Secondo gli esperti, abbiamo tempo solo fino al 2025 prima che le conseguenze più drammatiche della crisi climatica chiedano il conto: ecco 5 proposte concrete che gli esperti fanno ai governi e a noi per provare a salvare il Pianeta da mettere in pratica in occasione dell'Earth Day (e non solo)
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Siamo ad un passo dalla distruzione, è ormai inutile negarlo. Sono già numerosi gli allarmi lanciati dagli scienziati di tutti il mondo che denunciano gli sprechi delle risorse naturali (in primis dell’acqua), il depauperamento degli ecosistemi (con la conseguente perdita di biodiversità), la deforestazione, l’inquinamento dell’aria.
Bisogna fare qualcosa se ci teniamo a salvare il Pianeta, e bisogna farlo adesso: secondo gli esperti, abbiamo tempo solo fino al 2025 prima che le conseguenze dei danni inflitti al Pianeta diventino irreversibili.
L’attenzione mediatica riservata al tema dell’ambiente e della crisi climatica negli ultimi anni, nel dibattito politico come nei talk show in TV, ha puntato i riflettori su problematiche che gli “addetti al settore” denunciano già da decenni. Tuttavia, proprio questa nuova consapevolezza del problema e dell’urgenza di trovare soluzioni concrete potrebbe rappresentare un’accelerazione nel processo di tutela dell’ambiente.
O almeno è quello che sperano gli scienziati dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite, che hanno stilato un piano per aiutare le persone a capire cosa possono fare già da ora per evitare le conseguenze peggiori derivanti dall’aumento delle temperature: si tratta, in pratica, di cambiare radicalmente il modo in cui produciamo la nostra energia e il nostro cibo. Ecco cinque punti da cui partire.
Abbandonare il carbone (e le altre fonti fossili)
Non è una novità affermare che buona parte delle emissioni di gas serra rilasciate ogni anno nell’atmosfera derivino dalla produzione di energia da fonti fossili – come il petrolio, il gas o il carbone. Abbandonare queste fonti, sostituendole con fonti rinnovabili come il sole o il vento, rappresenterebbe un primo importante passo per contenere le emissioni inquinanti.
Se il mondo vuole rispettare gli Accordi sul Clima siglati a Parigi nel lontano 2015 e riconfermati in occasione della COP26 dello scorso novembre, mantenendo il riscaldamento globale entro +1,5°C, è necessario che le emissioni di gas serra raggiungano il loro picco massimo entro il 2025 e si riducano poi del 43% entro questo decennio.
Arginare le richieste del mondo
Il benessere e le possibilità economiche ci hanno reso poco attenti all’ambiente e alla sostenibilità, e hanno generato una relazione malata con le risorse naturali. Questo si riflette in vari ambiti: eccessivo consumo di carne e prodotti ultra-processati (ricordiamo che ciò che mettiamo nel piatto provoca un terzo delle emissioni inquinanti a livello globale), frequente ricorso a mezzi di trasporto privato, fast fashion sono solo alcune delle nostre “cattive abitudini” che rappresentano una grande fonte di inquinamento.
Secondo l’IPCC, inversioni di tendenza in queste aree potrebbero limitare le emissioni di gas serra dal 40% al 70% entro il 2050 – un bel contributo nel contrasto alla crisi climatica. Questo miraggio, per essere trasformato in realtà, ha bisogno del contributo dei singoli ma anche degli incentivi da parte dei governi.
Investire nel “raffreddamento del clima”
Come al solito, per ogni grande cambiamento c’è bisogno dell’investimento di molto denaro. L’idea di dover spendere tanti soldi nella risoluzione della crisi climatica è fra i fattori che finora hanno rallentato la lotta ai cambiamenti climatici. Tuttavia, ci stiamo accorgendo ora che i costi connessi ai disastri provocati dalla crisi climatica sono ben più alti di quelli necessari a risolverla.
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In pratica, conviene di più alle nostre tasche investire verso soluzioni sostenibili piuttosto che insistere nel finanziamento dei combustibili fossili: secondo l’associazione ambientalista Greenpeace, se i sussidi ai combustibili fossili dai governi venissero eliminati, le emissioni di gas serra si ridurrebbero fino al 10% entro il 2030.
Diminuire il peso ambientale dei super-ricchi
Quanto inquina lo stile di vita delle persone più ricche del Pianeta? Secondo l’IPCC, i più ricchi sono anche quelli che hanno un impatto ambientale maggiore: infatti, il 10% delle famiglie più ricche, con le emissioni pro capite più elevate, contribuisce fino al 45% alle emissioni di gas serra delle famiglie basate sui consumi. La maggiore fonte di inquinamento dei super-ricchi è la mobilità (jet privati, ma anche viaggi spaziali “turistici”).
Cosa fare per risolvere questo problema? C’è chi propone maggiori tasse per chi è più facoltoso, in modo da stimolare un contenimento delle emissioni di gas serra. Al contrario, alcuni degli autori del report propongono invece di incentivare i passi compiuti dai super-ricchi in direzione di progetti sostenibili e nuove tecnologie che possano aiutare concretamente l’ambiente.
Largo alle soluzioni tecnologiche
Fino a pochi anni fa, l’idea di una soluzione “tecnologica” che potesse contribuire alla risoluzione della crisi climatica era impensabile. A metà fra il fantastico e il fantascientifico, le menti più creative hanno ipotizzato di tutto – dall’irrorazione d’acqua nell’atmosfera per raffreddare la Terra alla creazione di scudi che potessero proteggere il Pianeta dall’azione riscaldante dei raggi del Sole.
Purtroppo però, vista la gravità della situazione, gli scienziati dell’IPCC non escludono la necessità di ricorrere ad una rimozione “forzata” di CO2 dall’atmosfera – attraverso soluzioni naturali (come la creazione di nuove foreste) o con l’ausilio di mezzi meccanici (come ad esempio apposite macchine per il filtraggio dell’aria).
Inutile dire che questo ultimo punto non è visto di buon occhio dalla maggior parte degli ambientalisti, che accusano l’IPCC di cedere alle lusinghe dei Paesi produttori di combustibili fossili suggerendo l’uso di tecnologie ad hoc piuttosto che la rinuncia drastica ed immediata alle fonti energetiche più inquinanti.
QUI è possibile leggere il report completo.
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Fonte: IPCC
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