Abbattuto l’ecomostro di Ostuni, ma l’abusivismo edilizio è ancora una piaga nazionale

Demolito lo "scheletro di Ostuni", l'ecomostro realizzato nella metà degli anni '80 e mai completato. E Legambiente presenta un dossier sui manufatti fuorilegge dai dati davvero avvilenti

Abusivismo edilizio: ci sono voluti trent’anni e due caterpillar per buttare giù lo “scheletro di Ostuni“, quell’ecomostro realizzato nella metà degli anni ’80 e mai completato che sorgeva a picco sulla scogliera di Villanova, nel Brindisino. E Legambiente presenta un dossier sui manufatti fuorilegge dai dati davvero avvilenti.

Il manufatto di Ostuni, edificato senza alcun titolo edilizio in una zona che, peraltro, è sottoposta a vincolo paesaggistico, è stato abbattuto sabato 12 aprile, a conclusione della seconda edizione della “Settimana della Bellezza”, iniziata lo scorso 5 aprile e promossa da Legambiente.

L’abbattimento degli immobili fuorilegge, quindi il ripristino della legalità, è il miglior deterrente al nuovo abusivismo – dichiara Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia – La demolizione dell’ecomostro di Villanova è l’ulteriore conferma delle buone politiche di tutela e valorizzazione del territorio promosse in questi anni dal Comune di Ostuni, più volte premiato da Legambiente”.

Ma la demolizione dello scheletro di Ostuni rischia di rimanere una goccia nell’oceano. Dal 2000 al 2011, infatti, sono state ben 46.760 le ordinanze di demolizione nei Comuni capoluogo di provincia di tutta Italia, ma solo 4.956 sono state eseguite, il 10,6% del totale. Alcune strutture abusive, tra l’altro, aspettano la demolizione da decenni. La Puglia, per esempio, rimane terra di conquista per il cemento illegale: qui, l’abusivismo accertato dalle Forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto sul solo demanio marittimo sfiora il 15% del totale nazionale.

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Sono tutti dati che emergono del dossier di Legambiente “L’abusivismo edilizio in Puglia: fotografia di uno scempio“. In Italia è ancora molto basso il rapporto tra ordinanze di demolizione ed effettive esecuzioni, anche quando si tratta di sentenze della magistratura diventate definitive. Non solo, ma l’abusivismo edilizio nel Belpaese è un fenomeno in crescita, con dati allarmanti nelle regioni del sud. Secondo una ricerca del Cresme, dal 2003, l’anno in cui è stato effettuato l’ultimo condono, sono 258mila le case illegali costruite nel nostro Paese e solo nel 2013 sarebbero stati costruiti ben 26mila nuovi immobili illegali, tra ampliamenti volumetrici e nuove costruzioni. Accanto all’abusivismo dei piccoli proprietari, inoltre, c’è sempre da considerare lo scoraggiante fenomeno della criminalità organizzata, resa nota in parte dal rapporto Ecomafia 2013, citato dal dossier.

A primeggiare nella classifica del cemento illegale c’è la Campania, seguita subito dopo da Puglia, dalla Calabria, dalla Sicilia, dal Lazio e dalla Toscana. In risalita anche Lombardia e Trentino Alto Adige. I casi di reato accertati dalle forze dell’ordine nel 2012 sono stati 6.310 ai quali si aggiungono i 2.864 casi di abusivismo edilizio sul demanio marittimo. Un esempio è il residence Punta Grossa, a Porto Cesareo in provincia di Lecce, sequestrato nel 2011, che dal gennaio del 2013 è al centro di un processo con più di 100 persone imputate, tra imprenditori, progettisti, ex amministratori locali, funzionari comunali e regionali, con le accuse di falso, lottizzazione abusiva e violazione delle leggi tributarie. La società immobiliare, che stava realizzando un villaggio turistico da 50 milioni di euro, infatti, non aveva ottenuto i permessi necessari, tra cui le autorizzazioni ambientali, “per un intervento – sostiene Legambiente – che avrebbe causato profonde trasformazioni delle aree”.

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La cosa che più lascia allibiti è il fatto che si sia sì accertata una mole gigantesca di edifici abusivi, ma quasi mai si è provveduto a demolirli: come se le demolizioni siano l’eccezione e non la regola. Uno dei casi più eclatanti di ecomostri condannati ma mai abbattuti, citati nel dossier, è quello del complesso turistico Pino di Lenne, a Palagiano, in provincia di Taranto. Dichiarato abusivo con sentenza della Corte di Cassazione nel 1989, da allora il Comune non è mai intervenuto e l’immobile continua a essere utilizzato dai proprietari per feste, pubblicizzate anche in internet. Un altro caso denunciato da Legambiente è quello di Torre Mileto, in provincia di Foggia, dove a partire dagli anni ’70, è sorta una cittadella fatta da migliaia di villini, che stando a quanto riportato dal dossier, sarebbero “case senza fondamenta, ma a pochi metri dal bagnasciuga. Un insediamento la cui toponomastica è stata suggerita dalla fantasia e segnata con il pennarello su cartelli improvvisati, senza rete fognaria e senza allacci”.

Nel 2009 la Regione Puglia, nell’ambito del Piano d’intervento di recupero territoriale, ha approvato una delibera per l’abbattimento di una parte di queste costruzioni, circa 800, ma a cinque anni di distanza le case sono ancora tutte lì. A riprova che l’abusivismo edilizio vince due volte. A questo si aggiungono tutte le pratiche di condono edilizio perse nel nulla. Prendendo in considerazione sia l’ultimo condono, quello del 2003, sia quelli del 1994 e del 1985, sono state depositate oltre due milioni di domande di sanatoria, di cui ammesse poco più di un milione, respinte circa 27mila e le restanti, precisamente 844.097 sono in attesa di valutazione, molte da ben venti anni.

“L’abusivismo edilizio – conclude Laura Biffi, Osservatorio Nazionale Ambientale e legalità di Legambiente – rappresenta un’autentica piaga nazionale, prospera indisturbato da decenni e non conosce crisi, nutrendosi di alibi e giustificazioni. Ogni ipotesi di sanatoria alimenta nuovo cemento, come è successo con i tre condoni edilizi, quelli del 1985, del 1994 e del 2003. Se, per certi versi, la condanna sociale dell’abusivismo edilizio ha raggiunto una certa maturità, il ripristino della legalità attraverso la rimozione del corpo del reato è un principio che non ha ancora sfondato culturalmente, tanto che quando si muovono le ruspe, il fronte in difesa dei proprietari degli immobili è sempre ampio, compatto e, spesso, politicamente trasversale. Eppure, combattere questa piaga significa, oltre che ristabilire la legge, anche ripristinare il paesaggio violato, patrimonio unico e inimitabile, che con le nostre città, i paesaggi e le spiagge liberati dal cemento selvaggio, devono diventare sinonimo di un turismo di qualità, basato sulla salvaguardia e sulla valorizzazione dell’ambiente, sulla “grande bellezza” dell’Italia”.

LEGGI anche: Abusivismo edilizio: da Legambiente una proposta di legge per frenare il cemento selvaggio

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