Dalle terre desolate alle zone umide, torna la natura nella Striscia di Gaza

Nella riserva naturale di Wadi Gaza, nella martoriata Palestina, sta tornando a rifiorire la vita. Per decenni l'area, ricchissima di biodiversità, è stata deturpata, rischiando di sparire. Ma grazie ad un progetto di salvaguardia ambientale - avviato nel 2021 - l'oasi potrebbe tornare al suo antico splendore

L’espressione “Striscia di Gaza” evoca nella nostra mentre devastazione, pericolo e povertà. Eppure quest’area costiera mediorientale che si affaccia sul Mar Mediterraneo un tempo era nota per la sua straordinaria biodiversità e la sua ricca vegetazione. Non tutti sanno che qui è custodita la riserva naturale di Wadi Gaza, istituita dall’Autorità Palestinese nel 2000.

Da quando è iniziata l’occupazione da parte di Israele quello che un tempo era un paradiso si trasformato gradualmente in un inferno: le preziose zone umide, habitat per diversi uccelli – fra cui aironi, cicogne e gru – hanno cambiato volto, diventando sempre più desolate, aride e piene zeppe di immondizia.

Negli anni ’70, Israele ha deviato a monte l’acqua piovana, riducendo di molto il flusso che raggiungeva la riserva di Wadi Gaza. Nelle vali i comuni limitrofi hanno iniziato a scaricare liquami grezzi e rifiuti. E l’odore è diventato insopportabile. Quelle acque incontaminate, ricche di fauna selvatica, sono state così avvelenate, mettendo a rischio la salute degli abitanti di Gaza.

L’acqua che raggiungeva il Mediterraneo era così pesantemente inquinata che nel 2017 il 73% delle spiagge di Gaza non erano più sicure per la balneazione.

Wadi Gaza è diventato un disastro ambientale – spiega ai microfoni di Euronews Yosor al-Atrash, consulente idrico e ambientale che ha studiato l’impatto devastante dell’inquinamento sulla fauna selvatica e sulla salute pubblica nella riserva. – È diventato pericoloso per la biodiversità, ma anche per le persone che vivono nell’area che hanno iniziato a soffrire di parassiti, infezioni e malattie.

Una nuova speranza per Wadi Gaza e i palestinesi

Nonostante decenni di grande devastazione e inquinamento selvaggio a Wadi Gaza, la natura continua a resistere nella riserva naturale. Pian piano le zone umide stanno rinascendo grazie a un importante progetto avviato nel 2021 dal Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP).

L’iniziativa si basa sulla messa in funzione di un impianto di trattamento delle acque reflue finanziato a livello internazionale, che ha consentito il deflusso di acqua più pulita nella valle. Il piano prevede l’eliminazione di 50.000 tonnellate di rifiuti e una serie di azioni per fermare lo scarico illegale nell’area in cui l’ecosisistema è tanto variegato quanto fragile. L’obiettivo è quello di dar vita a un’oasi ecologica e a un centro ricreativo per la popolazione di Gaza, mortariata dall’apartheid israeliano.

Ancora è presto per vedere importanti risultati, ma i primi segnali di rinascita delle zone umide sono già visibili. Queste zone – sempre più a rischio in tutto il mondosono fondamentali per il Pianeta: oltre a fornire acqua e a rappresentare un habitat per diverse specie animali e vegetali, sono in grado di contrastare i cambiamenti climatici, immagazzinano grandi quantità di carbonio.

Inoltre le zone umide, se ben salvaguardate, agiscono come strumento di protezione cruciale dal rischio alluvioni, a cui spesso vanno incontro gli abitanti della Striscia di Gaza, a causa della autorità israeliane che rilasciano l’acqua a valle durante le forti piogge.

Per tutti questi motivi il progetto portato avanti UNDP è fonte di speranza. Da quando è partito la valle di Wadi Gaza è visibilmente più pulita, più rigogliosa e l’impianto di depurazione sta facendo la differenza per la popolazione, che finalmente sta tornando a respirare un po’ in mezzo a tanto sgomento e angoscia, a causa di un crudele sistema di oppressione da parte delle autorità israeliane.

Seguici su Telegram Instagram | Facebook TikTok Youtube

Fonte: UNDP

Leggi anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook