La più grande discarica di veleni in Europa: 185mila tonnellate di diossina, benzene, cloruri e metalli pesanti, tra cui mercurio e piombo. Non è Taranto, in Puglia, non è Seveso, in Lombardia, non è nemmeno il Poligono di Teulada, in Sardegna. È un altro grave disastro ambientale tutto italiano lungo decenni e si trova in Abruzzo
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Il problema, qui, è stato (anche) la pioggia, che si è unita alle molecole delle sostanze tossiche e le ha portate nel suolo. E dal suolo ai fiumi e dai fiumi ai pesci e a noi. Per questo motivo è stata coperta. Ma la discarica di Bussi sul Tirino, uno spazio di 235 ettari su oltre 9 chilometri in un’area compresa tra 10 Comuni tra le province di Pescara e di Chieti, è un’altra storia all’italiana destinata a non finire mai.
“Discarica” perché qui, con gli anni, si sono ammassati arsenico, piombo e mercurio con concentrazioni superiori a quelle previste dalla legge.
Soprattutto per il mercurio nei sedimenti fluviali fino a quattro metri di profondità, dice chiaramente il direttore generale dell’Agenzia regionale per la tutela dell’Ambiente (Arta), Maurizio Dionisio.
Cosa è successo
Nell’arco di gran parte del ‘900, nell’area attorno al Comune di Bussi sul Tirino, nella provincia di Pescara, si sono svolte attività industriali chimiche da parte di società come Elettrochimica Volta, Elettrochimica Novarese, poi Montecatini, Montedison, Ausimont, Montefluos (impianti di produzione di: Tetracloruro di Carbonio (dal 1905-10 al 1945); Fosgene (dal 1914 al 1945); Acetilene/Trielina (dal 1935-40 al 1963); Dicloroetano (dal 1947 al 1954-70); Piomboalchili (dal 1935 al 1996); Clorometani (dal 1963 al 2007); Cloro-soda (con celle a Mercurio dal 1930 al 2007, poi convertito con celle a membrana). Nel 2002 la società Solvay ha acquisito le aree e continuato la produzione mediante alcuni impianti (cloro-soda). E dall’1 agosto 2016 la Società Chimica Bussi è diventata proprietaria e gestore degli impianti (cloro-soda, policloruro di alluminio e clorito di sodio; eureco; centrali idroelettriche).
Che cosa si è fatto
Nel marzo 2007 gli agenti della forestale di Pescara trovarono una mega discarica di roba tossica. Partirono poi le indagini e vennero scoperti migliaia di metri cubi di sostanze tossiche interrate in un’area di circa 40 mila metri quadrati, nei pressi del polo chimico e a meno di 20 metri di distanza dalla sponda destra del fiume Pescara. Nel 2008 fu istituito e perimetrato il SIN di “Bussi sul Tirino”.
Cloroformio, tetracloruro di carbonio, esacloroetano, tricloroetilene, triclorobenzeni, metalli pesanti: la discarica fu posta sotto sequestro e a seguito di altri accertamenti e altre discariche scoperte, furono emessi 33 avvisi di garanzia nei confronti degli allora vertici dell’Aca (Azienda Consortile Acquedottistica) di Pescara, dell’Ato (Ambito Territoriale Ottimale) e di ex amministratori della Montedison, che dagli anni 60′ al 2001 si era occupata della gestione del polo chimico, acquisito nel 2002 dalla Solvay. A febbraio 2009 era arrivata la richiesta di rinvio a giudizio per 27 persone. A fine 2009, partì il processo che si è concluso nel 2013 con 19 rinvii a giudizio per avvelenamento delle acque tra cui alcuni ex amministratori della Montedison. Si attendeva adesso la decisione della Corte d’Assise di Chieti, che ha optato per l’assoluzione.
Ne abbiamo parlato qui: Discarica di Bussi: tutti assolti. Un’altra vergogna italiana dopo il caso Eternit
Nel 2016 è stato ridefinito il perimetro attarverso lo stralcio di un’area non contaminata pari a circa 2,6 ettari, sita a monte dello stabilimento industriale di Bussi. Da ultimo, nel 2021 il perimetro è stato ridefinito mediante l’inclusione di una ulteriore porzione di circa 4 ettari in località Piano d’Orta, nel Comune di Bolognano, interessata dalla presenza di rifiuti simili a quelli già rilevati all’interno del SIN.
A che punto siamo
Secondo quanto si legge sul sito del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SnpAmbiente), le zone pubbliche interessate dall’opera di caratterizzazione ambientale hanno riguardato l’area occupata dalla discarica in località “Tre Monti”, la Stazione ferroviaria di Bussi Sul Tirino e le pertinenze dell’Anas, dell’Aca (azienda acquedottistica) e delle altre ditte operanti in zona; il polo chimico industriale e altri siti produttivi situati nel comune di Bussi sul Tirino (includendo sia gli impianti attivi che quelli dismessi), nonché le aree di pertinenza privata esterne al perimetro degli stabilimenti tra le quali quelle interessate dalle discariche 2A e 2B lungo la valle del fiume Trino; il campo pozzi “Colle Sant’Angelo”; il sito industriale dismesso ex Montecatini in località Piano d’Orta di Bolognano; le aree di sedimentazione in prossimità degli sbarramenti idroelettrici presenti sul fiume Pescara e i successivi rilasci.
Le tipologie di campioni prelevate sono derivate da terreni di sondaggio e trincea, top soli (ossia terreno di superficie), sedimenti fluviali, rifiuti interrati e in alveo, acque superficiali e sotterranee, tronchetti nell’ambito delle attività di phytoscreening – intendendo lo screening effettuato tramite vegetazione – e di soli gas.
Il sito di interesse comunitario di 232 ettari non ha ancora una perimetrazione completa, lasciando fuori aree con ogni probabilità inquinate, su cui mancano analisi delle sostanze e l’individuazione dei responsabili – si legge – ed ancora non si ha uno studio epidemiologico aggiornato e completo sugli effetti per la salute di circa 400mila persone che vivono sul territorio e hanno bevuto per anni l’acqua contaminata delle falde. Nel 2011 il Ministero dell’Ambiente ha stanziato 50 milioni di euro per il primo intervento di bonifica.
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Fonti: MITE / SnpAmbiente
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