L'ennesimo disastro ambientale passato quasi sotto silenzio. Una grossa fuoriuscita di petrolio sta contaminando il fiume Marañon, uno dei principali affluenti del Rio delle Amazzoni. Una nuova marea nera nei pressi della città di Chiriaco, in Perù
L’ennesimo disastro ambientale passato quasi sotto silenzio. Una grossa fuoriuscita di petrolio sta contaminando il fiume Marañon, uno dei principali affluenti del Rio delle Amazzoni. Il Perù soffre a causa di due nuove maree nere.
Dopo il grave disastro che ha colpito il Brasile, l’America del Sud deve fare i conti con un’altra pagina nera quanto il petrolio che ne è protagonista. L’oleodotto della compagnia petrolifera di stato Petroperu è stato danneggiato da una frana, secondo quanto riferito dalla stessa società che avrebbe provato a limitare i danni cercando di contenere il petrolio fuoriuscito.
Ma le violente piogge, rafforzate dal fenomeno climatico El Niño, hanno portato via le barriere. Finora si contano due fuoriuscite: la prima avvenuta il 25 gennaio nella provincia di Bagua Amazonas, a pochi km da un torrente che alimenta il fiume Marañon, un importante affluente del Rio delle Amazzoni. La seconda fuoriuscita dalla stessa conduttura è avvenuta il 3 febbraio nella provincia di Datem del Marañon, nel vicino stato di Loreto.
Pesci, vegetazione e fiumi sono coperti da chiazze nere. La fuoriuscita ha raggiunto anche gli affluenti del Maranon. Secondo quanto confermato dalla compagnia petrolifera Petroperu, si tratta di una zona con versanti ripidi, umidi e inclini alla saturazione quando piove.
“Petroperu ha attivato il piano di emergenza per controllare la fuoriuscita, con la mobilitazione di personale qualificato tecnico, macchinari e attrezzature con cui ha diretto il servizio di soccorso stradale e ha iniziato il processo di bonifica dell’area. Le operazioni richiedono un lavoro approfondito a causa della morfologia del territorio e delle condizioni meteorologiche avverse”.
Un’organizzazione di indigeni ha detto che il Rio Marañon è stato contaminato. Tuttavia il presidente della società petrolifera German Velasquez ha risposto che non è così, grazie ad una risposta rapida da parte della società.
Il problema è un altro. Le strutture risalgono agli anni ’60 quindi la gestione di impianti così vecchi deve essere rivista per evitare incidenti di questo tipo.
“Dobbiamo proteggere la foresta amazzonica, ma anche i raccolti, e molti sono stati colpiti” ha detto il Ministro dell’ambiente Manuel Pulgar. “L’azienda di stato dovrà essere punita con l’ammenda più elevata.”
Finora si parla di sanzioni pari a 17 milioni di dollari. Come se non bastasse, Petroperu è stata accusata di aver utilizzato dei minori per arginare la situazione di emergenza, pagandoli 2 dollari per ogni secchio di greggio rimosso. Dal canto suo, il presidente Velásquez si è difeso dicendo di non aver assunto alcun minorenne per la riparazione, il recupero del petrolio e la bonifica ambientale del danno che si è verificato nei pressi della città di Chiriaco.
“Totalmente esclusa la presenza o l’impiego di bambini nel lavoro di bonifica. Sono stato personalmente nella zona e vi posso assicurare che Petroperu non usa minori in qualsiasi tipo di lavoro”.
La provincia di Bagua, nella regione di Amazonas nel 2009 è stata lo scenario delle proteste contro l’esplorazione petrolifera che oppose gli indigeni agli agenti di polizia. Vi furono scontri sanguinosi, con decine di morti.
Quanti disastri ambientali dovremo ancora raccontare prima che si possa dire addio al petrolio? Gli interessi economici valgono più della sicurezza ambientale?
Francesca Mancuso
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