Quinto conto energia: la UE teme la concorrenza cinese. In vista dazi per il fotovoltaico?

La concorrenza cinese potrebbe mettere a rischio la produzione dei moduli fotovoltaici in Europa. Le associazioni lanciano un appello all'UE


Quinto conto energia. La nenoata associazione ProSun si è rivolta alla Commissione Europea per chiederle di investigare sulle pratiche sleali della concorrenza da parte di produttori cinesi di moduli fotovoltaici.

L’associazione, che raccoglie 20 compagnie europee che rappresentano la maggioranza della produzione industriale solare dell’Ue, vuole vederci chiaro sulle dinamiche legate alla concorrenza cinese. Milan Nitzschke, Presidente di EU ProSun ha annunciato per questo di aver richiesto settimana alla Commissione Europea di investigare sulle eventuali pratiche sleali della concorrenza cinese: “Le compagnie cinesi hanno conquistato più dell’80% del mercato dell’Unione Europea per prodotti solari partendo virtualmente da zero pochi anni fa. I produttori dell’Unione Europea possiedono le migliori tecnologie solari del mondo ma vengono battuti nel proprio mercato per via dell’esportazione sottocosto illegale dei prodotti solari cinesi sotto il loro costo di produzione” denuncia Nitzschke.

Secondo ProSun, la maggioranza della produzione industriale solare dell’Ue sta venendo decimata dalla competizione sleale della Cina, causando licenziamenti e un maggiore numero di fallimenti per l’industria solare europea: “A meno che l’Unione Europea non prenda provvedimenti, non rimarrà più alcun posto di lavoro di produzione o di R&D solare in Europa” dice.

Le associazioni non avrebbero dubbi. La Cina infatti non solo starebbe palesemente esportando sottocosto prodotti solari economici nell’Unione Europea, ma il governo avrebbe anche ammesso prontamente di sovvenzionare i suoi produttori solari per le esportazioni.

Il Premio Made in Europe introdotto dal nuovo sistema di incentivi prevede un bonus per gli impianti con componenti principali realizzati unicamente all’interno di un Paese che risulti membro dell’UE/SEE. Secondo quanto si legge nel testo del decreto “a prescindere dall’origine delle materie prime impiegate, sono gli impianti fotovoltaici e gli impianti fotovoltaici integrati con caratteristiche innovative che utilizzano moduli fotovoltaici e gruppi di conversione realizzati unicamente all’interno di un Paese che risulti 7 membro dell’Unione Europea o che sia parte dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo – SEE (Islanda, Liechtenstein e Norvegia)” che rispettano alcune certificazioni. Una misura per tutelare la produzione europea e italiana. Ma a quanto pare non basta.

Anche il governo degli Stati Uniti di recente ha scoperto che 12 categorie di sovvenzioni della Cina per i suoi produttori solari erano illegali e che gli esportatori cinesi avevano esportato sottocosto cellule solari negli Stati Uniti ai margini tra il 30% ed il 250%. Per questo ha introdotto una sorta di dazio sui pannelli cinesi.

E l’Europa? Non tutti sono d’accordo all’introduzione di simili misure protezionistiche nel Vecchio Continente. Till Richter, Managing Partner dell’azienda fotovoltaica tedesca Richter Solar ritiene che non sia conveniente: “Una denuncia antidumping sarebbe miope di fronte all’evidenza che la maggior parte delle aziende sarebbe sfavorita di fronte ad un’iniziativa guidata soltanto da pochi rappresentanti del settore. La struttura portante dell’industria solare, costituita da piccoli e medi installatori locali, sviluppatori, rivenditori, ingegneri e tecnici, che rappresentano migliaia di posti di lavoro in Europa, sarebbe messa a rischio nel caso in cui l’Unione Europea arrivasse ad imporre misure antidumping“.

Perché? Secondo Richter l’Unione Europea trae ampi vantaggi dai mercati aperti e dal libero scambio, per questa ragione l’introduzione di eventuali misure protezionistiche “creerebbero una situazione in cui tutti sono perdenti sotto vari fronti“. Per questo, continua, “è quindi necessario che tutti i player del mercato fotovoltaico mondiale lavorino insieme costruttivamente, per risolvere qualsiasi disputa commerciale in maniera congiunta, attraverso la negoziazione piuttosto che attraverso azioni unilaterali“.

Non sono dello stesso avviso Nitzschke e Alessandro Cremonesi, presidente IFI. Secondo il Presidente di EU ProSun “l’industria europea non vuole aumentare i prezzi, ma piuttosto fermare l’attuale corsa dannosa verso il fondo. Se l’Unione Europea agisce rapidamente, abbiamo una probabilità di mantenere una base di produzione solare sostenibile in Europa a vantaggio dei posti di lavoro, della crescita, dell’innovazione e del pianeta.

Gli ha fatto eco il Presidente del Comitato IFI, che ha detto: “La richiesta avanzata alla Commissione Europea per l’apertura di un’indagine anti-dumping è stata nell’ultimo anno fortemente sostenuta dalla nostra Associazione, con l’obiettivo di porre fine alla continua usurpazione del mercato da parte di moduli cinesi offerti a prezzi di dumping.

Concorrenza spietata o eccessivo protezionismo?

Francesca Mancuso

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