, emergono dati relativi ed attendibili, che dipingono il quadro di un’Italia in cui il cemento prosegue ad invadere numerose aree, che si collocano nelle vicinanze di versanti instabili, ma anche di fiumi e ruscelli.
L’85% dei 1500 comuni intervistati ha comunicato di presentare all’interno del proprio territorio abitazioni costruite all’interno di aree ad alto rischio. Di frequente tali edifici sono collocati a ridosso di versanti instabili o in prossimità degli alvei dei corsi d’acqua, all’interno di aree particolarmente esposte alle eventuali esondazioni dei fiumi. Gli edifici considerati a rischio sono sia pubblici che privati e di frequente le zone di pericolo comprendono interi quartieri, in cui sorgono fabbriche, abitazioni, edifici commerciali, scuole ed ospedali. Per mettete in salvo gli edifici più a rischio, sarebbe necessario attuare opere di delocalizzazione delle abitazioni e di abbattimento dei fabbricati abusivi, interventi a cui soltanto 56 comuni su 1500 hanno dato il via.
Maggiore è il numero dei comuni (il 69% tra quelli intervistati) che si sono impegnati nello svolgere regolarmente attività di manutenzione delle sponde dei corsi d’acqua. Legambiente e la Protezione Civile non hanno però potuto esimersi dall’esprimere la propria preoccupazione in merito. Se, infatti, tali interventi non vengono svolti a regola d’arte, valutando attentamente l’impatto che avranno sui corsi d’acqua, rischiano di accrescere la già rilevata fragilità dei territori interessati.
Il rischio idrogeologico non riguarda soltanto i piccoli comuni, come molti si aspetterebbero, ma anche le grandi città. Tutti i capoluoghi di regione (tranne Bari, Trieste e Venezia) sono considerati a rischio, ma non tutti intervengono in merito nella maniera più adeguata. Bolzano si classifica come il capoluogo più virtuoso, mentre è considerato scarso o insufficiente l’impegno di città come Milano, Aosta, Torino, Trento, Ancona e Reggio Calabria, che si classifica come il peggiore tra i capoluoghi per quanto riguarda l’impegno nella mitigazione del rischio idrogeologico nel proprio territorio.
Il dossier riporta regione per regione i dati relativi all’impegno dei comuni intervistati. Da una valutazione complessiva degli stessi emerge come nel nostro Paese sia necessario incrementare le attività relative alla diffusione dell’informazione ed alla prevenzione di calamità quali frane ed alluvioni, data l’elevata probabilità che tali eventi, spesso inattesi, possano mettere a rischio la vita dei cittadini, ancora di più nel caso questi ultimi ne siano colti del tutto impreparati. Che i recenti fatti che hanno sconvolto in maniera drammatica numerose esistenze in regioni quali Liguria, Toscana, Calabria e Sicilia, possano dare a tutta Italia un nuovo impulso nel mettere in campo le strategie necessarie alla tutela del territorio e della popolazione.
Marta Albè