Tsunami e terremoti, colpa della deforestazione. I disastri in una mappa

Distruggere le foreste fa male al pianeta, non solo per la maggiore presenza di emissioni inquinanti ma anche perché ci mettono al riparo da alcune catastrofi naturali. Una cintura di sicurezza che l'uomo non sembra apprezzare e che sta distruggendo a ritmi vertiginosi. A lanciare l'allarme è stato il WWF che ha realizzato anche una mappa dei disastri come tsunami e terremoti collegati all'alto tasso di deforestazione

Distruggere le foreste fa male al pianeta, non solo per la maggiore presenza di emissioni inquinanti ma anche perché ci mettono al riparo da alcune catastrofi naturali. Una cintura di sicurezza che l’uomo non sembra apprezzare e che sta distruggendo a ritmi vertiginosi. A lanciare l’allarme è stato il WWF che ha realizzato anche una mappa dei disastri come tsunami e terremoti collegati all’alto tasso di deforestazione.

Le foreste, infatti, svolgono servizi fondamentali: consolidano i versanti, contribuiscono a ricaricare le falde, contrastano l’erosione dei suoli, contribuiscono alla qualità dell’acqua e danno cibo e combustibili.

Cancellando questa ‘cintura di sicurezza’ verde, le popolazioni colpite da eventi violenti diventano più vulnerabili sia ai fenomeni estremi, che per colpa dei cambiamenti climatici sono sempre più frequenti sia ai disastri naturali come tsunami e terremoti.

Sono fatti e numeri a parlare. Partiamo dallo tsunami del 2004 a Sumatra e arriviamo a quello del Giappone del 2011, passando anche per le alluvioni in Bangladesh fino all’uragano Mitch del Centro America.

Il WWF ha evidenziato gli eventi più gravi mettendoli in relazione ai paesi in cui si sono verificati con il tasso di deforestazione.

Secondo il Global Forest Watch l’uomo ha spogliato il pianeta del 30% della sua copertura forestale e di quel che rimane solo il 15% è ancora intatto. Questo ha ridotto drammaticamente la capacità dei sistemi naturali di sostenerci e proteggerci ma anche darci riparo e aiutarci a superare i momenti di crisi, nei tanti casi di eventi estremi che sempre più flagellano il pianeta, come alluvioni, uragani e persino terremoti” ha detto Isabella Pratesi, direttore conservazione del WWF Italia. “Le foreste consolidano il terreno, assorbono le piogge in eccesso ma soprattutto assicurano cibo alle popolazioni colpite e proteggono dalle ondate di calore. Nel solo 2013 i disastri ambientali hanno causato 22 milioni di profughi, 22.600 morti per un totale di 330 accadimenti. La deforestazione rende il territorio più vulnerabile. È indispensabile raggiungere una Deforestazione Zero entro il 2020”.

La mappa è stata lanciata in occasione della campagna di raccolta fondi per uno dei polmoni verdi del pianeta, il bacino del Congo, minacciato dal disboscamento selvaggio.

mappadeforestazione

Partiamo dall’Asia. Qui la densità demografica e un uso insostenibile delle risorse fanno rima con elevati tassi di deforestazione. Non è un caso se questo è il continente in assoluto più flagellato da eventi come inondazioni, tsunami, alluvioni e siccità. Danni che si traducono in vittime: solo considerando quelle provocate dalla siccità si parla di 9,6 milioni di morti dal 1900 ad oggi.

Qui, la deforestazione ha cancellato almeno il 35% delle foreste di mangrovie, veri e propri air-bag naturali delle coste tropicali. Perché? Un esempio su tutti: nel 2007 in Bangladesh queste foreste permisero di ridurre gli effetti del violento ciclone che altrove produsse danni e numerose vittime.

Purtroppo il loro ritmo di deforestazione è 3-5 volte più intenso di quello delle altre foreste. Ma, se è possibile, in alcuni paesi, come India, Filippine e Vietnam, la distruzione di mangrovie sale addirittura al 50%.

foresteNumeri

La Thailandia, coinvolta nello tsunami del 2006,dal 1970 a oggi ha perso un terzo della propria superficie di mangrovie e quindi della loro protezione. Non va meglio in Nepal, di recente devastato da un violento terremoto. Il paese, nel ventennio che va dal 1990 al 2010, ha perso quasi un quarto delle sue foreste (24,5%). Non c’è da stupirsi se sia anche all’undicesimo posto nel mondo per emissioni dovute alla deforestazione e ad altre utilizzi del territorio.

