COP28, il presidente del Brasile Lula si scaglia contro i piani petroliferi ma intanto aderisce all’OPEC

La evidente riduzione della deforestazione dell'Amazzonia nell'ultimo anno, la proposta di istituire un fondo Tropical Forests Forever e il lancio del programma Arc of Restoration sono stati oscurati dall'annuncio dei piani del Brasile di aderire all'Opec+ e mettere all’asta 603 nuovi blocchi di petrolio subito dopo la COP28. Le contraddizioni di Lula

I governi non possono sottrarsi alle proprie responsabilità. Nessun paese risolverà i propri problemi da solo. Siamo tutti obbligati ad agire insieme oltre i nostri confini”, così diceva Lula il primo dicembre al discorso della sessione di apertura della Presidenza della COP28, parlando anche del “potenziale delle energie rinnovabili”.

Poche ore prima, però, fu annunciato che proprio il Brasile (che ospiterà la COP30) entrerà dal gennaio 2024 nell’Opec+ Charter of Cooperation. Contraddizione netta? Ma andiamo con ordine.

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Fresco di vittoria elettorale, un anno fa il presidente brasiliano Inacio Lula da Silva era la stella dei colloqui annuali delle Nazioni Unite sul clima. Promise certo di reprimere la deforestazione e di trasformare il Brasile in una potenza leader ambientale, una svolta decisiva che lo portò a scagliarsi contro i piani petroliferi mondiali dopo che il presidente Jair Bolsonaro aveva revocato tutte le normative e anzi incoraggiò l’accaparramento di terre in Amazzonia.

Lula! Lula! Lula!” urlavano in molti durante i numerosi eventi alla COP27 in Egitto.

Ma ora, proprio mentre Lula si rivolgeva ai leader mondiali alla COP28 di Dubai, è chiara solo una cosa: il Brasile avrebbe aderito all’OPEC+, un gruppo di grandi Paesi esportatori di petrolio, tra cui anche la Russia. Insomma, la netta riduzione della deforestazione dell’Amazzonia nell’ultimo anno, la proposta di istituire un fondo Tropical Forests Forever e il lancio del programma Arc of Restoration sono stati oscurati dall’annuncio dei piani del Paese di aderire all’Opec+ e mettere all’asta 603 nuovi blocchi di petrolio subito dopo la COP28.

In un evento alla COP28, Lula ha cercato di spiegare la decisione dicendo che, una volta al suo interno, la nazione sudamericana avrebbe spinto altri Paesi produttori di petrolio a passare all’energia verde. Una spiegazione assai curiosa, dal momento che la compagnia petrolifera statale Petrobras è focalizzata su ulteriori esplorazioni petrolifere.

Lula avrebbe poi chiarito che il Brasile sarà un osservatore dell’OPEC, non un membro a pieno titolo.

E così, questa volta, invece di canti di adulazione, il Brasile ha ricevuto il Fossil of the Day dal Climate Action Network International, un non-premio assegnato ai Paesi le cui azioni sostengono i combustibili fossili.

Lula non può essere un leader climatico senza una vera politica di transizione energetica, dice Natalie Unterstell, presidente di Talanoa, un think tank brasiliano focalizzato sul clima.

Perché questa evidente contraddizione?

Lula ha avuto un rapporto lungo e complicato con il petrolio. Quando nel 2006 furono scoperte enormi riserve al largo delle coste brasiliane, Lula disse: “Questa scoperta… dimostra che Dio è brasiliano”.

Oggi, secondo l’Energy Information Administration statunitense, il Brasile è il nono produttore mondiale, con il 3% della produzione globale. Il petrolio è diventato così importante che ora è il secondo prodotto di esportazione del Brasile dopo la soia, con una produzione di 3,67 milioni di barili al giorno e la Cina è di gran lunga il maggiore acquirente del Paese.

Stando ai dati dell’European Climate and Health Observatory, una rete di associazioni ambientaliste no-profit, una maggiore esplorazione, che alla fine porta a una maggiore produzione, minaccia di annullare o addirittura superare i guadagni derivanti dagli sforzi del Brasile per fermare la deforestazione entro il 2030.

Mentre Lula brancolava nei pochi giorni trascorsi alla COP28, il suo omologo colombiano, Gustavo Petro, sembrava assumere il ruolo di leader ambientale in America Latina. In contrasto con l’allineamento del Brasile con l’OPEC, Petro si è unito a un’alleanza di nazioni che sostengono un trattato di non proliferazione dei combustibili fossili.

Questo non è un suicidio economico – ha detto a Dubai. Si tratta di prevenire l’autodistruzione dell’umanità.

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