Da uno nuovo studio è emerso che la deforestazione sta giocando un ruolo significativo nella trasmissione del covid alle popolazioni indigene
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Indigeni sotto attacco su tutti i fronti. In Brasile e nella Foresta Amazzonica le popolazioni sono allo stremo a causa degli incendi, della deforestazione, dell’aumento dell’estrazione mineraria grazie alle concessioni del governo Bolsonaro e purtroppo, in questo 2020, anche a causa del Covid. Un nuovo studio però ha trovato un legame che dovrebbe far riflettere:
Utilizzando un nuovo set di dati, è emerso che la deforestazione sta giocando un ruolo significativo nella trasmissione di COVID-19 alle popolazioni indigene. E non si tratta di ipotesi fantasiose: numeri alla mano, 1 kmq disboscato oggi provocare il 9,5% di nuovi casi di coronavirus in più tra le popolazioni indigene in appena due settimane. Oltre ad essere un problema ambientale, la deforestazione è anche una questione sanitaria ed economica, che sottolinea quanto sia importante anche per frenare la diffusione del COVID-19.
Deforestazione e Covid-19: ecco il legame
Nel 2020, il Brasile è diventato un epicentro mondiale del COVID-19 e della deforestazione. A livello globale, ha raggiunto il 15,1% dei casi confermati e il 14,3% dei decessi totali fino alla fine di agosto. Ma la malattia ha colpito i gruppi etnici in modo diverso in Brasile ampliando il divario di reddito e la disuguaglianza razziale. Più di 38.000 indigeni sono stati infettati dall’inizio dell’emergenza sanitaria, con 867 morti, secondo l’Articulation of Brazilian Indigenous Peoples (APIB) . Inoltre, nel 2020, sono state registrate 145 applicazioni minerarie, il numero più alto in 24 anni.
Allo stesso tempo, il Brasile è al primo posto nella deforestazione a livello mondiale. Nel 2019, il paese ha rappresentato oltre un terzo di tutte le perdite calcolate nelle foreste primarie tropicali umide. Nel primo semestre del 2020 la deforestazione è aumentata del 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. A rendere ancora più grave la situazione sono stati anche gli incendi da record che quest’anno hanno mandato in fumo il 55% delle terre deforestate. E il 72% di queste terre funestate da incendi e deforestazione si trovano in aree protette e terre indigene.
Le oltre 300 popolazioni indigene che vivono all’interno dei confini del Brasile si trovano al crocevia tra COVID-19 e la deforestazione, principalmente nella regione amazzonica. Le ONG sono state esplicite nel sostenere che la deforestazione, insieme all’estrazione illegale, all’accaparramento di terre, al disboscamento del legname, all’allevamento di bestiame, stanno trasmettendo COVID-19 alle popolazioni native.
L’associazione tra deforestazione e trasmissione di COVID-19 non è automatica perché richiede la vicinanza umana ma diversi sono i motivi per cui essa è correlata alla diffusione dell’agente patogeno. In primo luogo, l’alto tasso di deforestazione osservato nelle terre indigene nel 2020 comporta un certo livello di interazione sociale – pacifica o violenta. In secondo luogo, indipendentemente dal motivo che ha innescato la deforestazione, le comunità indigene sono già esposte al virus attraverso un contatto improprio con persone infette, soprattutto attraverso l’estrazione illegale. A completare il quadro anche la siccità e gli incendi che stanno mettendo in ginocchio le popolazioni locali.
Quali sono gli effetti della deforestazione sulla diffusione del COVID-19 tra le popolazioni indigene?
E quali sono i principali meccanismi di trasmissione? Secondo lo studio, la deforestazione è una variabile potente e coerente nello spiegare la trasmissione di COVID-19 alle popolazioni indigene. Le prove suggeriscono che i principali meccanismi attraverso i quali la deforestazione intensifica il contatto umano tra indigeni e persone infette sono l’estrazione illegale e i conflitti. I comuni che presentano attività minerarie illegali o conflitti sono associati rispettivamente a un aumento della defotestazione del 179% o del 63%.
