E' stato presentato oggi a Roma il rapporto Ecomafie 2012 di Legambiente
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Sono quasi 34mila i reati ambientali scoperti lo scorso anno in Italia, quasi 93 al giorno, con una crescita del 9,7 rispetto al 2010. È la triste realtà evidenziata dal rapporto Ecomafia 2012, presentato oggi da Legambiente alla presenza tra gli altri del Ministro dell’Ambiente Clini, e del Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso.
L’indagine annuale di Legambiente sull’illegalità ambientale non è per nulla incoraggiante. Oltre ai reati ai danni dell’ambiente in senso stretto, sono cresciuti anche quelli legati ai furti delle opere d’arte e dei beni archeologici mentre sono triplicaiti gli illeciti nel settore agroalimentare. Ma c’è un dato che fa davvero tremare e rende l’idea della portata del fenomeno delle ecomafie nel nostro paese: sono 18 le amministrazioni comunali sciolte per infiltrazioni mafiose solo nei primi mesi del 2012. I criminali dell’ambiente nel 2011 hanno accumulato un patrimonio di 16,6 miliardi di euro.
I dati
Il quadro generale fornito dal dossier evidenzia che nel 2011 sono aumentati gli incendi boschivi, che hanno devastato oltre 60 mila ettari di boschi insieme ai reati contro la fauna tra cui il commercio di specie protette, il commercio illegale di pelli pregiate, il bracconaggio, i combattimenti tra cani, le corse ippiche clandestine e la macellazione clandestina. Questi ultimi hanno subito un incremento del 28% con ben 7.494 infrazioni. Male anche per il patrimonio storico, artistico e archeologico che è stato razziato dai numerosi furti, aumentati del 13,1%.
E non va meglio nel settore agroalimentare in cui sono stati accertati 13.867 reati, più che triplicati rispetto al 2010. I sequestri sono stati pari a 1,2 miliardi di euro con un danno erariale di oltre 113 milioni. Va un po’ meglio, ma con cifre sempre troppo elevate, nel settore dei rifiuti, dove le persone denunciate nel ciclo dei rifiuti sono state 5.830 e i reati 5.284 reati. E i rifiuti gestiti illegalmente e sequestrati si sono attestati sulle 346 mila tonnellate. Per rendere l’idea, la stessa quantità di spazio occupata da 13.848 tir disposti in una fila di ben 188 chilometri.
Sono invece 6.662 gli illeciti e 8.745 le persone denunciate (circa 4 al giorno), nel ciclo del cemento, dove alla faccia della crisi, l’abusivismo ha fatto registrare 25.800 casi tra nuove costruzioni o grandi ristrutturazioni, con un fatturato stabile rispetto alle cifre degli anni precedenti e che si aggira attorno a 1,8 miliardi di euro.
Rifiuti in plastica e rottamiferrosi sono i materiali più ambiti dai trafficanti che attraverso trattamenti fittizi e giri bolla riescono a portarli fino alla loro destinazione finale: all’interno di piloni e strade, in vecchie cave, in cantieri edili o in siti oltreconfine.
Dove
Ancora una volta sono le le quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa quelle in cui si è verificata gran parte dei reati del 2011, ossia il 47,7%. In testa c’è ancora la Campania con 5.327 infrazioni, seguita dalla Calabria (3.892), dalla Sicilia (3.552) e dalla Puglia (3.345). Stabile al quinto posto il Lazio con 2.463 infrazioni, mentre la prima regione del nord in classifica è la Lombardia con 1.607 reati seguita dalla Liguria (1.464. Ma la piaga delle ecomafie non colpisce solo il centro-sud. Tra i comuni sciolti per mafia troviamo Bordighera e Ventimiglia in provincia di Imperia, Leinì e Rivarolo in provincia di Torino.
I clan
Come l’erba cattiva, difficili da estirpare, anzi. Continuano ad operare. Finora sono 296 quelli censiti, sei in più rispetto allo scorso anno. Ma lungi dall’idea della “bassa manovalanza”, il dossier fornisce un immagin diversa dell’ecomafioso di professione, che si è evoluto nel corso delle generazioni ed oggi si contraddistingue per buona educazione e cultura, conoscenza delle lingue straniere e aspetto distinto. In una parola: insospettabile.
“Il confine tra legalità e illegalità è sempre più labile – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. Vizi privati e relazioni pubbliche tendono a fondersi in un’unica zona grigia dove lecito e illecito si mischiano e si sostengono a vicenda, spesso con la mediazione di figure interne alla pubblica amministrazione, grazie al collante della corruzione sempre più diffusa”.
Difficile combattere le ecomafie se le infiltrazioni nel pubblico rimangono a livelli così alti. Ma il Presidente di Legambiente sottolinea inoltre che “l’unico strumento che si è dimostrato efficace, la destinazione sociale dei beni confiscati, rischia di essere rimessa in discussione col rischio che torni in campo l’ipotesi della vendita ai privati e quindi la scontata possibilità che i beni tornino in mano ai mafiosi“. Finora, secondo Legambiente, su oltre 10.500 beni confiscati, solo 5.835 sono stati destinati per finalità istituzionali o sociali.
Stringere un patto per l’ambiente e la legalità, questo il monito lanciato dal responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente Enrico Fontana, secondo cui occorre far leva “sull’effettiva applicazione delle leggi” e prevedere “nuove forme di tutela dell’ambiente dai fenomeni di illegalità“. A tal proposito ha lanciato oggi la campagna Abbatti l’abuso: “È da qui che bisogna cominciare, non ci sono scuse. Le case illegali vanno demolite come prevede la legge. In attesa di vedere finalmente l’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel Codice penale, è urgente contrastare questo assalto al Belpaese compiendo tutti il proprio dovere, senza eccezioni“.
Francesca Mancuso