Profili Twitter falsi, editing fasulli di Wikipedia e pubbliche relazioni al sapore di greenwashing. Per indorare la pillola e farci passare per buono il vertice sul clima COP28 che si terrà all’Expo City Dubai, gli Emirati Arabi stanno facendo di tutto per cambiare la narrazione dei fatti e veicolare messaggi positivi relativi alla loro presidenza. Il peggio è che si sa dove si andrà a parare, ma è come se non fosse successo nulla
L’idea che sarà un grande Paese produttore di petrolio a organizzare la prossima conferenza sul clima più importante del mondo e che questa, di fatto, sarà presieduta dall’amministratore delegato di una compagnia petrolifera non sfugge a nessuno, anche se è notizia volutamente taciuta. Non sfugge a nessuno, compresi, a quanto pare, i padroni di casa: gli stessi Emirati Arabi Uniti.
Lo straricco Paese ha infatti intrapreso una corposa campagna di pubbliche relazioni per ripulirsi un po’ l’immagine e aumentare le sue “credenziali ecologiche” in vista del vertice sul clima delle Nazioni Unite COP28 di Dubai della fine di quest’anno, suscitando critiche da parte dei gruppi climatici e di (solo alcuni) politici.
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Come rivelano il Center for Climate Reporting e il The Guardian, non solo una miriade di account falsi su Twitter e sul sito di blogging Medium per promuovere le decisioni degli Emirati Arabi Uniti relative alla Conferenza della Parti, ma anche vere e proprie modifiche ad arte delle pagine di Wikipedia dedicate a Sultan bin Ahmed Al Jaber, che presiederà il vertice e che è ad oggi è ministro dell’Industria e delle Tecnologie negli Emirati Arabi Uniti e soprattutto amministratore delegato della compagnia petrolifera di Stato nella nazione mediorientale, la Abu Dhabi National Oil Company (Adnoc).
Le compagnie petrolifere e i loro amministratori delegati stanno portando il greenwashing a un livello completamente nuovo, prendendo il controllo delle conferenze globali sul clima, quindi convincendo i propri dipendenti a spazzare via le critiche alla loro sfacciata ipocrisia su Wikipedia, scrive Caroline Lucas.
Perché? Semplice: il Governo degli Emirati Arabi Uniti, che controlla circa il 6% delle riserve mondiali di petrolio, è stato criticato per aver nominato un boss dei combustibili fossili a capo della COP28.
Nelle settimane scorse, 130 legislatori statunitensi (attenzione: la nomina a presidente della COP28 è stata accolta con favore da personaggi del calibro di John Kerry, l’inviato presidenziale speciale degli Stati Uniti per il clima, e da altre figure chiave della diplomazia climatica internazionale) ed europei avevano chiesto la rimozione di Al Jaber dal suo incarico di presidente del vertice, ma nel frattempo lo stesso Al Jaber ha trovato la collaborazione di importanti società di consulenza e agenzie di pubbliche relazioni per promuovere il suo (presunto) lavoro di sostenitore degli investimenti degli Emirati nell’energia verde.
Continueremo a garantire che tutte le fonti di informazioni pubblicamente disponibili sulla presidenza e sulla sua leadership rimangano accurate e aggiornate, sostiene un portavoce di COP28 indicando il lavoro di Al Jaber sulle questioni climatiche nell’ultimo decennio.
La stessa organizzazione per i diritti umani Amnesty International ha sollevato preoccupazioni, affermando (e si legge sulla pagina Wikipedia del vertice):
Sultan al-Jaber non può essere un intermediario onesto per i colloqui sul clima quando la società che guida ha intenzione di causare ulteriori danni climatici.
Che si fa quindi? Le cose continueranno ad andare così, sicuramente. Il ruolo di Al Jaber come amministratore delegato della Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC) e presidente di COP28 rimarrà al centro delle controversie, ma lasceranno il tempo che trovano. Lo lascia intendere il fatto che la società sta preseguendo un’importante espansione della produzione di combustibili fossili degli Emirati Arabi Uniti, nonostante l’Agenzia Internazionale per l’Energia abbia affermato che non ci devono essere nuovi giacimenti di petrolio e gas se il mondo vuole raggiungere emissioni nette di carbonio pari a zero entro il 2050.
La controversa strada verso le COP
Del resto, anche altri vertici COP si sono svolti in mezzo a mille polemiche e la maggior parte è finita in accordi descritti, nella migliore delle ipotesi, come deludenti.
La conferenza del 2018 si svolse a Katowice, per esempio, una città nel mezzo della regione carboniera polacca. Così come anche il Regno Unito, che ha ospitato il vertice del 2021 a Glasgow, è un importante produttore di petrolio e gas.
Ma forse gli Emirati Arabi Uniti si distinguono per il modo in cui hanno scelto di intrecciare il vertice con il loro business petrolifero.
Al Jaber ha un obiettivo risoluto nel fornire una COP trasformativa che unisca il mondo attorno a un’azione tangibile per il clima, si affrettano a dire dal team della COP2.
Ma, saremo malpensanti noi eh, quanto grosso è il conflitto di interessi del capo di un’enorme compagnia di combustibili fossili che allo stesso tempo presiede una conferenza sul clima?
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Fonti: Center for Climate Reporting / The Guardian
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