10 anni fa, più di 2.300 barili di petrolio contaminarono il torrente Cuninico, colpendo la popolazione di Kukama Kukamiria. Nel 2020 la Corte Costituzionale ha ordinato un risarcimento alle persone colpite dal disastro ambientale, ma ad oggi non è stato fatto nulla
Rispetto ad alcune delle più famigerate fuoriuscite di petrolio del mondo, come la Exxon Valdez negli Stati Uniti o la Prestige al largo delle coste spagnole, quella a monte del villaggio indigeno Kukama di Cuninico fu, tutto sommato, “piccola”: circa 2.300 barili di petrolio. Sono davvero pochi? Non esattamente. In questa parte di mondo, dove la maggior parte degli abitanti dei villaggi si affida all’acqua di superficie per bere, cucinare e fare il bagno e non ha modo di rimuovere i contaminanti industriali, anche una piccola fuoriuscita è disastrosa.
E così, un decennio fa, la fuoriuscita di 2.358 barili di petrolio segnò la vita delle comunità indigene di Cuninico, sul fiume Marañón, nel nord del Perù. La loro lotta iniziò quello stesso terribile giorno, quello in cui scoprirono che il petrolio greggio fuoriuscito dall’oleodotto della compagnia statale Petroperú avrebbe per sempre cambiato le loro abitudini.
Qui, tra le comunità indigene di San José de Saramuro – nel distretto di Urarinas, provincia e regione di Loreto – la situazione è ancora ad oggi assai grave: il fiume Marañón era tradizionalmente la fonte d’acqua degli abitanti del villaggio per bere, cucinare, fare il bagno e lavare i vestiti e le stoviglie. Ora non lo è più e da anni gli indigeni non hanno una fonte sicura di acqua potabile e non hanno modo di depurare l’acqua del fiume, che mostra ancora tracce di petrolio soprattutto dopo una forte pioggia.
Una situazione che è rimasta in uno stallo allucinante, tanto che – solo per fare un esempio – la possibilità per quelle comunità di ottenere un impianto temporaneo di depurazione dell’acqua fu stroncata già nel 2015, quando una commissione governativa dichiarò persino pulito il sito della fuoriuscita, anche se mescolando l’acqua intorno all’oleodotto si è liberata una serie di bolle oleose con un forte odore di benzina.
Oggi, a dieci anni dal disastro ambientale, la popolazione Kukama Kukamiria di Cuninico ha ancora difficoltà a reperire acqua, vive di stenti e, soprattutto, l’azienda statale che l’ha provocato non intende in alcun modo risarcire. E non solo: quando nel 2014 l’oleodotto che attraversa il fiume Cuninico a monte ha perso quei barili di petrolio, nessuno avvertì i residenti di Cuninico di non bere l’acqua o di non mangiare il pesce. I funzionari di Petroperú, anzi, insistettero sul fatto che la fuoriuscita era contenuta nel canale che funge da conduttura e che l’acqua del fiume era potabile.
Dieci anni non sono bastati? Proprio no. Contrariamente a quanto molti credono, le conseguenze della fuoriuscita non sono mai scomparse. Ogni volta che c’è un’alluvione nel fiume e l’acqua ritorna e allaga le fattorie e le sponde, il petrolio riaffiora. L’acqua e i pesci vengono nuovamente contaminati, e con esso ritornano i problemi di salute, che colpiscono soprattutto i bambini, le donne incinte, gli anziani e i neonati.
Cucunico e i danni causati dal petrolio
Più di 560 fuoriuscite di petrolio hanno colpito l’Amazzonia peruviana negli ultimi 25 anni, secondo la ricerca di Oxfam The Shadow of Hydrocarbons in Perù. In quella lista, Cuninico è una delle più grandi fuoriuscite nella storia peruviana e un caso emblematico per le sue ripercussioni, ma dal 1997 al 2023, lo Stato peruviano ha registrato 1462 emergenze dovute a fuoriuscite di petrolio, di cui 831 avvenute nella giungla, 609 sulla costa e 22 in montagna. A livello regionale, Loreto e Piura concentrano l’87% delle emergenze (rispettivamente 707 e 566).
In effetti, questa è la prima fuoriuscita per cui l’Agenzia per la Valutazione e l’Ispezione Ambientale (OEFA) ha riconosciuto la responsabilità amministrativa di Petroperú a causa della mancata manutenzione dell’oleodotto del Nord Perù, e il danno reale alla flora e alla fauna e il potenziale danno alla vita e alla salute umana. Inoltre, è il primo sversamento in cui una sentenza della Corte Costituzionale ordina un risarcimento economico da parte dell’azienda statale alle comunità per i danni causati dall’inquinamento.
Secondo la ricerca, i danni hanno impattato sulla pesca, caccia, raccolta e piante medicinali.
È un campanello d’allarme che l’impatto della fuoriuscita non è qualcosa di astratto, ci sono famiglie che dipendono da quel territorio che ora hanno bisogni che prima non avevano, spiega Kely Alfaro, economista e autore della ricerca. Inquinare le risorse naturali significa impoverire le comunità.
Quanto al resto, come dicevamo, negli ultimi 25 anni, le fuoriuscite di petrolio hanno causato la contaminazione dei suoli, delle acque e della salute di migliaia di persone, soprattutto in regioni come Piura e Loreto, aree che hanno importanti lotti petroliferi nel loro territorio e ospitano l’oleodotto del Nord Peruviano.
Disastri che si ripetono, uno dopo l’altro, nel silenzio generale del mondo intero.
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