Il collasso dei sistemi naturali aveva reso vulnerabile anche Haiti: ancor prima del drammatico terremoto del 2010 che rase al suolo il paese, è stata vittima della cattiva gestione del territorio. Anche a causa della deforestazione, che ha ridotto l’isola ad un spoglia distesa, essa sempre più spesso deve fronteggiare catastrofi naturali tra cui alluvioni, smottamenti, frane, che si rispecchiano nella perdita di vite umane, nell’aumento della mortalità infantile, delle epidemie e della povertà.

disastri

Anche la Cina alla fine degli anni ‘90 aveva perso l’80% delle foreste originarie e questo portò a siccità e desertificazione ma principalmente alluvioni ed esondazioni, come quella dello Yangtze nel 1998 che produsse 4100 vittime e quasi 14 milioni di sfollati. Il governo impose una moratoria sulla deforestazione con programmi di riforestazione per riprodurre gli ecosistemi distrutti ma per alcuni aspetti era ormai troppo tardi: i disastri “naturali” continuano a flagellare il martoriato territorio cinese facendone uno dei paesi più a rischio. Purtroppo, la moratoria riguarda solo le foreste nazionali. La Cina è il maggiore mercato per l’importazione di legname tropicale passando dai 15 milioni di metri cubi del 2000 agli oltre 45 milioni del 2013.

In Giappone invece le foreste vengono utilizzate per ridurre i rischi di disastri. Circa 1300 km di coste giapponesi sono protette da una cintura di alberi fin dal 17mo secolo, proprio per ridurre gli impatti delle tempeste di sabbia, venti salati, alte maree e dei frequenti tsunami. Tsunami, già. Durante l’evento del 2011, alcune di queste foreste assorbirono parte dell’energia dello tsunami mitigandone i danni. La zona costiera di Wakabayashi Ward, ad esempio, è stata travolta da onde alte 7 metri, che dopo l’impatto con le foreste si sono ridotte ad appena 40 cm, salvando molte vite. Non sono stati altrettanto fortunati gli abitanti di zone con porti e località occupate da infrastrutture, prive di fascia di protezione.

Il Bangladesh è non solo il paese più densamente popolato al mondo ma ha anche il più alto tasso di deforestazione, quasi il 95% di foreste perdute. Com’è facilmente intuibile, è sottoposto a disastri ambientali, tra cui alluvioni, cicloni, tempeste, inondazioni, erosione costiera e frane.

Anche l’Indonesia condivide questo poco lodevole primato. Qui, quasi l’80% della deforestazione è di origine illegale, facilitata da un’inadeguata capacità applicare efficacemente le norme di gestione e protezione.

Nella mappa dei disastri acuiti dalla deforestazione ci sono anche la Malesia (alluvioni del 2014, perdita di oltre il 10% di foreste) e le Filippine, uno dei paesi più vulnerabili agli effetti di cicloni, inondazioni e valanghe che ha praticamente azzerato la propria protezione forestale 94%.

Passiamo all’Africa. Qui la deforestazione colpisce il Malawi (un quinto delle foreste scomparse in 20 anni) con conseguenti inondazioni e migliaia di vittime. La culla della biodiversità, il Madagascar, un tempo con 200.000 specie di cui l’80 endemico, in pochi decenni ha visto ridurre la propria copertura forestale a meno dell’80%. Nel frattempo 200.000 ettari l’anno vengono ancora rasi al suolo.

In Centro America è l’uragano Mitch a mostrare cosa accade se si fanno fuori le foreste: 18.000 persone furono uccise. Le montagne deforestate del Centro America – il solo Nicaragua ha perso il 21,7% delle proprie foreste dal 1990 al 2010 – non riuscirono a contenere l’enorme portata delle precipitazioni, dando origine a valanghe, colate di fango e inondazioni.

Come stanno le foreste d’Europa? Bella domanda. Il Vecchio Continente ha perso quasi tutte le foreste primarie. Estinte tutte le foreste planiziali che riempivano le valli e le pianure e lasciandoci in balia degli eventi estremi. Ma laddove resistono, esse aiutano a mitigare gli impatti delle ondate di calore. A turno luoghi densi di agricoltura, economie, comunità e industrie, vanno sott’acqua: dai Balcani alla Gran Bretagna, dalle pianure francesi alla penisola Iberica fino alle coste italiane. In Nord Europa, denuncia il WWF, a perdita di foreste inasprisce il clima, aumenta la forza dei venti, riduce le temperature invernali e aumenta lo spessore del terreno congelato.

Eppure in Italia, gli ultimi dati parlano di 200 alberi per abitante. Una speranza o un’illusione?

Francesca Mancuso

Foto: WWF

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