Si sono aperti alle 9 ora italiana, alle 10 in Sudafrica, i negoziati sui cambiamenti climatici. Ma da Durban non si levano voci forti. Sarà l'ennesimo fallimento? Riusciremo ad avere un nuovo Protocollo di Kyoto?
Durban 2011. Si apre oggi la diciassettesima conferenza dell’Onu sui cambiamenti climatici. Si tratta di uno degli appuntamenti più importanti degli ultimi anni, l’ultima occasione per trovare un nuovo accordo vincolante per il dopo Kyoto. Il Protocollo che fino ad ora ha regolamentato la riduzione delle emissioni di elementi inquinanti scadrà nel 2012.
Siamo al giro di boa. Da oggi, 28 novembre fino al 9 dicembre, i rappresentati di circa 200 paesi saranno impegnati nel corso della 17esima Conferenza delle parti (Cop 17), a trovare una soluzione immediata e senza scappatoie al problema dei cambiamenti climatici.
Ma, nonostante si tratti di un momento delicato e di un incontro particolarmente importante, regna il silenzio su Durban. Due saranno i principali nodi da sciogliere in queste due settimane di incontri.
In primo luogo, un nuovo accordo che possa sostituire il Protocollo di Kyoto, valido fino al 2012. In questo caso, tutti gli stati dovranno assumersi gli analoghi impegni, per non vedere affondare la possibilità di un nuovo accordo. Una delle ipotesi più accreditate riguarda la possibilità di adottare un regime transitorio fino al 2020, e nel contempo giungere alla stipula di un nuovo accordo globale sulla riduzione delle emissioni di gas serra.
La seconda decisione da prendere a Durban sarà quella legata al Fondo verde per il clima. Da stabilire saranno la funzione e le regole per il Fondo, da adottare per aiutare i Paesi in Via di sviluppo nella crescita sostenibile. In questo caso, sarà necessario stabilire a chi affidarne la gestione e la responsabilità. Un vero e proprio tesoro: 100 miliardi di dollari da investire a favore dello sviluppo sostenibile delle economie emergenti. Se ne parlò durante la conferenza di Copenhagen, la questione tornò alla ribalta a Cancun. Ma adesso sarà necessario stabilire come gestire e sostenere il Fondo: tra le possibilità le tasse sui trasporti aerei o marittimi, sui comparti economici più generatori di gas serra, o sulle transazioni finanziarie. Altro punto sul tavolo dei negoziati sarà quello di combattere la deforestazione.
Una delle poche voci che si è levata alla vigilia dell’apertura del l’ultimo round di negoziati sul clima a Durban è stata quella di Greenpeace, secondo cui “è tempo per i nostri governi di iniziare ad ascoltare la gente che desidera la fine della nostra dipendenza dai combustibili fossili e nuove azioni concrete e reali sui cambiamenti climatici”.
Inoltre, secondo gli ambientalisti, la conferenza sarà l’occasione per l’adozione di una roadmap chiara verso un nuovo accordo globale, che garantisca a tutti i paesi di intervenire per ridurre le emissioni e un supporto tecnico finanziario per i paesi poveri.
“Lo sforzo globale stessa non deve fallire a causa degli Stati Uniti“, ha detto Tove Ryding, coordinatore di Greenpeace International per la politica climatica, secondo cui questa dell’inattività degli Usa suona come una scusa additata da tutti gli altri paesi, inclusa l’Ue, per non agire.
Queste le richieste di Greenpeace rivolte ai governi impegnati a Durban:
- • Assicurare un picco globale delle emissioni entro il 2015.
- • Riduzione delle emissioni: colmare il divario tra politica e scienza
- • Assicurarsi che il protocollo di Kyoto continui e fornire un mandato per uno strumento globale giuridicamente vincolante
- • Stabilire un accordo finanziario sul clima
- • Istituire un quadro per la Protezione delle foreste nei Paesi in via di sviluppo
- • Rispondere alle esigenze dei paesi più vulnerabili
- • Assicurarsi la tecnologia e la cooperazione globale sull’Energy Finance
- • Assicurarsi la trasparenza nella valutazione e nel monitoraggio degli impegni e delle azioni a livello intenazionale
- • Assicurare la partecipazione, la trasparenza, la democrazia nell’UNFCCC
“Nessuno sta dicendo che sia facile, se fosse facile sarebbe stato fatto da tempo. Ma che non c’è alcuna ragione per continuare a sprecare migliaia di miliardi di dollari di investimenti in energia ‘sporca’ invece di investire in un futuro di energie rinnovabili“, ha sottolineato Ryding.
Come dargli torto? Non c’è alcuna ragione, solo pura follia.