Cosa sta succedendo nello stabilimento di Fukushima 12 anni dopo il terribile incidente nucleare

Dodici anni dopo la fusione del triplo reattore della centrale nucleare di Fukushima Daiichi, il Giappone si prepara a rilasciare in mare un’enorme quantità di acque reflue radioattive trattate. Cosa accadrà in definitiva?

Il rilascio è inevitabile e dovrebbe iniziare presto”, così il Governo giapponese comincia il count down di quello che sarà il rilascio nel mare di una enorme quantità di acque reflue radioattive trattate.

Così, a 12 anni dalla disastrosa fusione del triplo reattore nella centrale nucleare di Fukushima Daiichi, il Giappone si dice pronto. Ma cosa dobbiamo attenderci? A prima vista, rilasciare acqua radioattiva nell’oceano sembra un’idea terribile.

Leggi anche: Rilascio acque radioattive di Fukushima: allarmismo o reale pericolo? Facciamo chiarezza

La Tokyo Electric Power Co (Tepco), che gestisce la centrale nucleare paralizzata, prevede di iniziare presto a rilasciare più di un milione di tonnellate di acqua radioattiva dalla centrale in mare. Quell’acqua è stata utilizzata principalmente per raffreddare i reattori all’indomani del disastro e viene stoccata in enormi serbatoi nello stabilimento. Frattanto, è in fase finale di costruzione un impianto in cemento per la diluizione dell’acqua dopo che è stata trattata e testata. Da lì l’acqua uscirà attraverso un tunnel sottomarino.

Quanta acqua c’è e cosa c’è dentro?

Il terremoto di magnitudo 9.0 dell’11 marzo 2011 innescò un enorme tsunami che distrusse i sistemi di alimentazione e raffreddamento della centrale, provocando la fusione dei reattori n. 1, 2 e 3 e l’emissione di grandi quantità di radiazioni. L’acqua utilizzata per raffreddare i noccioli dei reattori è penetrata negli scantinati degli edifici del reattore e si è mescolata con l’acqua piovana e l’acqua freatica.

Ad oggi, i serbatoi di stoccaggio contengono 1,3 milioni di tonnellate di acqua, pari a circa 500 piscine olimpioniche. L’acqua contaminata viene prodotta giornalmente dal continuo raffreddamento del reattore e viene pulita da una tecnologia chiamata ALPS, o Advanced Liquid Processing System, che può essere ripetuta fino a quando le concentrazioni non arrivino almeno ai limiti normativi.

Il principale contaminante radioattivo che rimane dopo il trattamento è il trizio, una forma radioattiva di idrogeno (H) difficile da rimuovere dall’acqua (H₂O). Non esiste alcuna tecnologia per rimuovere tracce di trizio da questo volume d’acqua.

Il trizio ha un’emivita di 12,3 anni, il che significa che passano 100 anni prima che la radioattività diventi di un livello trascurabile. Non è realistico immagazzinare l’acqua per così tanto tempo perché i volumi sono troppo grandi. Lo stoccaggio prolungato aumenta anche il rischio di rilascio accidentale incontrollato.

Come tutti gli elementi radioattivi , esistono standard internazionali per livelli sicuri di trizio. Per i liquidi, questi sono misurati in Bq per litro, dove un Bq (becquerel) è definito come un decadimento radioattivo al secondo. Al momento del rilascio, le autorità giapponesi avrebbero scelto un limite di concentrazione di 1.500 Bq per litro, sette volte inferiore al limite raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità di 10mila Bq per litro per l’acqua potabile.

Quali preoccupazioni ci sono sulla sicurezza?

Le comunità di pescatori locali affermano che le loro attività e mezzi di sussistenza subiranno ancora più danni e Paesi vicini come la Cina e la Corea del Sud e le nazioni delle isole del Pacifico hanno sollevato problemi di sicurezza.

Sarebbe meglio se l’acqua non venisse rilasciata, ma sembra inevitabile – racconta Katsumasa Okawa, proprietario di un negozio di frutti di mare a Iwaki, a sud dello stabilimento, la cui attività è ancora in ripresa.

Il Governo ha stanziato 80 miliardi di yen (580 milioni di dollari) per sostenere la pesca di Fukushima e per affrontare i “danni alla reputazione” derivanti dal rilascio. Nel frattempo TEPCO ha cercato di rassicurare le persone, tanto che ha financhhe allevato la passera pianuzza nelle stesse vasche dell’impianto.

Le associazioni ambientaliste

A far sentire la proproa voce contro lo sversamento dell’acqua contaminata in mare sono state nel corso degli anni diverse associazioni ambientaliste, prime fra tutte Greenpeace:

Il governo giapponese ha ancora una volta deluso i cittadini di Fukushima – ha dichiarata Kazue Suzuki della campagna clima ed energia di Greenpeace Giappone. Il governo ha preso la decisione del tutto ingiustificata di contaminare deliberatamente l’Oceano Pacifico con acqua radioattiva. Ha ignorato sia i rischi legati all’esposizione alle radiazioni che l’evidenza della sufficiente disponibilità di stoccaggio dell’acqua contaminata nel sito nucleare e nei distretti circostanti. Invece di usare la migliore tecnologia esistente per minimizzare i rischi di esposizione a radiazioni immagazzinando l’acqua a lungo termine e trattandola adeguatamente per ridurre la contaminazione, si è deciso di optare per l’opzione più economica, scaricando l’acqua nell’Oceano Pacifico.

Quello che succederà nel momento in cui verranno rilasciate queste acque è ancora molto incerto.

Ad esprimere la sua perplessità sullo sversamento dell’acqua contaminata in mare anche la Commissione sull’energia nucleare secondo la quale si deve “rigorosamente evitare di riversare il trizio nell’ambiente perché resta materiale radioattivo”.

Ne abbiamo parlato nei dettagli qui: Rilascio acque radioattive di Fukushima: allarmismo o reale pericolo? Facciamo chiarezza

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