Gli Stati Uniti hanno deciso di imporre un dazio del 5% sull’importazione di moduli fotovoltaici provenienti dalla Cina. Il mercato cinese è visto come una minaccia per l’industria fotovoltaica statunitense. I prezzi dei prodotti importati da Oriente risultando inferiori rispetto a quelli dei prodotti nazionali, rischiando di fare gola ad enti e cittadini sempre più interessati a rivolgersi a fonti rinnovabili per la produzione di energia pulita. L’introduzione dei dazi sarebbe volta ad arginare una concorrenza sleale basata sulla vendita di pannelli fotovoltaici a prezzo ridotto, grazie agli aiuti statali provenienti da Pechino, che ai governatori statunitensi appaiono come un tentativo di minare alla base i normali flussi del mercato del settore.
Concorrenza cinese sui pannelli fotovoltaici. Gli Stati Uniti hanno deciso di imporre un dazio del 5% sull’importazione di moduli fotovoltaici provenienti dalla Cina. Il mercato cinese è visto come una minaccia per l’industria fotovoltaica statunitense. I prezzi dei prodotti importati da Oriente risultando inferiori rispetto a quelli dei prodotti nazionali, rischiando di fare gola ad enti e cittadini sempre più interessati a rivolgersi a fonti rinnovabili per la produzione di energia pulita. L’introduzione dei dazi sarebbe volta ad arginare una concorrenza sleale basata sulla vendita di pannelli fotovoltaici a prezzo ridotto, grazie agli aiuti statali provenienti da Pechino, che ai governatori statunitensi appaiono come un tentativo di minare alla base i normali flussi del mercato del settore.
La decisione relativa ai nuovi dazi ha avuto luogo nella giornata di ieri ed è stata stabilita dal Department of Commerce statunitense. Essa è nata a seguito di una denuncia avanzata da Solarworld Usa e da altri operatori nazionali afferenti al settore fotovoltaico, incentrata su di un accusa di concorrenza sleale rivolta nei confronti del mercato cinese. Secondo steve Ostrenga, amministratore delegato di Helios Solar Works, le aziende cinesi del settore fotovoltaico riceverebbero aiuti monetari sleali da parte del loro governo.
Le sovvenzioni governative ad esse destinate si aggirerebbero tra le percentuali del 2,9% e del 4,73%. D’ora in poi i prodotti a marchio cinese importati negli Stati Uniti subiranno un incremento del prezzo proprio pari a tali cifre percentuali, nella speranza che una simile manovra possa garantire un ritrovato equilibrio per il mercato, allentando le tensioni tra i due Paesi. A parere di molti, i tassi applicati risulterebbero ancora troppo bassi affinché la manovra possa risultare favorevole agli Stati Uniti, ma a quanto pare i membri del dipartimento incaricato di stilare il provvedimento avrebbero preferito agire con moderazione per non causare uno squilibrio in senso inverso e successivi rancori. Tra le grandi aziende cinesi coinvolte spiccano i nomi di Ja Solar, Suntech, Trina Solar e Yingli.
E per quanto riguarda l’Europa? In Italia e negli altri Paesi dell’Unione Europea il commerci di pannelli fotovoltaici a marchio cinese sarebbe fiorente. Al contrario, i pannelli a marchio UE avrebbero un mercato pressoché nullo in Cina, dati i prezzi considerati eccessivamente elevati rispetto ai prodotti commerciati dalle aziende presenti sul territorio di quella che nell’ultimo decennio si è trasformata nella prima potenza orientale. Come disincentivare allora l’acquisto di pannelli di provenienza extra-europea nell’UE e nel nostro Paese?
Il Quarto Conto Energia prevede già un premio del 10% sugli incentivi destinati all’acquisto e alla successiva installazione di pannelli “Made in Europe”, ma l’EPIA (European Photovoltaic Industry Association) chiede azioni maggiori in modo che il mercato europeo relativo al fotovoltaico venga salvaguardato dalle conseguenze della globalizzazione, a partire da un vero e proprio regolamento che indichi alle industrie presenti all’interno dell’Unione Europea delle linee guida da seguire affinché il mercato europeo ritorni ad essere competitivo grazie alla qualità incomparabile dei propri prodotti. Alla base di esso dovrebbero essere poste un’incentivazione agli investimenti nell’industria manifatturiera locale ed un miglioramento della possibilità di accesso ai finanziamenti, in modo che l’Europa possa ritornare ad essere leader nel settore che l’ha vista in testa a livello mondiale per quasi un decennio dal 2001 in poi.
Marta Albè