Confindustria vuole cancellare il limite di 12 miglia per la distanza delle trivellazioni dalle aree marine protette
Decreto sviluppo. Il nuovo provvedimento per il rilancio dell’economia italiana è stato approvato appena tre giorni fa dal Consiglio dei Ministri e già piovono numerosi i pareri discordanti. Oltre alla sospensione del Sistri, misura già annunciata, ha fatto molto discutere il punto riguardante gli investimenti per le trivellazioni in mare, che nasconderebbe delle insidie.
Il nuovo documento ha sì predisposto un fondo per le attività di salvaguardia del mare e di sicurezza delle operazioni offshore, finanziato anche attraverso l’aumento delle royalties per le estrazioni, ma non ha vietato di fatto le trivellazioni petrolifere in mare vicino a parchi e aree protette marine. Infatti, sebbene non sia stato abbassato a 5 chilometri il limite per le trivellazioni, proposta avanzata inizialmente, vi sono comunque dei punti non troppo rassicuranti, che riguardano i procedimenti in materia di idrocarburi offshore già in corso alla data di entrata in vigore del cosiddetto “correttivo ambientale”, ossia il decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128 che istituiva di fatto “il divieto di ricerca, prospezione o coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi all’interno di aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, nonché all’esterno delle stesse, nelle zone marine poste entro dodici miglia dalle suddette aree protette. Inoltre istituisce il medesimo divieto, per i soli idrocarburi liquidi, entro cinque miglia dalle linee di base“.
Ciò significa che le trivellazioni anche entro 5 miglia sono consentite agli impianti operativi dal 2010. Il limite di 12 miglia, col nuovo decreto sviluppo, non varrà però solo per le aree marine protette ma anche per le coste. Come ha rilevato il capogruppo Idv del Consiglio Regionale della Basilicata, Nicola Benedetto, nel testo del decreto non vi sarebbe solo una norma che porta ovunque a 12 miglia dalla costa il limite per le trivellazioni in mare per la ricerca di idrocarburi (finora le 12 miglia valevano solo per le aree protette, e per le altre coste il limite poteva scendere fino a 5 miglia), ma “il decreto contiene anche disposizioni piuttosto insidiose che riguardano l’attività di ricerca ed estrazione in terra ferma”.
“Nel provvedimento – spiega l’esponente Idv – ci sono almeno tre articoli (36 37 e 38) che, con il pretesto di semplificare le procedure, di fatto conferiscono pieni poteri al Governo che può sostituirsi a Regioni e Comuni“.
Dall’altra parte però, c’è “chi” il limite comunque lasciato a 12 miglia non è andato giù. Il vicepresidente di Confindustria Aurelio Regina, parlando all’assemblea dell’Unione petrolifera, avrebbe addirittura proposto di cancellare tale divieto: “Dobbiamo correggere il decreto del 2010 con la fascia di divieto a 12 miglia”.
“La proposta del vicepresidente di Confindustria Regina di cancellare il limite di 12 miglia per le trivellazioni petrolifere in mare vicino a parchi e aree protette marine, è totalmente irricevibile. Ed è grave che uno dei massimi rappresentanti dell’industria italiana non capisca che per il lavoro, per lo sviluppo, un Paese come il nostro deve preoccuparsi molto di più di salvaguardare l’ambiente e il paesaggio che non di estrarre qualche barile di petrolio” ha subito replicato il senatore del Pd Roberto Della Seta, capogruppo in Commissione ambiente. “Piaccia o no al vicepresidente di Confindustria e ai nostri petrolieri, il mondo e in particolare l’Europa stanno andando in un’altra direzione: la Germania prevede che entro pochi anni il suo fabbisogno elettrico verrà soddisfatto per oltre metà dalle fonti pulite, e nel settore della mobilità l’innovazione scommette sempre di più sull’elettrico e sull’ibrido”.
Tuttavia, secondo Della Seta il petrolio sta condannando sé stesso alla fine, non solo perché va progressivamente esaurendosi, ma anche per i costi elevati: “Ciò che condanna l’oro nero sono i suoi elevatissimi costi esterni, a cominciare dall’inquinamento e dall’impatto sul clima che già oggi provoca in molte parti del mondo danni economici e sociali consistenti”.
Sul Decreto Sviluppo non è dello stesso avviso il Ministro dell’Ambiente Clini che da Rio ha commentato: “Finalmente abbiamo dato concretezza al primo corpo di misure per la crescita sostenibile dell’Italia, e l”economia verde’ assume un ruolo rilevante per portare l’Italia fuori dalla crisi.”
“Tuttavia” ha aggiunto il Ministro “ è necessario dare stabilità ad altre misure, che risentono ancora di una valutazione non strategica sul ruolo degli incentivi fiscali in alcuni settori chiave dello sviluppo: è questo il caso delle agevolazioni fiscali per lavori di ristrutturazione e riqualificazione energetica nell’edilizia”.
Francesca Mancuso