Le stime mostrano che un aumento di un’unità della deforestazione per 100 km2 è associato, in media, alla conferma di 2,4-5,5 nuovi casi giornalieri di COVID-19 nelle popolazioni indigene 14 giorni dopo gli avvisi di deforestazione. Su base settimanale, significa che un kmq disboscato oggi si traduce nel 9,5% in più di nuovi casi di COVID-19 tra gli indigeni entro due settimane.
La mappa che segue mette in relazione il numero di casi di contagi tra gli indigeni del Brasile, gli hotspot di deforestazione tra il 1° marzo e il 31 agosto 2020 e i siti di estrazione mineraria illegale.
“La densità della popolazione e la disuguaglianza economica sono variabili di controllo che spiegano sistematicamente la crescente morbilità del COVID-19 in questo caso e nei paesi in via di sviluppo in generale. Questi risultati sono ancora più preoccupanti nel contesto di una pandemia che sicuramente amplierà il divario di reddito e di opportunità tra ricchi e poveri”.
Espansione mineraria da record
Anche se non si tratta di una novità, l’attuale governo brasiliano ha aperto la strada all’esstrazione selvaggia ridimensionando le agenzie ambientali di controllo. In meno di due anni, il presidente e i suoi ministri hanno parlato di “monetizzare la foresta” nonostante le norme ambientali. Il risultato di queste azioni sono stati incendi, deforestazione record e esplorazione mineraria senza precedenti in aree che dovrebbero essere sotto la protezione del governo.
Secondo un altro recente rapporto dal titolo “Mined Amazon” il regolatore minerario brasiliano continua a favorire richieste di estrazione mineraria nei territori indigeni, cosa vietata dalla Costituzione del paese.
Ci sono state 145 domande di questo tipo presentate nel 2020, il numero più alto in 24 anni, stimolate dalla retorica anti-indigena del presidente Jair Bolsonaro e da un disegno di legge ora al Congresso che consentirebbe l’estrazione mineraria nelle loro terre.
L’estrazione mineraria rappresenta una vera minaccia per l’Amazzonia brasiliana, dove lo stato protetto dei territori indigeni è la ragione principale per cui esse rimangono ancora in vita. Di contro, l’autorità mineraria brasiliana sta ricevendo più di 3.000 richieste di estrazione su terre indigene in Amazzonia, nonostante tale attività sia vietata dalla Costituzione del paese, secondo un’indagine del progetto InfoAmazonia.
Anche il rallentamento economico indotto dalla pandemia COVID-19 non ha frenato l’ondata di richieste.
Le terre del popolo Kayapó nello stato del Pará sono le più colpite, oggetto di oltre un terzo delle richieste di quest’anno. L’interesse per l’estrazione mineraria sui territori indigeni è cresciuto sotto l’amministrazione del presidente Bolsonaro. Nei due anni precedenti al suo insediamento all’inizio del 2019, il numero era in media di 50 all’anno; da allora, la media annuale è salita a 117.
Bolsonaro non solo ha incoraggiato questa forma incostituzionale di estrazione mineraria, ma ha esplicitamente denigrato le popolazioni indigene del Brasile in generale, affermando lo scorso gennaio che “gli indiani stanno diventando sempre più esseri umani proprio come noi”. Ma la spinta dell’amministrazione ad aprire i territori indigeni al’estrazione mineraria non si è limitata alla retorica. A febbraio, il governo ha presentato al Congresso una legge, Bill 191/2020, che avrebbe consentito tale attività.
Joênia Wapichana, l’unico membro indigeno del Congresso brasiliano, si è opposta al disegno di legge, sottolineando che ciò che propone è incostituzionale e minaccia i popoli nativi.
Fonti di riferimento: Voxeu, InfoAmazonia
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