La deforestazione in Amazzonia dipende anche dall’Italia (e dal nostro consumo di soia), il report

Allevamenti intensivi e produzione di soia da esportare sono responsabili della distruzione della foresta amazzonica, secondo l’associazione

Allevamenti intensivi e produzione di soia da esportare sono responsabili della distruzione della foresta amazzonica, secondo l’associazione ambientalista, e l’Italia è tra i paesi maggiormente colpevoli perché grande importatore del legume

La soia è, insieme agli allevamenti intensivi di bestiame destinato al consumo umano, la principale responsabile della distruzione della foresta amazzonica brasiliana. E la questione non è così lontana dalle nostre vite, visto che l’Italia è fra i maggiori importatori al mondo di questo legume. È quanto denuncia il report dell’associazione Greenpeace Brasil che, in collaborazione con il popolo indigeno dei Karipuna, ha monitorato l’area boschiva di Rondônia per osservare i motivi della sua distruzione.

Con oltre 48mila tonnellate di soia proveniente dalla Rondônia, nel 2020 l’Italia è stata il terzo principale importatore dell’Ue dopo Paesi Bassi e Spagna, e tra i primi cinque principali importatori di soia dallo stato brasiliano a livello internazionale – si legge nel report. – Tra gennaio e settembre di quest’anno l’Italia ha importato dalla Rondonia quasi 23mila tonnellate di soia, posizionandosi come quinto importatore dell’UE e tra i primi 10 importatori a livello internazionale.

Come si legge nel rapporto, l’allevamento del bestiame da macello nella regione è cresciuto dell’87% negli ultimi nove anni, mentre il terreno dedicato alla coltivazione della soia è più che triplicato nello stesso periodo (da 111.000 ettari a oltre 400.000 ettari coltivati). Oltre alle politiche poco attente alla sostenibilità portate avanti dal presidente brasiliano Bolsonaro, una grave minaccia è rappresentata dal fenomeno della deforestazione illegale, che ogni anno cresce sempre più: solo nell’ultimo anno sono stati 850 gli ettari di foresta distrutti illegalmente (+44% rispetto ai dodici mesi precedenti). Questo selvaggio depauperamento della terra su larga scala non minaccia solo l’ecosistema e la sopravvivenza di piante e animali, ma anche la vita delle popolazioni indigene che nella foresta vivono – come il popolo Karipuna: la terra degli indigeni compre un’area di 152.000, circondata da allevamenti intensivi che hanno l’hanno penetrata a più riprese a partire dal 2015, con più di 5.000 ettari di foresta già distrutti negli ultimi sei anni.

(Leggi anche: L’Amazzonia brasiliana entra nel Guinness dei Primati, ma purtroppo è per il record di distruzione)

Il governo del Brasile chiude gli occhi sui criminali ambientali – denuncia Oliver Salge, di Greenpeace Brasil. – Mentre il mondo cerca disperatamente soluzioni alla crisi climatica alla COP 26, il Brasile sta facendo esattamente il contrario e permette ai criminali di invadere aree protette e distruggere le case delle popolazioni indigene.

@ Greenpeace Brasil

Come se non bastasse, il recente monitoraggio di Greenpeace in Rondônia ha individuato un nuovo fronte di deforestazione nella regione in prossimità del fiume Formoso, nel sud-est del territorio degli indigeni (finora lontano dai grandi centri di sfruttamento illegale e non ancora coinvolto nelle attività di land grabbing – “accaparramento della terra” da parte degli sfruttatori). Tra agosto 2020 e luglio 2021, la regione del fiume Formoso ha registrato 510,3 ettari deforestati, il 65% del totale della nuova deforestazione verificata all’interno della terra indigena di Karipuna durante l’intero anno. Di questo totale, il 94,7% (483,77 ettari) è stato disboscato nel 2021, tra gennaio e giugno di quest’anno.

Il monitoraggio della foresta, effettuato da noi insieme ai nostri partner, ci aiuta a capire cosa succede all’interno della nostra terra ed è fondamentale per denunciare attività illegali – afferma il leader della comunità indigena, Adriano Karipuna. – Lo Stato deve attuare un piano di protezione permanente del nostro territorio, con l’obiettivo di porre fine alle invasioni e ai furti di legname dal nostro bosco. La crisi climatica inizia qui, con i territori indigeni che vengono saccheggiati, i popoli indigeni attaccati mentre un governo negligente e connivente non svolge il suo ruolo di proteggere la nostra gente e le risorse naturali.

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Fonte: Greenpeace Brasil

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