Quarto conto energia: è ancora incertezza per gli incentivi al fotovoltaico e per i certificati verdi dopo il decreto Romani per le rinnovabili

Il 10 Aprile si avvicina ma, ad oggi, non è ancora stato emanato il Decreto attuativo del Decreto Romani con il quale si dovranno ridefinire gli incentivi al fotovoltaico, ovvero il Quarto Conto Energia. Le tariffe incentivanti del Terzo Conto Energia, infatti, non saranno più in vigore a partire dal 31 di Maggio. Tuttavia siamo ancora alla prima bozza fatta circolare dopo l'incontro tra i Ministri Galan, Romani e Prestigiacomo.

Il 10 Aprile si avvicina ma, ad oggi, non è ancora stato emanato il Decreto attuativo del Decreto Romani con il quale si dovranno ridefinire gli incentivi al fotovoltaico, ovvero il Quarto Conto Energia. Le tariffe incentivanti del Terzo Conto Energia, infatti, non saranno più in vigore a partire dal 31 di Maggio. Tuttavia siamo ancora alla prima bozza fatta circolare dopo l’incontro tra i Ministri Galan, Romani e Prestigiacomo.

Sulla bozza, e sulla mancata definizione del Quarto Conto Energia, hanno espresso le loro opinioni molte associazioni ambientaliste ma, soprattutto, associazioni rappresentative degli imprenditori del fotovoltaico e delle rinnovabili in genere. Ad esempio Aper, delle cui proposte abbiamo parlato in un altro articolo, ha addirittura fatto presente che proporrà un ricorso presso la Commissione Europea contro il decreto Romani, un provvedimento che cambia le regole in corso d’opera e mina la certezza del diritto, rendendo retroattive alcune misure dannose per le rinnovabili. Oggi, invece, in un incontro con tutti i propri associati, Assosolare parlerà ancora una volta del Decreto Romani e della bozza di decreto attuativo, trovando una posizione comune e facendo pervenire al Governo, nei prossimi giorni, ulteriori osservazioni e proposte.

Nei giorni precedenti, invece, si erano espresse anche alcune Regioni italiane, attraverso i propri rappresentanti, delle cui opinioni vi avevamo dato conto. Pur con alcune diversità, c’è una linea comune nelle opinioni dei rappresentanti delle Regioni e in quelle delle associaizoni del settore: il Governo ha lasciato tutti un po’ spiazzati, mentre devono essere garantiti gli investimenti in corso definendo quanto prima il nuovo sistema delle tariffe incentivanti. Se è vero, dunque, che lo Stato sopporta ingenti costi per favorire le rinnovabili ( come, del resto, per favorire anche altri settori del mercato) l’unica strada per ridurre i costi dovrebbe essre quella di arrivare quanto prima a un riodino delle politiche. La strada per ridurre i costi degli incentivi alle rinnovabili dovrebbe rappresentare un vero riordino delle politiche di promozione e di crescita delle fonti rinnovabili, non solo per quanto riguarda il fotovoltaico, ma anche con una rinnovata attenzione al meccanismo dei Certficati Verdi.

Il decreto Romani, infatti, secondo gli intendimeti del Governo, è stato approvato per limitare i costi, eccessivi, che lo Stato ed i cittadini (nelle bollette) paghrebbero per favorire il ricorso alle energie rinnovabili, oltre che per definirie un meccanismo di incentivazioni più snello rispetto all’attuale . In attuazione della direttiva comunitaria 2009/28 , dunque, il Decreto Romani dovrebbe ridare “stabilità e moralità” al settore delle rinnovabili investito, tra l’altro, anche da fenomeni speculativi, truffe e frodi, che avrebbero stimolato persone senza scrupoli a causa di incentivi troppo appetibili, in effetti tra i più alti d’Europa, sebbene i costi delle materie prime sarebbeo ancora, in Italia, più alti che altrove, a danno dei cittadini consumatori. Secondo il Ministro Romani, dunque, occorrevano tagli ad un sistema che è costato agli italiani 20 miliardi di euro tra il 2009 e il 2010, a fronte di una produzione di energia pulita del 4,5%. Di opinione nettamente opposta le associazioni ambientaliste che hanno accusato il Governo di colpire al cuore le rinnovabili per favorire il nucleare anche se da molte parti, anche da parte di associazioni di piccole e medie imprese, si sono levate molte voci critiche sui costi e sui dati citati dal Ministro, specie durante la trasmissione Striscia la Notizia.

