La compagnia petrolifera e del gas statale dell’Azerbaijan , Socar, e i suoi partner, sono pronti ad aumentare la produzione annuale di gas del Paese dagli attuali 37 miliardi di metri cubi (bcm, billion cubic meters) a 49 bcm entro il 2033. Socar ha anche recentemente concordato di aumentare le esportazioni di gas verso l'Unione Europea del 17% entro il 2026
Non dire Azerbaijan (e un mucchio di altri Stati in quella fascia lì), senza dire petrolio. Qui l’oro nero ci sta come il cacio sui maccheroni, inutile far finta che non è così, ragione per cui la Conferenza delle Parti sul clima numero 29 a Baku (quest’anno toccava a un Paese in Europa dell’Est e Caucaso, ma soprattutto il conflitto tra Russia e Ucraina ha deciso per altre sorti) stride esattamente come quella che si è svolta l’anno scorso negli Emirati Arabi Uniti. Sentiamo odore di dejà vu.
Da un lato petrolio e gas come se piovesse e dall’altro i buoni propositi per un “futuro migliore”: il vertice della COP29 in Azerbaijan – che inizierà l’11 novembre – arriva mentre gli scienziati affermano che le continue emissioni record di anidride carbonica significano che quel “futuro dell’umanità è in bilico” e nello stesso momento in cui un nuovo rapporto parla chiaro: l’Azerbaijan opterà presto per una grande espansione della produzione di gas fossile nel prossimo decennio.
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Gli autori dello studio hanno infatti concluso che i negoziati cruciali per il clima non dovrebbero essere supervisionati da “coloro che hanno un interesse acquisito a mantenere il mondo agganciato ai combustibili fossili”. Ma andiamo con ordine.
Il rapporto
Il nuovo rapporto di Urgewald e CEE Bankwatch ha di fatto rilevato che l’Azerbaijan è destinato ad aumentare la sua produzione di gas di un terzo nel prossimo decennio, con le aziende di combustibili fossili che prevedono di spendere 41,4 miliardi di dollari per i giacimenti di gas del Paese. Secondo il rapporto, la sola Socar ha speso quasi 300 milioni di dollari per l’esplorazione di nuovo petrolio e gas tra il 2022 e il 2024.
L’analisi si basa sui dati di Rystad Energy, il fornitore leader del settore, e include l’attuale produzione di gas, le nuove risorse approvate per lo sviluppo e altre risorse note. La combustione della produzione di gas prevista produrrebbe circa 780 milioni di tonnellate di CO2, più del doppio delle emissioni annuali del solo Regno Unito. Eppure, piuttosto che scoprire altre riserve, nel 2021 gli scienziati hanno concluso che la maggior parte delle riserve di gas esistenti doveva rimanere nel terreno per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.
Nulla è stato fatto in proposito: solo l’anno scorso, nel 2023, Socar ha investito il 97% delle sue spese in conto capitale in progetti petroliferi e di gas, secondo il rapporto. Ha sì lanciato una “divisione energia verde” poche settimane dopo la nomina del Paese ospitante della COP29, promettendo investimenti in tecnologie eoliche, solari e di cattura del carbonio, ma – sempre secondo il report – le operazioni sulle rinnovabili di Socar rimangono una goccia nell’oceano.
Socar collabora con alcune delle più grandi aziende di combustibili fossili del mondo, tra cui BP, TotalEnergies, il gigante petrolifero russo Tatneft e la compagnia petrolifera statale degli Emirati Arabi Uniti Adnoc. E lo sappiamo: l’amministratore delegato di Adnoc, Sultan Al Jaber, è stato presidente della Cop28 di Dubai, in cui le nazioni non sono riuscite a concordare l’eliminazione graduale dei combustibili fossili, come molti volevano, scegliendo invece l’ambizione più debole di “abbandonare i combustibili fossili”.
Infine, il piano d’azione per il clima dell’Azerbaigian è stato valutato “criticamente insufficiente” dal Climate Action Tracker (CAT) a settembre.
L’’Azerbaijan fa parte di un piccolo gruppo di paesi che ha indebolito il suo obiettivo climatico [e] il paese sta raddoppiando l’estrazione di combustibili fossili, hanno detto gli analisti del CAT.
E allora sì, proprio sì: sentiamo odore di dejà vu.
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