Costa Concordia: ecco il piano di monitoraggio per cercare di tutelare l’ecosistema marino

Approvato il piano di monitoraggio della qualità ambientale, proposto da Arpat ed Ispra. Due le modalità di intervento, un monitoraggio di emergenza e uno di indagine

Costa Concordia. È pronto il piano di monitoraggio della qualità ambientale, proposto da Arpat e Ispra. Nel corso di una riunione svoltasi la scora settimana, il piano è stato finalmente approvato. Oltre ad un monitoraggio di emergenza volto a valutare e ad arginare i principali rischi per l’ambiente, è stato predisposto anche un monitoraggio di indagine che farà una stima degli impatti dell’inquinamento accidentale arrecati all’ecosistema marino della zona.

Come più volte abbiamo sottolineato, i rischi maggiori sono connessi allo sversamento di materiali inquinanti in mare, tra cui prodotti della raffinazione del petrolio e agenti chimici presenti a vario titolo nella nave. Di recente, Greenpeace ha fatto un inventario di tutti i veleni presenti a bordo della Concordia, chiedendo alle autorità maggiore precisione. Gli ambientalisti infatti ritengono imprecisa la lista di sostanze presenti a bordo della Concordia fornita dalla Protezione Civile.

Ftalati, alchilfenoli, composti a base di bromo e paraffine clorurate potrebbero finire in mare, se non adesso, nel corso dei prossimi anni come ha denunciato il dossier Toxic Costa.

Ma per arginare i danni saranno all’opera anche le imbarcazioni Poseidon di Arpat e Astrea dell’Ispra, che si alterneranno nelle indagini. Secondo il piano, le attività di monitoraggio avranno luogo nelle prime 4 settimane e potrebbero proseguire per 12 mesi.

punti-monitoraggio

Il piano di monitoraggio inoltre avrà tre obiettivi: in una fase inziale definita “di emergenza” effettuerà azioni di sorveglianza vicino alla nave riguardo ad alcuni parametri della colonna d’acqua, al controllo di organismi e sedimenti, per avere un quadro della situazione: “Nelle prime 4 settimane, riguardo la colonna d’acqua, sono state individuate 2-4 stazioni immediatamente a ridosso del relitto ed 1-3 stazioni di ‘bianco’, inclusa la stazione posizionata presso il dissalatore. Per i comparti sedimento e biota sono state individuate ulteriori stazioni ed aree di indagine, nell’intento di registrare la contaminazione di base e lo stato di salute degli organismi e dei popolamenti bentonici particolarmente sensibili presenti nell’intorno del sito” si legge in una nota. Successivamente, nei 12 mesi di monitoraggio, la programmazione delle attività verrà rivista in base ai vari scenari di rischio connessi alle attività di recupero della nave.

biota

Il secondo ed il terzo obiettivo sono legati al monitoraggio d’indagine per segnalare le eventuali variazioni della qualità ambientale e i possibili impatti indotti su “acque, sedimenti e biota. Tale monitoraggio prevede indagini sugli EQB (macroalghe, posidonia, macroinvertebrati bentonici, fitoplancton) coralligeno, integrate con indagini chimiche idromorfologiche, ecotossicologiche e biologiche nell’area di indagine“, in 5 stazioni già predisposte: Porto Santo Stefano, Montecristo, Foce Bruna, Cala Forno, Elba Sud (Mola). In ciascuna stazione inoltre, verranno mensilmente prelevati campioni di acqua superficiale.

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Tali indagini serviranno non solo a monitorare lo stato delle acque ma anche alla pianificazione di interventi specifici per rimediare agli effetti dell’inquinamento.

Francesca Mancuso

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