La SACE (agenzia di credito all'esportazione italiana) sta valutando di assicurare il controverso progetto della costruzione del più lungo oleodotto del mondo, che attraverserà la Tanzania e l'Uganda. Ma gli ambientalisti non ci stanno e lanciano un appello per chiedere alla società italiana di ripensarci
Nonostante gli appelli e le mobilitazioni per fermare il progetto, tra non molto il mega oleodotto EACOP potrebbe diventare realtà in Africa orientale. Lo scorso anno, infatti, i governi di Tanzania e Uganda hanno sottoscritto un accordo con le multinazionali del petrolio Total, CNOOC e Tullow per realizzare il più lungo oleodotto riscaldato al mondo, che metterebbe a rischio i delicati ecosistemi del Paese e costringerebbe decine di migliaia di persone ad abbandonare le loro abitazioni.
Se, però, finora 15 banche e 7 compagnie assicurative hanno deciso di non supportare questo pericoloso progetto in quanto non l’hanno ritenuto un investimento conveniente, la SACE – agenzia di credito all’esportazione italiana – sta valutando di assicurare l’EACOP. Un fatto gravissimo, considerato che si tratta di una società per azioni controllata da parte del Ministero dell’economia e delle finanze.
L’appello dei Fridays for Future alla SACE
“Siamo rimasti sorpresi quando abbiamo saputo che SACE sta valutando di supportare il progetto EACOP. – ha dichiarato Samuel Okulony dell’organizzazione no-profit Environment Governance Institute in Uganda. L’Italia è tra i 34 governi e 5 istituzioni finanziarie internazionali ad aver firmato un accordo che impegna i paesi ad allineare il loro supporto pubblico internazionale verso una transizione verso energie pulite. Supportare il progetto EACOP compromette drasticamente questa transizione.”
A mettere in guardia su quanto sta avvenendo sono i giovani del movimento ambientalista Fridays for Future, che hanno lanciato un appello alla SACE, chiedendo di non assicurare l’oleodotto EACOP.
Le azioni di SACE sono per il 90% del Ministero dell’Economia e delle Finanze, quindi è come se lo Stato italiano supportasse il progetto. – spiegano gli attivisti – Per rispettare l’Accordo di Parigi serve tagliare drasticamente le emissioni: un investimento di queste dimensioni a favore dei combustibili fossili va nella direzione opposta. Non possiamo e non vogliamo essere complici di un progetto che ha come scopo far arricchire gli investitori del fossile a scapito del nostro futuro e di quello delle aree e delle persone direttamente coinvolte. Non vogliamo che lo Stato italiano partecipi in alcun modo a nuovi progetti di combustibili fossili.
Per scoraggiare la SACE ad assicurare l’EACOP i giovani di Fridays For Future hanno deciso di aderire al mailbombing lanciato dall’associazone ReCommon.
“I tempi sono stretti, sappiamo che SACE ritiene di concludere la valutazione del progetto tra meno di un mese: per questo è importante fare pressione, adesso” aggiungono.
L’impatto devastante del mega oleodotto EACOP
La costruzione del gigantesco oleodotto avrebbe delle conseguenze pesantissime sia a livello ambientale che sulla popolazione africana. L’obiettivo delle multinazionali è quello di trasportare il greggio dall’Uganda fino al porto di Tanga, in Tanzania. Una volta bruciato, il petrolio genererebbe ogni anno più di 34 milioni di tonnellate di CO2: l’8% delle emissioni annuali dell’Italia.
Con i suoi 1443 chilometri, sarebbe il più lungo oleodotto riscaldato del mondo e comprometterebbe la fauna e la flora locali. Nell’area interessata dal progetto vivono, infatti, specie iconiche come scimpanzé ed elefanti e la sua realizzazione porterebbe circa 12mila famiglie ad abbandonare i loro territori.
Migliaia di persone sono già scese in piazza nei mesi scorsi per far sentire la loro voce contro l’ennesimo progetto di matrice neocolonialista che porterà devastazione e minerà gli equilibri dei due Paesi africani. Ma finora, purtroppo, gli appelli sono rimasti inascoltati.
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Fonti: The Action Network/Fridays for Future
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