Conferenza di Durban 2011: ancora bozze, niente accordi. Anche Clini scettico

Il ministro dell'Ambiente Corrado Clini pronto per la Conferenza di Durban. Ma intanto gli attivisti di Greenpeace accusano le grandi multinazionali

Durban sarà una missione prettamente esplorativa sulle modalità di trovare più avanti un accordo“. Poche le speranze del Ministro dell’Ambiente Corrado Clini, di giungere ad un nuovo accordo internazionale per il dopo Kyoto? A quanto pare, sembrano sempre meno le possibilità di raggiungere gli obiettivi auspicati, ossia un nuovo Protocollo di Kyoto e il Fondo verde per il clima.

Per Clinisi tratta di far convergere le strategie energetiche globali e gli investimenti sull’energia con gli obiettivi ambientali. Dobbiamo avere una strategia globale da qui ai prossimi 30 anni”.

In attesa di raggiungere il Sudafrica, il Ministro dell’ambiente fornisce la ricetta contro i cambiamenti climatici: “Un partenariato tra economie sviluppate e quelle emergenti per un’economia globale ‘decarbonizzata’ basata su regole condivise, sulla cooperazione tecnologica, misure e incentivi globali a favore di energie e tecnologie a basso tenore di carbonio“.

E quando parla di cooperazione internazionale, Clini si riferisce in particolare ad alcuni Paesi recalcitranti, da coinvolgere nella lotta al global warming: “La domanda di energia – spiega Clini – cresce soprattutto nei paesi in via di sviluppo (dalla Cina al Sudafrica, dall’India al Brasile, dal Messico all’Indonesia) e nessuno può chiedere a questi paesi di bloccare la propria crescita economica“. Capito questo, occorre però tener conto che occorre indirizzare tali paesi in direzione di uno sviluppo sostenibile, puntanto sulle fonti rinnovabili. Basti pensare che la Cina, oggi, supera di gran lunga gli Stati Uniti, col 24% di emissioni di Co2, contro il 18% americano e l’11% europeo.

Continua Clini: “D’altra parte l’aumento della domanda di energia può essere disgiunto dall’aumento delle emissioni sviluppando e usando fonti energetiche e tecnologie a basso contenuto di carbonio a cominciare dalle rinnovabili“.

Intanto inizia l’ultima settimana di negoziati nell’ambito della diciassettesima Conferenza delle Parti, cui partecipano 195 paesi. Domani i delegati italiani saranno a Durban. E legambiente lancia un invito ai nostri rappresentati: “In questa partitadichiara il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza l’Europa ha la possibilità di tornare a svolgere un ruolo di leadership nella lotta contro i mutamenti climatici, battendosi per rinnovare il protocollo di Kyoto la cui applicazione termina a fine 2012. Si tratta per l’Ue di un impegno che non richiede grandi sforzi aggiuntivi rispetto all’obiettivo comunitario già fissato del 20% di riduzione delle emissioni entro il 2020 e di un aggiornamento al 30% entro la stessa data. L’aggiornamento sarebbe, per altro, una procedura tecnica, già prevista dal Protocollo di Montreal per la protezione dello strato d’ozono, che non comporta una nuova ratifica.”

Altrettanto importante, secondo Legambiente, è la definizione di un mandato negoziale con relativa roadmap per giungere a un nuovo accordo globale entro il 2015: “L’Europa ha la possibilità di costruire un’alleanza trasversale tra i paesi industrializzati e in via di sviluppo in grado di spingere Stati Uniti, Cina e India ad approvare un mandato per sottoscrivere un accordo globale che abbia come architrave il protocollo di Kyoto. Il nuovo accordo dovrà rispettare i principi di equità riconosciuti dalla convenzione sul clima (UNFCCC), tener conto delle responsabilità storiche dei paesi industrializzati, essere adottato entro il 2015 ed entrare in vigore non oltre la fine del secondo periodo d’impegno del protocollo di Kyoto. Solo in questo modo sarà possibile avviare un processo credibile di riduzione delle emissioni – in coerenza con le ultime previsioni scientifiche – di almeno l’80% entro il 2050 e tenere sotto controllo i mutamenti climatici in atto“.

E infine rendere operativi gli accordi presi l’anno scorso alla conferenza di Cancún, tra cui quello del Fondo verde per il clima (Green Climate Fund) da avviare entro il 2013.

All’avvio dei lavori, anche gli attivisti di Greenpeace hanno fatto sentire la propria voce con un’azione dimostrativa. Insieme ad altre ONG, gli ambientalisti hanno manifestato contro “Quella sporca Dozzina” riferendosi alle industrie ad alta intensità di carbonio che stanno remando contro la lotta ai cambiamenti climatici. Questa mattina sei scalatori di Greenpeace hanno occupato pacificamente il World Business Council on Sustainable Development Conference e sono stati arrestati durante il tentativo di appendere uno striscione con su scritto: “Listen to the People, not the Polluters”, Ascoltate le persone, non chi inquina. Alcuni pupazzi a grandezza naturale sono stati esposti a Durban e rappresentavano aziende, tra cui Shell, Koch Industries e Eskom. Queste ultime, secondo Greenpeace, dovrebbero vergognarsi di compromettere “le trattative globali per affrontare il cambiamento climatico”.

Mettere prima il profitto privato e poi la sicurezza della gente è “moralmente ripugnante” secondo Kumi Naidoo, Direttore Internazionale esecutivo di Greenpeace International: “I nostri leader politici hanno bisogno di chiudere la porta a queste società inquinanti e ascoltare il popolo, non gli inquinatori“.

Messaggio lanciato. Chissà se verrà quantomeno ascoltato.

Francesca Mancuso

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