A Marrakesh si è chiusa la Cop22, la conferenza Onu sul clima, il primo vero incontro dopo lo storico accordo di Parigi dello scorso anno, in cui 111 nazioni su 197 si sono formalmente impegnate per salvaguardare il nostro Pianeta dai cambiamenti climatici.
A Marrakesh si è chiusa la Cop22, la conferenza Onu sul clima, il primo vero incontro dopo lo storico accordo di Parigi dello scorso anno, in cui 111 nazioni su 197 si sono formalmente impegnate per salvaguardare il nostro Pianeta dai
Ma, più che un incontro in cui cominciare ad attuare la policy di mantenere il riscaldamento dovuto alle emissioni di gas serra entro 2 gradi, è stato un tavolo di lavoro per fissare le procedure da attuare entro il 2018.
Nel testo finale prodotto a Marrakesh, si chiede poi ai paesi ricchi di varare entro il 2020 il Green Climate Fund per sostenere i Paesi in via di sviluppo nella lotta contro il surriscaldamento globale e le conseguenze dei cambiamenti climatici.
Gli impegni già assunti, dunque, slittano alla Cop24, quando sarà approvato un regolamento che dovrà stabilire in che modo, i Paesi decideranno di mettere in pratica ciò che hanno siglato a Parigi. Fino ad allora, ognuno potrà produrre dei contributi scientifici per monitorare la propria situazione sul piano ambientale.
In teoria, dunque, le ambizioni sono rimaste tante ma chi sperava che già da Marrakesh si respirasse un’aria di cambiamento, è rimasto purtroppo deluso. Tuttavia, già continuare sulla scia di Parigi e non fare un passo indietro è una consolazione.
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Soprattutto perché, dopo l’elezione di Donald Trump non era così scontato. Il neopresidente degli Stati Uniti non ha mai celato una politica diversa da quella assunta da Obama con la firma di Parigi. Qualcuno ipotizza già un’uscita o il non rispetto della riduzione delle emissioni.
E proprio a Trump si è rivolto Salaheddine Mezouar, ministro degli Esteri marocchino e presidente della Cop 22.
“Noi contiamo sul suo pragmatismo così come sul suo impegno verso lo spirito della comunità internazionale, in una lotta immane per il nostro futuro, per il pianeta, per l’umanità e la dignità di milioni di persone. È per quello che il nostro pianeta sarà domani, e per quello che noi ci lasceremo dietro”.
Le reazioni da parte dell’associazioni ambientaliste
“I risultati concreti della Cop22, in particolare per quanto riguarda il sostegno finanziario dei paesi industrializzati all’azione climatica dei paesi poveri sono purtroppo modesti. A Marrakech i governi hanno ribadito l’urgenza dell’azione climatica immediata, concordando la necessità di aumentare gli impegni di riduzione delle emissioni prima del 2020, in coerenza con gli ambiziosi obiettivi di Parigi di contenere l’aumento della temperatura globale ben al disotto dei 2°C e facendo ogni sforzo per limarla a 1.5°C. Tuttavia, non vi sono stati impegni concreti in questa direzione”, ha dichiarato la presidente di Legambiente Rossella Muroni.
Secondo Muroni:
“Alla Cop22 i paesi industrializzati, pur confermando l’impegno a garantire entro il 2020 almeno 100 miliardi di dollari l’anno per finanziare l’azione climatica dei paesi più poveri, hanno purtroppo mostrato scarsa volontà politica nel sostenere l’adattamento delle comunità vulnerabili ai mutamenti climatici in corso. Urge, dunque, lo sviluppo di un’economia europea fossil-free, la sola in grado di farci vincere la triplice sfida climatica, economica e sociale”.
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Parole riprese anche dal WWF:
“Il lavoro a Marrakech non è stato dei più affascinanti, ma è stato un passaggio chiave per ‘dare gambe’ all’accordo di Parigi. L’impegno dei Paesi nell’attuare l’accordo di Parigi ha anche passato il suo primo test importante: nonostante il risultato delle elezioni degli Stati Uniti, si è ribadito che si continua a lavorare per obiettivi a lungo termine. Il mondo sta andando avanti e il processo verso la decarbonizzazione è irreversibile: questo slancio influenzerà tutti i settori della società”, ha detto Manuel Pulgar-Vidal, già ministro dell’Ambiente peruviano e presidente della COP20 di Lima, oggi leader Clima ed Energia del WWF Internazionale
“C’è ancora molto lavoro da fare, il ‘gap delle emissioni’, cioè il divario tra gli obiettivi necessari per prevenire il cambiamento climatico più pericoloso, seguendo anche e indicazioni della comunità scientifica e gli obiettivi dei governi finora dichiarati, continua a crescere. La drastica e urgente riduzione delle emissioni e l’adattamento al cambiamento climatico già in atto sono essenziali per la futura prosperità, sicurezza e salute del mondo”, ha invece chiarito aggiunto Mariagrazia Midulla, responsabile Cima ed Energia del WWF Italia.
Più fiduciosi da Slow Food:
“Per passare dalla fiducia all’ottimismo restiamo in attesa di sapere come si concretizzeranno le azioni di contenimento delle emissioni dei gas serra, quali settori produttivi saranno coinvolti e in che modo. L’impressione è però che ancora una volta sia sottovalutato se non completamente ignorato, l’enorme peso dell’agricoltura industriale e dell’allevamento intensivo nel calcolo delle emissioni. Un ruolo che è assurdo non riconoscere, considerato che il solo allevamento intensivo è responsabile del 14,5 del totale delle emissioni, più dell’intero settore dei trasporti mondiale, più, di tutti gli aerei, i treni e le auto messe insieme”, ha spiegato Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia.
Un commento che va di pari passo con quello dell’Enpa:
“Un anno fa a Parigi, i delegati della Cop 21 hanno chiuso gli occhi davanti alla questione degli allevamenti intensivi, che pure sono responsabili di una quota enorme dei gas serra immessi atmosfera. È evidente che continuare a ignorare questo aspetto, proprio come temiamo stia accadendo a Marrakech, significa depotenziare in modo inaccettabile gli interventi di contrasto al surriscaldamento globale”, ha spiegato Annamaria Procacci, responsabile Enpa per fauna selvatica e biodiversità.
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E infine da Greenpeace:
“Se i governi vogliono essere seri e coerenti, nessun nuovo progetto di estrazione di combustibili fossili dovrebbe essere d’ora in poi autorizzato. Per evitare catastrofi climatiche dobbiamo inoltre proteggere le foreste e gli oceani, muoverci verso un’agricoltura sostenibile e puntare a un Pianeta 100 per cento rinnovabile. Noi saremo la generazione che porrà fine all’era combustibili fossili”, ha chiarito Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia.
Dominella Trunfio