Secondo Annalisa D’Orazio, advisor di Sorgenia Spa e direttrice di ricerca dell‘Istituto di economia e politica dell’energia e dell’ambiente dell’Università Commerciale L. Bocconi, la strada migliore per ridurre i costi degli incentivi alle rinnovabili sarebbe proprio quella di un riordino delle politiche di promozioni e crescita, considerando la relazione tra energia primaria e applicazioni d’uso e la relazione tra energia rinnovabile prodotta e consumata, rendendo evidente il costo del sussidio.Secondo la D’Orazio sarebbe eccesiva l’attenzione posta sui costi derivanti dagli incentivi per il fotovoltaico, visto che nel 2010, su un costo complessivo del sussidio alle rinnovabili elettriche di circa 3,4 miliardi di euro, solo il 24% è imputabile al solare fotovoltaico.

Il fotovoltaico ha un costo del sussidio superiore ad altre energie rinnovabili e in Italia risulta essere più elevato rispetto ad altri Paesi europei. È necessario quindi procedere ad un riallineamento fra incentivi e costi e rivedere il sistema incentivante con lo scopo di contrastare i fenomeni speculativi e non ostacolare l’ingresso nel mercato delle innovazione tecnologiche. Maggiore attenzione andrebbe invece posta sul costo del meccanismo per i Certificati Verdi, che il Decreto Rinnovabili ha alzato per il periodo di transizione 2011-2015. La riforma dei meccanismi di sostegno alle energie rinnovabili regge sul presupposto di rendere il sistema di incentivi più efficiente e meno costoso per famiglie e imprese. Ma, secondo Annalisa D’Orazio così non sembra, almeno nella transizione, visto che si passerebbe alle aste al ribasso, a partire dal 2012, e determinando un periodo di transizione in cui il meccanismo resta in vigore, ma ne cambiano le regole. La modifica ha così innalzato il costo del sussidio nel periodo di transizione, poiché il decreto conferma l’obbligo di ritiro da parte di Gse dei certificati verdi eccedenti per il rispetto della quota d’obbligo a carico dei produttori e importatori convenzionali, prevedendo che il prezzo di ritiro sia pari al 78% di 180 euro. Il costo del sussidio delle eccedenze risulterà dunque più alto rispetto a quello registrato nel 2008-2010 a regolazione vigente prima del decreto. È stata rallentata la crescita del fotovoltaico, ma è stata allo stesso modo aperta una strada per accelerare, da qui al 2015, quella delle altre tecnologie.Servirebbe, però, una visione di insieme, per non scontentare gli operatori in specifici mercati delle tecnologie o delle applicazioni.

La necessità di uno sguado d’insieme sarebbe confermata anche dai dati diffusi dallo Studio Bernoni Professionisti Associati Milano in collaborazione con la società Polo Tecnologico dell’Energia di Trento su dati statistici di Terna SpA: nel nostro Paese la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili rappresenta il 22,2 % del totale, il restante si divide tra termica tradizionale (64,8 %) ed energia importata dall’estero (13 %).

La fonte rinnovabile prevalente continua ad essere quella idroelettrica mentre la fonte eolica contribuisce nel modo più rilevante alla crescita della potenza installata: nel corso dell’ultimo anno sono stati installati nuovi parchi eolici per circa 952 MW che hanno determinano il raggiungimento di una potenza eolica complessiva di 5.850 MW (il 65 % in più rispetto al 2008; il 19% sul 2009). Gli impianti di generazione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili rivelano che la potenza installata a fine 2010, con 29.760 MW, è in crescita del 12% rispetto ai 26.519 MW dell’anno precedente. A livello complessivo, l’energia italiana viene consumata per un terzo dal settore residenziale, un terzo dall’industria ed un terzo dai trasporti. Inoltre, il sistema incentivante vigente in Italia per gli impianti fotovoltaici , il Conto Energia, ha consentito l’installazione di più di 178.000 impianti per una potenza complessiva di oltre 4.000 MW, con un evidente sviluppo del settore, non solo dal punto di vista occupazionale, ma anche in termini di ricerca tecnologica, sviluppo industriale e soprattutto di qualità ambientale.

La mancanza di un decreto legislativo definito, che stabilisca durata ed entità delle incentivazioni per i prossimi anni e le elevate difficoltà legate agli iter autorizzativi non aiutano le imprese italiane nella programmazione economica degli investimenti nelle rinnovabili, che rimangono estremamente incerti. Una situazione ancor più paradossale se si guarda a quello che sta avvenendo in Spgna, dove l’eolico è diventato la prima fonte di approvviginamento energetico del Paese, oppure in Germania, dove, nonostante i livelli di irraggiamento solare assai più bassi, il fotovoltaico guida la produzione energetica da fonti rinnovabili che, nel loro complesso, nel 2010 hanno coperto l’undici per cento dei consumi totali di energia.

Andrea Marchetti

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