Ogni Paese del mondo, con particolare riferimento agli Stati maggiormente caratterizzati dall’industrializzazione, dovrebbe porre particolare attenzione alla riduzione delle emissioni di Co2 prodotte sul proprio territorio. Studi recenti hanno rivelato come le donne potrebbero giocare un ruolo fondamentale nel porre maggiore attenzione alle questioni ambientali, sia a livello economico che politico, se soltanto fosse loro garantita una maggiore possibilità di ricoprire incarichi di rilievo. E’ stato provato statisticamente che, quando le donne sono al potere, il quantitativo di Co2 emessa da ogni abitante di un determinato stato diminuisce sensibilmente.
Ogni Paese del mondo, con particolare riferimento agli Stati maggiormente caratterizzati dall’industrializzazione, dovrebbe porre particolare attenzione alla riduzione delle emissioni di Co2 prodotte sul proprio territorio. Studi recenti hanno rivelato come le donne potrebbero giocare un ruolo fondamentale nel porre maggiore attenzione alle questioni ambientali, sia a livello economico che politico, se soltanto fosse loro garantita una maggiore possibilità di ricoprire incarichi di rilievo. È stato provato statisticamente che, quando le donne sono al potere, il quantitativo di Co2 emessa da ogni abitante di un determinato stato diminuisce sensibilmente.
Lo studio più recente in merito è stato condotto presso il Dipartimento di Sociologia dell’Università dell’Oregon da parte di Christina Ergas e Richard York. Le loro ricerche hanno condotto a rilevare come le emissioni di Co2 calcolate per gli Stati in cui alle donne è concesso ricoprire incarichi politici di alto livello siano minori rispetto a quanto avverrebbe in Paesi in cui il contributo femminile alle decisioni in materia ambientale sia drasticamente minore. La ricerca non manca inoltre di sottolineare come le emissioni inquinanti aumentino ulteriormente nel caso si prenda in considerazione una nazione che, oltre ad essere governata prevalentemente da uomini, indirizzi gran parte del proprio patrimonio economico verso azioni di tipo militare.
Le nazioni che, da un più ampio lasso di tempo, avrebbero concesso alle donne diritto di voto e pari dignità lavorativa e politica, oltre ad aver garantito ad un consistente numero di esse la possibilità di rivestire ruoli sociali di spicco, tendono a presentare dati relativamente più bassi rispetto alla quantità di emissioni di Co2 pro capite. I ricercatori non sono giunti ad una risposta univoca per chiarire le motivazioni per cui ciò avvenga, ma si sono rivelati in grado di formulare alcune ipotesi interessanti.
Pare, prima di tutto, che le donne al potere riescano a focalizzare più facilmente degli uomini la propria attenzione sulla ricerca di soluzioni a problemi che riguardano inquinamento, qualità dell’aria e della vita, mobilità sostenibile e difesa dell’ambiente. Tale comportamento sarebbe strettamente imputabile all’istinto femminile, grazie al quale nel corso dei secoli le donne sono state decretate come le più adatte a ricoprire i ruoli che tradizionalmente le vedevano impegnate nella coltivazione dei frutti della terra che si sarebbero trasformati nel cibo da destinare ai figli, nella cura della casa e degli spazi circostanti, nonché della famiglia, oltre che prescelte per lo svolgimento di compiti di vitale importanza come l’approvvigionamento dell’acqua o la raccolta della legna, tutte attività da esse condotte sulla base della propria volontà di proteggere sia il proprio nucleo affettivo che il proprio habitat.
Secondo quanto rilevato dai ricercatori, perché vengano realmente attuati dei cambiamenti all’interno delle politiche nazionali, le donne dovrebbero detenere almeno un terzo delle posizione di spicco in materia. Nel caso la loro presenza fosse più esigua, infatti, si correrebbe il rischio che il loro parere non venga ascoltato o supportato dalla controparte maschile, oppure a loro stesse potrebbe mancare il coraggio necessario per intervenire individualmente. Un numero scarso di donne al potere potrebbe non essere in grado di rappresentare in toto la volontà delle elettrici e si potrebbe infine incorrere nel rischio che esse siano state prescelte sulla base del fatto che i loro pareri individuali fossero risultati analoghi a quanto espresso dagli uomini.
Ergas e York hanno sottolineato, infine, come negli Stati Uniti le donne mostrino di conoscere in maniera più approfondita rispetto agli uomini le tematiche relative ai cambiamenti climatici, come tendano a percepire rischi e danni ambientali con più spiccata sensibilità, e come sappiano prendere parte attivamente e con elevate percentuali di partecipazione a movimenti di stampo ambientalista, volti a portare a termine progetti di reale rinnovamento. Negli Stati Uniti circa l’80% delle posizioni di potere è occupato da uomini e la situazione italiana non appare certamente migliore in tal senso. Che sia giunto il momento di dare vita ad un reale mutamento di prospettiva?
Marta Albè