Alcuni ricercatori hanno analizzato, tramite DNA ambientale, 1200 campioni di suolo provenienti dalle aree del mondo in cui i ghiacciai si stanno ritirando: nonostante le aree geografiche siano molto differenti, le dinamiche di colonizzazione e di interazione tra microrganismi, flora e fauna sembrano seguire processi molto simili
Anche se i ghiacciai si trovano in zone diverse del Pianeta, la colonizzazione e l’interazione di microrganismi, di flora e di fauna dopo il loro ritiro è sempre la stessa ovunque. È la conclusione cui sono giunti i ricercatori della Statale di Milano e appena pubblicata su Nature.
Il ritiro dei ghiacciai è uno dei segnali più evidenti del cambiamento climatico: in tutto il mondo, infatti, dalle Alpi all’Artico, i ghiacciai si stanno contraendo, lasciando libere aree sempre più vaste sia in montagna che intorno alle calotte polari.
Se il ritiro dovesse continuare al ritmo attuale, alla fine del secolo la superficie lasciata libera dai ghiacciai di tutto il mondo potrebbe essere pari all’intera superficie dell’Italia. Sapere cosa succede a queste aree e comprendere in che modo gli organismi le colonizzano è fondamentale per poterle gestire di fronte ai rapidi cambiamenti che ci aspettano, spiega docente di Zoologia del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università Statale di Milano.
Negli ultimi 10 anni, quindi, un team internazionale guidato dai ricercatori ha raggiunto aree di tutto il mondo in cui i ghiacciai si stanno ritirando, dalle Alpi all’Himalaya, dalle Ande fino all’Artico, raccogliendo oltre 1200 campioni di suolo in prossimità di cinquanta ghiacciai, e li hanno portati in laboratorio per studiare il suolo e la biodiversità ad esso associata.
Tramite approcci basati sul DNA ambientale, sono riusciti per la prima volta ad analizzare in modo esaustivo tutti gli organismi che vivono in queste aree, sia animali che piante che microorganismi, dimostrando come la colonizzazione dopo il ritiro dei ghiacciai segua una dinamica simile in tutto il mondo.
Nei primissimi anni sono presenti solo micro-organismi, che possono sviluppare comunità singolarmente ricche anche subito dopo il ritiro dei ghiacciai. Basta una decina d’anni per la colonizzazione delle piante, che a loro volta facilitano l’arrivo da parte degli animali. Più passa il tempo più è probabile che nuovi organismi colonizzino queste aree.
Tuttavia, stando allo studio, le interazioni tra organismi sembrano essere il processo più importante per la dinamica di questi ecosistemi: i microorganismi aiutano le piante e promuovono lo sviluppo di suoli fertili, le piante aiutano la creazione di nuovi habitat e aumentano la disponibilità di cibo per gli animali, i diversi animali interagiscono tra loro, nei rapporti tra prede e predatori, tramite il ruolo di “ingegneri ecosistemici” (come i lombrichi), e come facilitatori del miglioramento della disponibilità di nutrienti nel suolo.
Anche in ambienti apparentemente poveri, le interazioni tra organismi e ambiente possono essere estremamente complesse. Se vogliamo gestire in modo corretto le conseguenze del cambiamento climatico, sia sulle Alpi che nelle altre aree del mondo, è fondamentale utilizzare approcci che integrino diverse competenze, dalle scienze della terra alla modellistica fino alle scienze della vita, concludono gli studiosi.
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