Pesca sostenibile: arriva la riforma della UE. Ecco la nuova PCP

I nostri mari diventano ogni giorno più poveri a causa dell’eccessivo sfruttamento da parte dell’uomo e prima che le acque marine si trasformino definitivamente in un habitat sterile è necessario intervenire subito con interventi seri. Con questo obiettivo la commissione europea mercoledì scorso ha lanciato una nuova politica comunitaria, la Politica Comune della Pesca (PCP), per gestire in modo più sostenibile le risorse marine ed evitarne l’eccessivo sfruttamento.

I a causa dell’eccessivo sfruttamento da parte dell’uomo e prima che le acque marine si trasformino definitivamente in un habitat sterile è necessario intervenire subito con interventi seri. Con questo obiettivo la commissione europea mercoledì scorso ha lanciato una nuova politica comunitaria, la Politica Comune della Pesca (PCP), per gestire in modo più sostenibile le risorse marine ed evitarne l’eccessivo sfruttamento.

La riforma tenta di rivedere a tutto tondo l’intero processo di gestione della pesca nei vari Paesi europei, con dei piani totalmente nuovi in grado di garantire la futura sopravvivenza delle specie ittiche e dei mezzi di sussistenza dei pescatori, mettendo così fine all’eccessivo sfruttamento e impoverimento degli stock.

In pratica, si tenderà a decentrare la gestione della pesca – che si baserà su principi scientifici e conoscenze approfondite del mare – affidandola alle regioni e stabilendo nuove norme europee e internazionali.

I punti fondamentali della proposta europea riguardano le soluzioni a lungo termine per la sostenibilità dei mari, in cu si prevede che tutti gli stock ittici dovranno essere portati a livelli sostenibili entro il 2015, seguendo gli impegni assunti dall’Unione a livello internazionale.

Tra le novità più importanti ricordiamo il divieto di rigetto (che consiste nel ributtare a mare i pesci pescati per errore) che costituisce uno spreco di risorse alimentari e una perdita economica; i pescatori dovranno quindi portare a riva tutto il pesce pescato.
Ma tra le novità inserite nella nuova politica sulla pesca c’è anche una nuova regolamentazione delle quote, che ha già fatto discutere: gli operatori potranno affittare o scambiare le quote a livello nazionale, pertanto chi ha pescato una quantità di pesce superiore a quella fissata, può comprare una quota da chi è rimasto sotto il limite stabilito.

Cauto l’ottimismo di Slow Food: “Bene per quanto riguarda la volontà di messa al bando del rigetto in mare, una pratica inaccettabile – ha detto Silvio Greco, biologo marino e presidente del Comitato scientifico di Slow Fish – Ma notiamo con rammarico, alla luce delle positive premesse scaturite dagli incontri con la Commissaria Damanaki a Slow Fish 2011 (la manifestazione Slow Food dedicata all’universo ittico che si è svolta a Genova il 27-30 maggio scorso), che c’è poco coraggio nella proposta di riforma, rispetto a una situazione a parere di tutti sull’orlo del baratro.
Con il sistema delle quote trasferibili, – ha aggiunto greco – si continua a perseverare nella logica di favorire la pesca industriale, dimenticandosi delle migliaia di comunità di pesca artigianale che restano le uniche realtà di sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche e di salvaguardia degli ecositemi marino-costieri. Nella riforma i tre concetti di sostenibilità, efficienza e coerenza sembrano essere disattesi: ci si è più preoccupati del mercato che del mare
”.

Verdiana Amorosi

 

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