Il 100% di raccolta e il 98% di rigenerazione: con questi numeri l’Italia è prima in Europa in fatto di recupero di oli usati. Noi di GreenMe siamo stati alle celebrazioni del 40esimo anno di vita del Consorzio CONOU, che per l’occasione ha presentato il Rapporto di sostenibilità 2023
Indice
Olio usato, quanto sono attenti i nostri meccanici e le nostre industrie? In Italia non poco se consideriamo che nel 2023 ci attestiamo su un tasso di circolarità molto vicino al 100%, cresciuto del 12% rispetto all’anno precedente.
È quanto emerge dal nuovo Rapporto di Sostenibilità 2023 del CONOU – il Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati che oggi ha celebrato i 40 anni di attività – secondo cui l’Italia figura al primo posto in Europa nella gestione circolare degli oli minerali usati, provenienti dal settore industriale e dalle officine.
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Un dato prezioso, senza dubbio, dal momento che l’olio usato è a tutti gli effetti un rifiuto tale per cui, se riusciamo a smaltirlo correttamente e a rigenerarlo in maniera adeguata, può costituire una risorsa. In caso contrario, com’è ovvio, potrebbe diventare una pericolosa fonte di inquinamento.
Il report
La strada della trasparenza secondo gli standard UE richiede applicazione, continuità e competenza – ha dichiarato il Presidente del CONOU Riccardo Piunti alla conferenza alla quale abbiamo partecipato. I Rapporti di Sostenibilità chiamano sempre più professionalità ampie e multiformi per gestire, a livello complessivo, gli input tecnici, economici, ambientali, organizzativi che le diverse funzioni aziendali mettono a disposizione. La realtà consortile, non un’azienda ma una galassia di aziende, rende questo compito ancora più complesso.
Secondo i dati snocciolati nel rapporto, sono 183mila le tonnellate raccolte, quasi la totalità della quota raccoglibile. Di queste, il 98% è stato avviato a rigenerazione grazie al lavoro dei 59 concessionari che, nella attività di raccolta e micro-raccolta (si contano 6.641 conferimenti con 678 automezzi) hanno ritirato l’olio da 103mila produttori su tutto il territorio nazionale, per lo più siti industriali (12%) e officine (88%).
Delle tonnellate raccolte, il 50% deriva dalla micro-raccolta, ovvero di quantitativi ridotti anche in località impervie e lontane dalla grande viabilità. La maggior parte delle 183mila tonnellate sono state cedute ai tre impianti di rigenerazione; solo 2.800 tonnellate sono andate nei termovalorizzatori, mentre una quantità minima (600 tonnellate) è stata ceduta aa appositi inceneritori per la termodistruzione.
Oltre il 58% del totale raccolto arriva dal Nord e vede in cima alla lista delle regioni produttrici la Lombardia (22%) seguita dal Veneto (12%); le regioni del Centro contribuiscono con una raccolta del 18% (solo dal Lazio arriva il 7% come per la Campania che ne raccoglie la stessa percentuale). Il Sud e le isole arrivano al 23%.
Impatti ambientali, perché rigenerare l’olio usato?
Perché rigenerare gli oli minerali usati ha impatti positivi sull’ambiente: soltanto nel 2023, è stata evitata l’immissione in atmosfera di 127mila tonnellate di CO2 equivalente, con una riduzione del 57% rispetto al sistema alternativo, che prevede la generazione di basi lubrificanti vergini, diesel e prodotti bituminosi.
I dati relativi all’impatto su ambiente e salute parlano chiaro: circa 7 milioni di GJ di combustibili fossili consumati in meno, un miglioramento della qualità del suolo e un minore sfruttamento (90%), 60 milioni di metri cubi di acqua risparmiata, un beneficio in termini di incidenza di malattie dovute all’emissione di particolato inferiore del 92%.
L’impatto economico totale supera gli 81 milioni di euro
Sono buone, infine, anche le ricadute economiche e occupazionali. L’attività del Consorzio, infatti, ha generato un impatto economico totale pari a 81,3 milioni di euro, registrando un aumento del 12% rispetto al 2022 e dà lavoro a 1.857 persone. Inoltre, l’attività di rigenerazione ha portato un considerevole vantaggio al nostro Paese, che ha diminuito fortemente il fabbisogno di materie prime fossili importate per circa 105 milioni di euro.
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