Rio+20: le 5 maggiori delusioni dell’Earth Summit

Alla vigilia della conclusione del Summit di Rio, ecco quali sono i punti rimasti insoluti

Il Summit Rio+20 sullo sviluppo sostenibile sta per concludersi. Oggi è l’ultimo giorno, ma pochi sono stati i passi avanti compiuti sulla strada di un’economia all’insegna della sostenibilità. L’intesa raggiunta dalle 193 delegazioni presenti a Rio de Janeiro e riassunta nel documento The Future We Want ha lasciato numerosi problemi insoluti.

Sebbene sia stata ribadita da tutti la necessità di agire per tutelare il pianeta dall’uso indiscriminato delle risorse, puntando soprattutto su un’economia votata alla sostenibilità, 5 sono i principali nodi irrisolti, nonostante le 72 ore di tempo messe a disposizione dei grandi della Terra.

Quella di Rio è stata un’occasione sprecata, così l’hanno già definita gli ambientalisti. A poco sono servite le dichiarazioni del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon secondo cui “per troppo tempo abbiamo creduto di poter consumare risorse all’infinito per sostenere la nostra prosperità. Adesso abbiamo capito che non può più essere così“. Averlo capito però non serve se non si attuano delle sostanziali modifiche sotto il profilo economico.

Ma ecco quali sono le 5 maggiori delusioni che arrivano dal summit carioca, che avrebbe dovuto sancire le modalità del passaggio verso un’economia verde a basso contenuto di carbonio.

Bonus per le fonti fossili

Tutti d’accordo sulla necessità di eliminare le sovvenzioni ai combustibili fossili, ma nella pratica cosa è stato deciso a Rio? Nulla. Su Twitter era partita la campagna lanciata dalle associazioni ambientaliste di tutto il mondo, raggruppate dalla coalizione 350.org, per per lanciare ai grandi del pianeta lo stesso messaggio: “Per cosa si spendono 1.000 miliardi dollari? Fermiamo i sussidi ai combustibili fossili (#EndFossilFuelSubsidies) a # Rio20 per poi cominciare una rivoluzione energetica pulita”. Ma i leader sembrano non aver sentito. Sordi.

Trattato sugli oceani

Tutto rinviato al 2014, come se il problema della tutela dei nostri mari non fosse urgente. In ogni caso, sfuma la possibilità di creare aree protette nella acque internazionali. Anche l’appello di GreenPeace per salvare l’Artico sembra non aver fatto breccia nel muro invalicabile di Rio. Bandire le attività di estrazione offshore, i metodi di pesca distruttivi dalle acque artiche, tutelare il Polo Nord e limitarne l’inquinamento. Domani, forse, non oggi. Un buco nell’acqua.

Green Economy

Sviluppo sostenibile, a questo doveva servire il summit. Trovare il modo per rilanciare l’economia mondiale sopraffatta dalla crisi attraverso la green economy, cercando di capire in che modo occorre far confluire le forze per far bene al pianeta. La prima conseguenza sarebbe stata la creazione di nuovi posti di lavoro, menti e braccia impegnate nella corsa verso un futuro green. Chimere.

Tutela delle foreste

Ridare vita a 150 milioni di ettari di terreno, questa la speranza degli scienziati che hanno espresso tale necessità attraverso la megacampagna “Plant a Pledge”. “L’ultima ricerca dell’Iucn – spiega Stewart Maginnis, Direttore di Nature-Based Solutions Group di Iucndimostra che recuperando 150 milioni di ettari di terreno degradato e che ha subito la deforestazione entro il 2020 sarà possibile immettere oltre 84 miliardi di dollari netti annui nelle economie locali e internazionali e ridurre il divario delle emissioni responsabili del cambiamento climatico dell’11-17%“. Anche questa, un’occasione andata in fumo.

Energie rinnovabili ed equity

Ancora oggi 1 miliardo e 400 milioni di persone nel mondo non hanno accesso all’energia. Per questo all’interno dell’obiettivo racchiuso sotto il nome di equity sarebbe stato necessario elaborare dei piani a favore dei poveri, eliminando ad esempio i sussidi dannosi come quello sui combustibili fossili, sviluppando regimi fiscali verdi e promuovendo le riforme fiscali che incoraggino la tutela dell’ambiente e dei meno abbienti. Sempre e comunque ai margini.

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