Dissesto idrogeologico: ecco come prevenire frane e alluvioni

Con l'arrivo delle prime piogge torna puntuale anche la polemica sul dissesto idrogeologico nella nostra Penisola. Perché in Italia di maltempo si muore. I fatti avvenuti in questi giorni si vanno a sommare alle tanti disastri dovuti a frane e alluvioni che si trasformano sistematicamente in tradegie annunciate.

 

Con l’arrivo delle prime piogge torna puntuale anche la polemica sul dissesto idrogeologico nella nostra Penisola. Perché in Italia di maltempo si muore. I fatti avvenuti in questi giorni si vanno a sommare alle tanti disastri dovuti a frane e alluvioni che si trasformano sistematicamente in tradegie annunciate.

Disgustose le polemiche politiche sulle tragedie. Per il dissesto idrogeologico per la prima volta sono stati stanziati fondi rilevanti e finalmente è stato avviato un serio programma di prevenzione. È veramente disgustoso che su tragedie che sono costate la perdita di vite umane si inneschi una polemica politica su ciò che il governo ha fatto o non ha fatto sul dissesto idrogeologico. Polemica innescata con dichiarazioni retoriche, spacciando carte false per vere e seminando numeri a caso”. Con queste parole il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha voluto spegnere i toni e le polemiche di questi giorni presentando il suo piano di finanziamento.

Secondo la Prestigiacomo, l’operato del governo è lodevole, perché ha messo fine alla parcellizzazione dei finanziamenti ai singoli comuni che ne facevano richiesta, per stanziare un finanziamento complessivo di 2 miliardi di euro.

Intanto, però il dramma delle alluvioni nel nostro Paese non è ancora finito. Anzi! Con il ritorno delle piogge massicce, che da nord a sud stanno mettendo in ginocchio diversi abitati e molte infrastrutture, si è riaffacciato pesantemente il pericolo di alluvioni e valanghe.

Per arginare il problema è necessario superare una volta per tutte la logica dell’emergenza e dell’intervento tampone (molto comune e frequente nel nostro Paese) e puntare su soluzioni efficaci, strutturali e definitive.
In particolare per il WWF sono 5 i punti fondamentali su cui intervenire per risolvere il problema in maniera sinergica e adeguata:
  • istituire le Autorità di distretto, come previsto dalle direttive europee, affidando loro il coordinamento delle misure e degli interventi per difendere i terreni e le acque della zona;
  • in secondo luogo, per redigere programmi adeguati per la difesa, la gestione e la manutenzione del suolo sarebbe opportuno riferirsi al bacino idrografico e non ai confini amministrativi regionali, come avviene oggi.
  • Terzo: è necessario recuperare i finanziamenti per la difesa del suolo che sono stati drasticamente tagliati nell’ultima finanziaria;
  • garantire una progettazione multidisciplinare. Per pianificare e difendere il territorio è necessario mettere in campo competenze diverse, che vanno dalla idrogeologia all’ecologia, passando per le scienze forestali.
  • Il quinto punto della ricetta del WWF riguarda l’avviamento di un’azione diffusa per rilanciare il territorio, che prevede il ripristino di piante e arbusti in grado di impedire le frane e le valanghe.

Secondo l’associazione ambientalista, se il nostro Paese riuscisse a mettere in atto e portare avanti questi cinque punti, il rischio idraulico italiano si ridurrebbe sensibilmente.

Dello stesso avviso Legambiente, che conferma come la volontà politica (se solo ci fosse) potrebbe mettere in sicurezza ogni anno ben 600 comuni. Per capirlo basta guardare le cifre spese per affrontare l’emergenza e quelle destinate alla prevenzione e alla tutela del territorio.
Il budget del 2009 destinato al recupero di zone già colpite da alluvioni ammonta a 238.394.400 di euro, mentre per la messa in sicurezza – utile quindi ad evitare i danni futuri – è stato stanziato un miliardo di euro.

 

Secondo la ricetta lanciata da Legambiente, basterebbe un milione e mezzo di euro per realizzare sette tipologie differenti di intervento e mettere fine al disastro idrogeologico italiano, organizzando tanti interventi possibili sul reticolo idrografico minore, ovvero fiumi, torrenti e fossi che oggi sono la vera emergenza dell’Italia.

 

L’ennesima gravissima tragedia legata al maltempo e al dissesto idrogeologico ci impone di ragionare concretamente e rapidamente sugli effettivi interventi necessari a mettere in sicurezza il Paese e la popolazione che purtroppo, sempre più spesso, a causa dei fenomeni climatici estremi, saranno esposti al rischio – ha detto Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente -. Più che continuare a pensare a quanto può costare una generica messa in sicurezza complessiva del Paese, bisognerebbe cominciare ad agire concretamente e utilizzare il famoso miliardo di euro stanziato dal ministero dell’Ambiente per mettere in sicurezza 600 comuni ogni anno”.

 

Senza considerare gli interventi sui grandi bacini, più complessi e costosi – ha continuato Cogliati Dezza –, con circa un milione e mezzo di euro è possibile intanto realizzare opere come la manutenzione ordinaria dei tratti cittadini, la stabilizzazione del movimento franoso, gli interventi di ingegneria naturalistica, la demolizione delle case in alveo ecc. Tutti interventi necessari e concretamente realizzabili che, con le debite proporzioni, possono essere riproposti in tantissimi comuni per rendere sicuri i territori solcati da torrenti e fiumare. E se questo non bastasse a sistemare tutte le emergenze e le situazioni a rischio del Paese, permetterebbe però di agire con esiti determinanti in tante località, circa 600 ogni anno, che sarebbero messe al sicuro concretamente invece di perdere tempo a pensare a quale enorme cifra potrebbe servire per sistemare tutta la Penisola”.

Ma dal Ministero non ci stanno e spiegano come invece l’operato del Governo sia lodevole: Il Governo ha fatto ciò che era giusto fare. – spiega la Prestigiacmo – Ha posto fine al regime della parcellizzazione degli interventi. Ha predisposto uno stanziamento straordinario di un miliardo di euro che sommati alle risorse per l’anno in corso sono diventati un miliardo e 300 milioni di euro, da raddoppiare con gli stanziamenti delle regioni. Con un budget di oltre 2 miliardi e mezzo di euro si può cominciare a fare prevenzione in modo serio, intervenendo sulle aree più a rischio attraverso accordi di programma con le regioni, stilando scalette di priorità assieme alla protezione civile nazionale e regionale, alle autorità di bacino e agli enti locali. È quello che stiamo facendo. Abbiamo già firmato 5 accordi con Abruzzo, Lazio, Liguria, Sicilia e Umbria. A giorni saranno siglati gli accordi con Campania, Emilia Romagna, Lombardia, Sardegna e Toscana per un impegno complessivo di 1 miliardo e 345 milioni di euro, di cui 679 milioni di euro statali e 666 regionali. Entro la fine dell’anno saranno definiti gli accordi di programma con tutte le altre regioni e si procederà alla realizzazione degli interventi con procedure semplificate e urgenti. Naturalmente si tratta solo di una prima tranche di finanziamenti, altri ne serviranno in seguito per continuare negli interventi.

Ma allora perché sembra sempre di vedere un film già visto?

Verdiana Amorosi

 

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